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Stefano Gugliotta

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(11 Maggio 2010) Enzo Apicella
Dopo che le tv hanno trasmesso il video di Stefano Gugliotta che viene pestato immotivatamente dalla polizia e poi arrestato per "resistenza a pubblico ufficiale", il capo della polizia Manganelli "dispone una ispezione".

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La repressione delle lotte operaie a Modena è una questione nazionale. Richiede una risposta forte e ampia

(20 Settembre 2020)

repressione (modena e non solo)

Il rinvio a giudizio, a Modena, di 120 tra operaie e operai di Italpizza e militanti del SI Cobas, è l’ultimo atto di un sistematico attacco al diritto di sciopero e di organizzazione sindacale da parte dell’asse di ferro che è venuto a saldarsi lì tra padronato, polizia e magistratura. Queste ultime incriminazioni, infatti, si aggiungono ad altre centinaia di denunce contro operai e operaie dell’Alcar 1 (108), Gls (60), Emilceramica (11), Bellentani (21), GM Carrozzeria e Cataforesi (40), Opera Group (circa 45 più 12 decreti penali di condanna), Ups (una decina), Gigi Salumificio (7), PAMM (una quindicina), Emiliana Serbatoi (9), Italcarni (9 più multe dpcm). A cui vanno aggiunti 12 fogli di via, 4 avvisi orali e il blocco delle pratiche di cittadinanza per diverse decine di operai/e.

I terribili “crimini” contestati? Sempre gli stessi: violenza privata (cioè: picchetto), resistenza a pubblico ufficiale (idem), oltraggio, manifestazione non autorizzata. In buona sostanza: il semplice esercizio del diritto di sciopero. Punto.

Evidentemente l’asse padronato/polizia/magistratura cerca una rivincita per aver visto crollare miseramente un anno fa la montatura ordita contro il coordinatore del SI Cobas, Aldo Milani, dopo una energica risposta fatta di scioperi spontanei, manifestazioni di piazza e una mobilitazione di opinione internazionale. Vuole, soprattutto, mettere in atto un’intimidazione su larga scala contro le lotte operaie proprio alla vigilia di un autunno-inverno che potrebbe essere molto caldo.

Si tratta di una nuova, spudorata montatura antioperaia, orchestrata da personale selezionato degli apparati di stato, disposto a tutto pur di proteggere le imprese che super-sfruttano, ricorrono alla intermediazione di manodopera, violano i contratti, evadono le imposte, etc. – l’identico genere di imprese che nella vicina Reggio Emilia è risultato essere tutt’uno con la ‘ndrangheta.

Per l’ampiezza e la sistematicità di questo attacco, sarebbe un grave errore, però, considerarlo un semplice caso locale, una “anomalìa modenese”. La questione è interamente nazionale (almeno). E per tale va affrontata da tutte le forze e gli organismi sindacali, politici, associativi, e dai singoli militanti che non intendono essere complici, con la loro passività, di questa aggressione antioperaia.

Modena è l’Italia perché le lotte contro cui padronato/polizia/magistratura si stanno lì accanendo sono lotte contro il cancro degli appalti, sub-appalti, cooperative spurie, o anche cooperative vere ma maledettamente simili a quelle spurie, che sono il regno del super-sfruttamento senza limiti, dei soprusi senza limiti, dell’umiliazione senza limiti di quanti e quante si sudano la vita a salario, della illimitata violazione dei contratti nazionali e delle misure di sicurezza sul lavoro – per non parlare, poi, della criminalità organizzata. Un super-sfruttamento bestiale che serve alle grandi imprese appaltanti per abbattere i costi di produzione e alzare alle stelle i propri profitti. E serve al sistema-Italia per continuare a competere con successo, come nazione, sui mercati europei e internazionali, tanto più nella grande crisi in corso.

Questo cancro, assai più letale per l’esistenza dei lavoratori della stessa pandemia da covid-19, non ha nulla di modenese. Perché ormai si è diffuso in tutti i luoghi e i settori di lavoro, da nord a sud, da est a ovest, e sta producendo una radicale precarizzazione del lavoro e dell’esistenza di milioni di operai/e e di salariati/e. Una condizione che, nonostante il ricatto incombente della disoccupazione, è sempre più difficile da sopportare. Ed è per questo che si colpisce il diritto di sciopero e di organizzazione sindacale indipendente.

Per Modena e per il SI Cobas c’è una ragione aggiuntiva: il fatto che ad avere osato lottare sono in maggioranza operai e – grandissimo delitto! – operaie immigrate, e un sindacato realmente auto-organizzato che ha dato molte prove di combattività e di capacità di unire proletari di tante diverse nazionalità. Non si vuole permettere che questi lavoratori e questa nuova esperienza sindacale militante, di segno internazionalista, facciano da avanguardia ad una ripresa generale del movimento di lotta. Si vuole spegnere la scintilla prima che inneschi l’incendio della prateria.

Ma è solare che la posta in gioco non riguarda solo i lavoratori e il sindacato direttamente colpiti: riguarda l’intera classe lavoratrice. E nessuno può girare la testa dall’altra parte sostenendo che è un caso particolare, che “se la sono cercata”. In questa occasione, dopotutto, anche la Cgil di Modena ha riconosciuto che quando i lavoratori scioperano, si tratti di Modena o no, si tratti dell’Italpizza o no, lo fanno sempre per ragioni molto serie e gravi, provocati dai comportamenti padronali: “manifestare per i propri diritti non è reato, e non deve mettere a rischio la libertà dei lavoratori”.

Se così è, e così è; se la questione sollevata dall’asse padronato/polizia/magistratura a Modena è una questione nazionale (almeno!); allora siamo chiamati ad una risposta di lotta (almeno) nazionale. Per denunciare e contrastare questa aggressione, e per riaffermare con forza il diritto di sciopero e di organizzazione sindacale. Per rivendicare con la massima decisione la cancellazione dei decreti Salvini e Minniti che sono una mannaia sul collo dei proletari immigrati/e, e che il governo Conte-bis non intende toccare nella loro sostanza, come si è visto nella squallida vicenda della “sanatoria” che ha escluso la quasi totalità dei braccianti senza permesso di soggiorno. Per mettere all’ordine del giorno il massimo sforzo unitario per favorire la ripresa in grande delle lotte operaie e popolari contro il padronato, il governo Conte-bis e gli apparati della repressione statale, che sempre in questi giorni continuano a colpire i No Tav, i disoccupati organizzati del movimento 7 novembre a Napoli, i richiedenti asilo, gli occupanti di case, i collettivi antimilitaristi e quant’altri.

Il nostro appello alla mobilitazione va anzitutto alle forze e ai singoli compagni e compagne che si sono uniti nel Patto d’azione per un fronte unico anticapitalista. Ma vuole andare molto al di là di questo ambito: alle lavoratrici e ai lavoratori più combattivi, non importa a quale sindacato siano iscritti; ai tanti e alle tante senza sindacato e senza partito che non accettano più di continuare a subire la violazione sistematica di diritti un tempo acquisiti e della propria stessa dignità; ai giovani nati senza privilegi a cui si prospetta, al di là delle profferte demagogiche alla Draghi, un futuro sempre più scuro; agli attivisti e ai partecipanti ai movimenti ecologisti, femministi, anti-militaristi che cominciano a comprendere che se non ci uniamo, se non fondiamo le diverse spinte di lotta in un solo fronte contro i comuni nemici, non riusciremo a spuntarla su nessun terreno.

Impegniamo l’assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi del 27 settembre a Bologna a mettere nella propria agenda una iniziativa di lotta nazionale contro la repressione padronale, governativa, statale!

Ritroviamoci tutte/i a Modena il 3 ottobre per dare agli architetti di questa azione repressiva una forte risposta unitaria!

19 settembre 2020

Tendenza internazionalista rivoluzionaria

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