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(12 Aprile 2012) Enzo Apicella

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Riprendiamoci il maltolto!

Nuovi scenari urbani nel Nuovo Mondo Covid-19:
liberi grandi immobili per alloggi, scuole, ospedali...
che potrebbero essere a nostra disposizione. Gratis. Sono lì.

(19 Settembre 2020)

Torre Hadid

La Torre Hadid

La pandemia sta riplasmando (sconvolgendo) la configurazione sociale delle metropoli, grandi (New York, Londra...) e piccole, come Milano. È uno spinoso argomento, discusso dai vari pensatori della classe dominante. In linea di massima, costoro tendono a buttare acqua sul fuoco. Sono in gioco colossali investimenti immobiliari, che potrebbero finire in cenere. Un disastro che si somma ad altri disastri. Con pericolose, e imprevedibili, implicazioni sociali.

Restiamo a Milano che, pur nel suo piccolo, rappresenta un idealtipo, cui ha contribuito la sua posizione geografica, da almeno duemila anni. All’inizio dell'Ottocento, fu all'avanguardia nella speculazione immobiliare, come ben documenta lo storico Franco Della Peruta: strade anguste, edifici malsani e sovraffollati. Ogni centimetro quadro era messo a frutto! Qualche correzione fu apportata all’inizio del Novecento, soprattutto per accogliere il forte flusso migratorio di operai che affluivano nelle industrie milanesi. Assicurare l’alloggio contribuiva a smorzare le permanenti tensioni sociali. Questa politica urbanistica si protrasse fino agli anni Ottanta del Novecento, quando la deindustrializzazione mutò il volto della città e del suo hinterland, soprattutto Sesto San Giovanni, la città delle fabbriche.

Prevalsero le attività cosiddette terziarie: commercio e finanza. Milano era da tempo un polo fieristico di livello mondiale e, con la nuova sede di Rho (nel 2000), fece un balzo in avanti, incrementando il già florido turismo d’affari.

Di pari passo, sorsero nuovi grattacieli, a far compagnia ai pochi sorti negli anni Sessanta. In primis la nuova sede della Regione Lombardia (Palazzo Formigoni) , dove prima c'era un vivaio, ovvero un piccolo polmone verde. Conseguenze: incremento di traffico e di polveri sottili, con lo strascico letale di patologie cardio vascolari.

Per approfondire vedi: [Ivo Sullam - Roberto Fortunato], La spirale dell’urbanistica predatoria il “sacco di Milano”, maggio 2017.

Quella dannata ultima Expo!

Ma il vero balzo in su si ebbe con l’Expo 2015, quando fu inventata, d'emblée, la vocazione turistica di Milano. E qui ci sarebbe da ridere! Certo, attrazioni artistiche Milano ne ha, ma son state sempre tenute un po’ nascoste. Valorizzarle, all’improvviso, fu un impresa grottesca: mancavano le strutture in grado di far fronte a flussi turistici artificialmente suscitati. E sprovveduti. Un gran casino! L’unico settore che ha cercato di trar vantaggio fu quello degli affitta camere (cosiddetti B&B), costretti però a garantire le condizioni di sicurezza pretese. Affrontando investimenti spesso impegnativi. A latere, son sorti come funghi locali con pretese modaiole – bar e ristoranti – creati con lo stampino. E, tra l’altro, un po’ caretti, per turisti da infradito e trolley... La massa.

Di converso, è prosperato il turismo d’élite, attratto dal solito «quadrilatero della moda», con hotel da 5, 6... stelle. Le cui ricadute baciano i soliti noti, con limitati riscontri per le attività medio-basse. I localini di cui sopra.

Nonostante il Covid, il turismo d’élite permane, più discreto. Quello di massa, langue, lasciando affitta camere, osti e baristi nella merda, con debiti da onorare. Ma se i piccoli affaristi piangono, i grandi han poco da ridere.

Con la dannata Expo 2015, anche i grattacieli son sorti come funghi, mutando lo skyline milanese, scatenando una demenziale gara tra banche, assicurazioni e immobiliaristi vari, per vedere chi l’aveva più... alto. E si son distinti archistar, più sensibili alla forma che alla staticità (ingegneria): il Bosco verticale del Boeri!

Ma ancor prima che le torri svettassero, è arrivato il Covid. E le ha svuotati! Colpa del lavoro remoto! Per esempio: nei 44 piani della torre Zaha Hadid, sede milanese delle Assicurazioni Generali, a Citylife, ci sono uffici per oltre 2.200 dipendenti. In queste settimane (settembre), il 98% dei lavoratori della compagnia è in smart working permanente [Pietro Saccò, Se lo smart working svuota le città, «Avvenire», 11 settembre 2020, p. 6].

In Italia ci sono 7milioni di case vuote o abbandonate, e si continua a costruire! [https://valori.it/stop-consumo-suolo-case-ci-sono/?fbclid=IwAR1n38fzsnccxLnolTCZeDWVzMuv1ITZKHCz-eUbSe29yB57NdfhfuKqHGo].

Tutti a casa! E chi non ce l’ha?

In Italia, circa due milioni di lavoratori sono stati coinvolti nel lavoro remoto, soprattutto nel campo finanziario, assicurativo e dell’informazione. Ma questa è solo la punta dell’iceberg. L'esperimento, dettato dalla pandemia, potrebbe diventare la regola. Intanto, il Pippo Sala da Milano lancia la proposta di rivedere lo Statuto dei lavoratori.

Secondo l’Istat, lo smart working potrebbe riguardare più di otto milioni di lavoratori (circa il 36% degli occupati). Nel pubblico impiego (circa 3,3milioni di occupati), il governo punta a renderne agile il 50%, ovvero oltre un milione e mezzo di lavoratori.

A Milano, benché le torri si svuotino, altre stanno sorgendo, dal momento che i progetti erano già in corso d’opera (per es. la sede di A2A, 145m!). Sotto la pioggia di miliardi del Recovery Fund, nuovi progetti stanno nascendo. Con il cosiddetto Piano Lombardia, a partire dal 31 ottobre, sono previsti 3.118 cantieri, per un importo di 3,5 miliardi di € (400 milioni di € la prima tranche). Riguarderebbero le infrastrutture (strade, scuole, barriere architettoniche...) e la difesa ambientale: con contorno di 5 Giga e Alta velocità! Ottimi propositi! In apparenza. È una manna per imprenditori, affaristi e faccendieri. Non certo per lavoratori dipendenti e pensionati. Men che meno per i profughi condannati al lavoro nero. Poi, in lizza, c’è anche la mafia che allunga la sua manina. L'ultimo allarme in ordine di tempo giunge dal procuratore Federico Cafiero de Raho [Antonio Maria Mira, «Allarme mafia per le imprese», «Avvenire», 15 settembre 2020, p. 12].

Sfruttando Covid e disagio sociale, le manine mafiose si allungano su Comuni e sanità. Il terreno più fertile sono poi i settori maggiormente in crisi: turismo, ristorazione, servizi alla persona, veicoli. Aggiunge la Divisione investigativa antimafia (Dia). Perciò, quando si esaminano i dati sui trend economici, si deve mettere in conto la spada di Damocle della mafia, che scombina le previsioni. E oggi molto più di ieri.

Intanto, a Milano, alcuni vecchi cantieri sono fermi, contribuendo al persistente degrado urbano (i topi in San Babila!). Si tratta soprattutto di edifici residenziali, settore in cui il calo delle vendite supera il 15% rispetto al 2019. E siamo solo all'inizio della discesa.

Ma, forse, non tutto il male viene per nuocere

A parte il lavoro remoto, a svuotare i palazzi – uffici e abitazioni –, contribuisce pesantemente la crisi economica che, con il Covid-19, è entrata in fase agonica, soprattutto nel settore industriale, un po’ meno in quello agricolo. I consumi sono in forte calo, Confcommercio segnala per agosto: - 8,7%, con punte di - 35% per alberghi e - 26% per pubblici esercizi. Per ora, sembrano resistere solo finanza e immobiliare, con le loro metastasi mafiose, ma questa è una sporca storia. Non mi soffermo oltre: l’allarme crisi è fin troppo strombazzato da politicanti e pennivendoli, facendo intendere nuovi sacrifici per lavoratori e pensionati.

I sacrifici possono avere una giustificazione solo finché barile del modo di produzione capitalistico è possibile raschiare qualche rimasuglio, creando illusioni, distribuendo qualche briciola. E, contemporaneamente, soffiando sulla guerra tra poveri. Che fa sempre comodo.

Ma, come da tempo vado ripetendo e documentando, c'è sempre meno da raschiare, e le briciole sono sempre più misere. Non c’è trippa per gatti proletari! I crescenti flussi migratori da Paesi rovinati da rapine e sfruttamento, lo dimostrano. E una prevedibile recrudescenza della pandemia getterebbe altra benzina sul fuoco [vedi: Paolo Lambruschi, «Ora fa paura la crisi di gennaio» (fonte Caritas); Diego Motta, Cosa chiede il popolo invisibile, «Avvenire» 19 settembre 2020, pp. 4-5].

Il Covid-19 è la goccia che ha fatto traboccare il vaso di un sistema marcio, sull'orlo del collasso. E i rapporti tra padroni e operai potrebbero diventare aperta guerra di classe. Anche in Italia.

In gioco, ci sono colossali investimenti che hanno alimentato una bolla speculativa di enormi dimensioni. Lo scoppio sarà dirompente, sconvolgendo gli attuali assetti economici. Solo agricoltura e industria avranno ragione di esistere. Finanzieri e immobiliaristi si troveranno ai margini, una specie in via di estinzione, ovviamente, grazie anche a un po’ di pulizia sociale...

Tra parentesi: le banche sono sempre più sofferenti, ovvero crescono i crediti non esigibili... a babbo morto. Lo Stato potrà lenire alcune situazioni, ma fino a un certo punto. Intanto le grandi banche (BPM; Unicredit, Intesa-Sanpaolo) chiudono decine di filiali. Mandando a spasso migliaia di dipendenti.

Vediamo più da vicino lo scenario sociale che si delinea.

I palazzi che si svuotano vanificano le aspettative di laute rendite. Ovvero, quegli edifici, perderanno di valore. E forse non ne avranno affatto. E il volto delle città muterà inesorabilmente. Mettiamo in conto il calo demografico già in marcato e l’esodo – a volte ritorno – verso i piccoli centri. Nelle città, come Milano, dove tanti sono senza tetto o sotto minaccia di sfratto, saranno disponibili molti edifici per abitazioni, scuole, ospedali, case di riposo ... e chi più ne ha più ne metta! Ma questa è solo una mia supposizione, la cui attuazione richiede passaggi organizzativi, verso forme di autogestione. Difficili, ma indispensabili, per non finire nel tritacarne di una catastrofe, in cui il virus condirà una dilagante miseria. Con l'inevitabile guerra di tutti contro tutti.

Diamoci una mossa.

Milano, 19 settembre 2020

Dino Erba

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