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Finanziaria 2005: sacrifici per i lavoratori regali alle imprese

A fondo il potere di acquisto dei salari e delle pensioni!

(8 Ottobre 2005)

La Finanziaria targata Tremonti si conferma brutale e feroce come nelle previsioni: al bando la creatività e i giochi di prestigio, questa volta il governo non prova neanche a confondere le acque, e vara una manovra che scarica direttamente sui lavoratori e i ceti sociali meno abbienti il peso della crisi sociale.

Le cifre dei tagli (unica certezza della manovra) nella loro aridità lasciano poco spazio ad equivoci:
oltre 1 miliardo di tagli al pubblico impiego, mettono in serio pericolo i tempi di corresponsione non solo dell’ultimo biennio economico del contratto 2004 e 2005 ma anche i nuovi contratti quadriennali (che partiranno da gennaio 2006) e il nuovo biennio economico 2006 e 2007 nonostante l’insufficienza degli aumenti stessi; ed inoltre si perpetua il blocco del turn-over e soprattutto oltre 300.000 lavoratori precari della P.A. attendono la stabilizzazione della loro posizione contrattuale

Ripercussioni sui contratti integrativi che non dovranno comportare spesa superiore a quella del 2004. Per il personale degli enti locali, a detta dell’Istat in assoluto tra i più penalizzati del comparto pubblico e privato, si spenderà l’1% in meno del 2004.

Limiti alle assunzioni a tempo determinato (entro il 60% della spesa del 2003) e riduzione del 10% degli straordinari assegnati nel 2004.

3 miliardi di tagli agli enti locali: riduzione dei servizi essenziali erogati ai cittadini e aumenti dei tributi a livello locale per far fronte ai tagli delle risorse; per il 2006 la riduzione delle spese correnti rispetto al 2004 è del 6.7% (Province e Comuni), del 3,8% per le Regioni, ulteriori tagli nel 2007.

Meno organici, meno soldi, più sfruttamento e servizi al cittadino a rischio questa è la ricetta del Governo Berlusconi per gli enti locali e più in generale per la Pubblica Amministrazione.

Non siamo noi, ma illustri economisti a dire che l’allargamento delle competenze e la crescita dei bisogni hanno aumentato il fabbisogno dei Comuni senza ricevere in cambio un adeguato aumento delle entrate tributarie. Le amministrazioni locali, del Polo o dell’Unione, tendono ormai a fare cassa sfruttando l’aumento dell’ICI, il raddoppio delle tariffe dei servizi pubblici in generale e degli oneri di concessione e di urbanizzazione (con la inevitabile svendita/cementificazione del territorio).

Se poi la spesa del 2004 viene attualizzata all’anno 2006, la riduzione della spesa corrente imposta dalla manovra si aggira intorno al 12-13%.

Quali effetti produce il taglio della spesa corrente sulle funzioni dei comuni?
Effetto taglio 7,5% sulla spesa corrente delle amministrazioni comunali per funzioni (anno 2003 – ultimo dato disponibile fonte ISTAT. Calcolo effettuato scorporando una quota media di investimenti del 40% dal totale della spesa)
- polizia locale - 117 milioni di euro
- scuole materne e istruzione - 300 milioni di euro
- cultura e beni culturali - 120 milioni di euro
- turismo - 25 milioni di euro
- sport e ricreativo - 80 milioni di euro
- viabilità e trasporti - 525 milioni di euro
- territorio e ambiente - 686 milioni di euro

Gli effetti negativi maggiori saranno quindi prodotti su settori fondamentali per gli Enti Locali quali: scuole materne e istruzione primaria e secondaria (servizi trasporti alunni, contributi per il diritto allo studio, mense), inquinamento, trasporto pubblico locale, pulizia delle città, illuminazione pubblica, manutenzione stradale, interventi a favore di biblioteche, musei, eventi culturali, sicurezza delle città, protezione civile, servizi connessi alla distribuzione dell’acqua potabile, di fognatura e depurazione oltre ad altri servizi.

Insomma un ridimensionamento forte dei servizi erogati e, quindi, un abbattimento delle politiche di sviluppo economico, sociale e culturale con la conseguente diminuzione delle politiche di occupazione.

2,5 miliardi di tagli alla sanità, attentano, ancora una volta al diritto alla salute di lavoratori, cittadini e delle loro famiglie. Aumenteranno le liste di attesa (anche se il Governo dice di volerle ridurre), ci saranno meno posti letto negli ospedali e numerose prestazioni fino ad oggi erogate nei day hospital saranno a rischio.

Di contro ben 2 miliardi vengono regalati alle imprese attraverso la riduzione dell’Irap e del costo del lavoro, ovvero scaricando sulla fiscalità generale gli oneri impropri (malattia e maternità).

A questo si aggiunga che indiscrezioni sempre più attendibili danno praticamente per certo l’arrivo dell’ennesima sanatoria fiscale per le annualità 2003 e 2004, che dovrebbe essere contenuta in un emendamento (forse nel mese di dicembre) proseguendo l’interminabile stagione dei condoni (altro che lotta all’evasione!).

Il Governo si prepara a vendere le proprie azioni che possiede in aziende che competono sui mercati internazionali (Eni, Enel, Alitalia, Finmeccanica, Snam rete gas…)

L’Italia continuerà a finanziarie imprese di guerra internazionali per le quali ha destinato 1 miliardo di euro

Lo scippo del TFR non sarà pagato solo “devolvendo” il tfr in fondo pensione ma le aziende avranno pagato dai lavoratori un fondo di garanzia che con la Finanziaria sarà finanziato nella misura di 2016 milioni dal 2006 al 2011 con la riduzione dei contributi sociali a carico delle aziende.

E non è certamente un caso che la manovra incassi subito il placet degli industriali, vero settore sociale cui, sin dall’inizio, questa finanziaria si rivolgeva, per recuperare la credibilità persa nel mondo delle imprese.

Dopo la precarizzazione dilagante, la contrazione del potere d’acquisto dei salari, le privatizzazioni, Confindustria porta a casa l’ennesimo provvedimento che abbassa il costo del lavoro, favorevole solo alle imprese ma non certo alle già martoriate buste paga e pensioni ed inoltre è il viatico per nuove richieste padronali da presentare alla coalizione che vincerà le elezioni 2006 ossia: flessibilità di contratto con maggiore ricorso alla legge Biagi, flessibilità delle retribuzioni legate alla produttività e alla competitività, nuove restrizioni al diritto di sciopero, sgravio del 50% degli oneri sociali sul lavoro, eliminazione di ogni contributo aggiuntivo sullo straordinario (le proposte di Confindustria 22 settembre 2005).

La reazione dell’opposizione e dei sindacati è sterile e di facciata.

Se da un lato il centro sinistra è decisamente più interessato alle primarie e a contrastare la riforma elettorale, dall’altro i sindacati abbaiano contro la manovra, straparlano di sviluppo, parlano di sciopero senza prima discutere delle rivendicazioni da avanzare e non spendono una parola su quelle che sono le reali questioni che oggi interessano milioni di lavoratori:

- la necessità di agganciare i salari al costo reale della vita attraverso un meccanismo periodico e automatico di rivalutazione delle retribuzioni;

- una indennità di vacanza contrattuale da calcolare su basi diverse da quelle oggi vigenti, che serva a recuperare potere di acquisto con un aggancio al costo reale della vita e non un semplice acconto da “restituire” una volta percepiti i nuovi aumenti contrattuali;

- la difesa di quel che resta dello Stato sociale contro ogni smantellamento e privatizzazione selvaggia delle Amministrazioni pubbliche;

- la stabilizzazione delle decine di migliaia di precari della Pubblica Amministrazione (dai contratti a termine ai lavori a progetto fino agli interinali), la difesa degli organici e l’aumento dell’occupazione stabile e a tempo indeterminato.

- La difesa del contratto nazionale con una legge sulla rappresentanza sindacale che non assegni il monopolio della contrattazione a chi sottoscrive accordi nazionali a perdere.

Confederazione Cobas – Pubblico Impiego

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