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15° congresso Cgil: Per una vera svolta nella linea della Cgil

(13 Ottobre 2005)

A partire da ottobre la Cgil inizierà il suo 15° congresso, con la convocazione delle assemblee di base nei posti di lavoro. Un’occasione importante per fare un bilancio dell’azione sindacale di questi ultimi anni e per decidere quali sono le proposte migliori da mettere in campo per difendere gli interessi dei lavoratori. Un appuntamento al quale invitiamo tutti i lavoratori a partecipare attivamente.

Il documento di Epifani
Nel congresso sarà in discussione un unico documento presentato dal segretario generale Epifani, dal titolo “Riprogettare il paese” e composto da 10 tesi. A differenza degli scorsi tre congressi non ci sarà un documento alternativo, ma saranno posti in votazione tre tesi alternative: due presentate dal segretario della Fiom Rinaldini e una da Patta.
L’analisi e le risposte date nel documento di Epifani per contrastare l’evidente peggioramento delle condizioni dei lavoratori di questi anni, ci paiono inadeguate e sbagliate. Invece di prospettare una controffensiva seria per recuperare il potere di acquisto dei salari, per abolire precarietà e flessibilità e per conquistare migliori condizioni di lavoro, quando si arriva nel concreto si ripropone la linea concertativa coi padroni, nell’illusione che “con queste imprese è possibile un confronto su comuni obiettivi di cambiamento” (dal preambolo alle tesi).
E’ dai patti sul costo del lavoro del luglio 1992 che i vertici della Cgil sono guidati dalla cosiddetta politica della concertazione, che teorizza esplicitamente che gli interessi dei lavoratori passano da “una maggiore competitività del sistema delle aziende”. Con l’illusione che esistono margini per una collaborazione di interessi tra lavoratori e aziende, si è improntata l’azione sindacale di questi anni sulla moderazione salariale - con richieste di aumenti vincolati alla farsa dell’inflazione programmata e alla produttività delle aziende-, si è accettata l’introduzione della precarietà nei contratti nazionali - che solo a parole si dice si voler combattere - e in generale si è perseguita una linea che cerca in ogni modo di evitare o moderare la conflittualità verso le aziende.
Dopo tutti questi anni la situazione è che mentre le aziende hanno fatto profitti giganteschi, le condizioni di vita dei lavoratori sono drammaticamente peggiorate. Dopo anni di concessioni e sacrifici i risultati sono esattamente opposti a quelli prospettati: nel 2005 l’Italia è ufficialmente in recessione, ci sono 3.267 aziende che dichiarano la crisi e i padroni vogliono far pagare il conto ancora una volta ai lavoratori.
Gli arretramenti di questi anni, il susseguirsi di firme a contratti nazionali vergognosi, l’erosione dei salari, l’impennata senza precedenti di contratti precari – che oggi riguardano oltre 5 milioni di lavoratori - non possono essere imputati solo alle politiche senz’altro nefaste del governo di centrodestra, come argomenta in continuazione il documento di Epifani. Ma le responsabilità sono soprattutto soggettive, di chi avrebbe dovuto difendere gli interessi dei lavoratori, riguardano anche la direzione sindacale e la linea che ha perseguito in questi anni.

Le lotte di questi anni
Nelle 87 pagine che compongono il documento di Epifani non c’è una sola parola sulle numerose e importanti lotte operaie a cui abbiamo assistito in questi ultimi anni. Ci chiediamo se nel paese “riprogettato” da Epifani, magari con un governo di centrosinistra, non ci debba più essere spazio per la conflittualità nei posti di lavoro…
La lotta degli operai Fiat (2002), i momenti più avanzati della lotta per il contratto dei metalmeccanici (2003), quella degli autoferrotranvieri (2003/2004), dei siderurgici di Genova (2004), allo stabilimento Fiat di Melfi (2004) e alle acciaierie di Terni (2005), sono state mobilitazioni significative per radicalità e metodi di lotta, che in pochi giorni hanno inciso e pesato più di anni di inutili tavoli concertativi.
Da queste esperienze dobbiamo saper imparare per il futuro. In particolare abbiamo visto in queste lotte come si può creare un coinvolgimento di massa della popolazione locale a sostegno di una vertenza. Come è possibile sfidare le leggi antisciopero, convocando “scioperi selvaggi” senza preavviso. Come è possibile bloccare e mettere in ginocchio intere città, attraverso blocchi e azioni di lotta mirate. E come è possibile portare avanti scioperi prolungati nel tempo e su piattaforme offensive, come è successo a Melfi, dove gli operai hanno scioperato per 21 giorni di seguito, con picchetti davanti ai cancelli.
In queste e in altre lotte quello che è mancato non era certo la combattività dei lavoratori, ma mancava una direzione che puntasse a coordinare le lotte e a generalizzare il conflitto in tutti i posti di lavoro, attraverso un programma rivendicativo unificante, con l’obiettivo di rovesciare il governo e assestare un colpo decisivo ai progetti dei padroni.
Quello che i vertici sindacali hanno coscientemente perseguito in questi anni, è stato esattamente di mantenere lo scontro sempre in ambiti concertativi. Ogni ostacolo è stato posto per evitare che la lotta dilagasse nelle fabbriche, per evitare che assumesse un carattere offensivo e per evitare che sorgessero forme di autorganizzazione e coordinamenti delle aziende in lotta.
Per noi le lotte operaie di questi anni, invece, sono da ricordare e sono significative soprattutto per due motivi: hanno chiarito quali possono essere i metodi di lotta in grado di incidere realmente in una trattativa; inoltre, hanno chiarito l’importanza decisiva di creare una direzione all’altezza capace di coordinare le lotte e sviluppare un programma complessivo.

Le tesi alternative di Rinaldini
Riguardo le tesi alternative, invitiamo a votare le due tesi di Rinaldini che, seppur insufficienti, contengono alcuni aspetti positivi da sostenere. Per la precisione condividiamo della tesi 8a sulla contrattazione: il rifiuto dell’annualizzazione dell’orario di lavoro, la riduzione a 35 ore dell’orario di lavoro, aumenti salariali slegati dai bilanci aziendali e da parametri come la presenza, referendum vincolanti tra i lavoratori su piattaforme e accordi, l’obiettivo della trasformazione a tempo indeterminato di tutti i rapporti di lavoro.
Riguardo alla tesi 9b sulla democrazia siamo d’accordo che: le Rsu devono essere elette in tutte le aziende esclusivamente su base proporzionale (senza quote garantite per nessuno), che oltre al referendum su piattaforme e accordi devono essere eletti nei luoghi di lavoro delegati di trattativa su base proporzionale, che per il sindacato non possono esistere governi amici ai quali fare sconti.
Pur contenendo alcuni aspetti positivi, dobbiamo essere coscienti che queste tesi nella sostanza non sono in grado di mettere in discussione la linea di Epifani e inoltre in più punti rimangono vaghe, soprattutto per quanto riguarda le rivendicazioni concrete e i metodi di lotta e di organizzazione con il quale ottenerle.
Anche in assenza di un documento complessivamente alternativo alla linea concertativa, dobbiamo essere in grado di intervenire nel dibattito congressuale e far pesare la necessità di una vera svolta nella linea della Cgil. Sarà importante anche premere perché siano eletti nei congressi quei delegati e quei lavoratori che si sono dimostrati più coerenti e combattivi.

Costruiamo l’alternativa operaia
Come lavoratori dobbiamo essere coscienti che questo sistema economico non è più in grado di garantire miglioramenti sostanziali alle nostre condizioni di vita. E’ necessario far emergere un punto di vista alternativo al sistema capitalista. In ambito sindacale ciò vuol dire smetterla di inseguire le aziende sul loro terreno della logica del mercato e del profitto. La Cgil deve assumere come unica direzione di marcia la difesa intransigente degli interessi di classe dei lavoratori. Per questo è necessario assumere una pratica sindacale fondata sull’estensione del conflitto nei luoghi di lavoro, abbandonando una volta per tutte la concertazione, i patti sociali e ogni illusione di collaborazione con i padroni. E’ necessario un programma rivendicativo che punti a unificare l’insieme dei lavoratori e metodi di lotta capaci di incidere.
Per questo vogliamo una Cgil che rivendichi e si batta con determinazione per:

Difesa di tutti i posti di lavoro. Di fronte a crisi e ristrutturazioni, nessun posto di lavoro deve essere messo in discussione; che si colpiscano i profitti di chi questa crisi l’ ha provocata! Ridistribuzione del lavoro tra tutti, diminuendo l’orario di lavoro a 35 ore settimanali (32 per i turnisti) a parità di salario.
Forti aumenti salariali, uguali per tutti e sganciati dall’inflazione (programmata o meno) e dalla produttività.
Lotta al precariato. Abolizione della legge 30 e del Pacchetto Treu. Trasformazione di tutti i contratti di lavoro in contratti a tempo indeterminato.
Lotta alla flessibilità. No alla direttiva europea che prevede l’annualizzazione dell’orario di lavoro. Drastica diminuzione del lavoro notturno e festivo.
Diritto alla pensione. No al trasferimento del Tfr ai fondi pensione. Abolizione della riforma Dini e della riforma Amato. Ritorno al sistema retributivo per tutti: pensione dopo 35 anni di lavoro, percependo il 70% dell’ultimo salario.
No alla chiusura di fabbriche! Nazionalizzazione senza indennizzo e sotto il controllo operaio delle aziende che vogliono chiudere.
No alle privatizzazioni! Rinazionalizzazione di tutti i settori privatizzati in questi anni: telecomunicazioni, Enel, Eni, acciaio, aziende municipalizzate, ecc., da rilanciarsi sotto il controllo dei lavoratori.
Democrazia sindacale. I lavoratori devono poter partecipare attivamente alla stesura delle piattaforme e tutto il percorso di ogni vertenza, fino alla firma di un accordo, deve essere discusso e approvato dai lavoratori. Basta con accordi firmati dai vertici sindacali sulla testa dei lavoratori!

Partecipa al congresso della Cgil!
Aiutaci a costruire l’alternativa operaia in Cgil!

ALTERNATIVA OPERAIA IN CGIL
Per contattarci: nostravoce@yahoo.it

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