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STATO e SANZIONI: SICUREZZA e PREVENZIONE o CRIMINALIZZAZIONE DEL DISSENSO?

(3 Ottobre 2020)

engelsianamente famiglia

Compagni appartenenti a diverse realtà politiche, sindacali, associative e culturali in questi mesi hanno ricevuto sanzioni (400 euro incrementabili fino a 3000 euro) per presunte violazioni dell’art. 4 Dlg 19/2020 relativo al contenimento dell’emergenza epidemiologica da Covid-19.

Le contestazioni e le conseguentipene pecuniarie derivano da accertamenti svolti dalla Digos nel corso delle manifestazioni svoltesi a partire dal 25 Aprilee nei mesi successivi. Il presidio del 27 maggio davanti alla sede della Regione Lombardia è stato il primo momento significativo post segregazione da lockdown in cui è stato possibile manifestare dissenso per le criminali politiche sanitarie e sociali della Regione Lombardia che hanno causato oltre 96.000 casi di malati (un terzo dell’intero paese) e oltre 16.000 decessi (quasi la metà di tutto il paese), il tutto in un contesto ormai ventennale di privatizzazione della sanità pubblica e dell’assistenza che ha decimato le terapie intensive, poco remunerative e interessanti per il profitto privato. Manifestazioni, quella del 27 maggio e le successive, che hanno dovuto accogliere una enorme quantità di persone nonostante lo spazio ristretto concesso; persone, cittadini e compagni, che hanno sentito il dovere di essere presenti per far sentire legittimamente la propria voce per averperso familiari, hanno lavoro, istruzione dei figli, le più elementari libertà.

Nella città di Milano i mesi di giugno e luglio hanno visto un fiorire di iniziative di protesta con una ampia partecipazione di lavoratori, duramente colpiti dalla crisi di interi settori (ad esempio il settore ricettivo e ristorativo), privati di qualsiasi copertura economica per i ritardi degli ammortizzatori sociali, coscienti della precarietà del loro futuro e delle loro famiglie. Ma le iniziative di protesta hanno coinvolto anche interi settori della società civile che hanno saputo mobilitarsi per temi sensibili quali la sanità pubblica e la scuola. Anche per queste iniziative la repressione è intervenuta non solo con una presenza fisica asfissiante ma, soprattutto, distribuendo sanzioni che sembrano avere più un carattere intimidatorio che di semplice controllo sulla sicurezza.

D’altra parte, nella storia della nostra “beneamata” “repubblica democratica fondata sul lavoro” esiste un continuum nella gestione dell’ordine pubblico: non si mettono in atto politiche per realizzare un efficiente sistema di sicurezza e prevenzione ma politiche ipertrofiche di criminalizzazione e “tolleranza zero” nei confronti di classi sociali che lottano per i propri interessi e soggetti espulsi dal mercato; la sicurezza e la paura diventano gli ingredienti principali per interventi repressivi contro il dissenso.

E, d’altro canto, non possiamo aspettarci nulla di diverso dallo Stato borghese se solo abbiamo chiari alcuni dei nostri capisaldi teorici. F. Engels nel 1884 pubblicava L’origine della famiglia, della proprietà privata e dello Stato e sosteneva che“lo Stato è un prodotto della società giunta ad un determinato stadio di sviluppo, è la confessione che questa società si è avvolta in una contraddizione insolubile con se stessa, che si è scissa in antagonismi inconciliabili che è impotente a eliminare. Ma perché questi antagonismi, queste classi con interessi economici in conflitto, non distruggano se stessi e la società in una sterile lotta, sorge la necessità di una potenza che sia in apparenza al di sopra della società, che attenui il conflitto, lo mantenga nei limiti dell’ordine; e questa potenza che emana dalla società, ma che si pone al di sopra di essa e che si estranea sempre più da essa, è lo Stato”. Qui troviamo espressa perfettamente l’idea fondamentale del marxismo sulla funzione storica e sul significato dello Stato. Marx, nello scritto L’ideologia tedesca, affermava che “lo Stato non è altro che la forma di organizzazione che i borghesi si danno per necessità, tanto verso l’esterno che verso l’interno, al fine di garantire reciprocamente la loro proprietà e i loro interessi”. Il marxismo ci dimostra che lo Stato borghese è finalizzato esclusivamente al mantenimento dell’egemonia borghese, che la sicurezza consiste esclusivamente nella sicurezza della classe dominate, che le forze dell’ordine e l’apparato giudiziario sono necessari e funzionali alla repressione del dissenso e delle lotte contro lo Stato borghese. Uno Stato che, per i comunisti, verrà meno, si estinguerà a seguito della rivoluzione socialista, quando saranno abolite le classi sociali.

In Italia la Costituzione repubblicana è stata strutturata per sancire compiti dello Stato prevalentemente legati a questioni di sicurezza; infatti, fra i 4 compiti dello Stato troviamo innanzitutto la difesa dall’esterno e la tutela dell’ordine interno, poi l’amministrazione della giustizia e, solo da ultimo, lo sviluppo economico, sociale e culturale. Con l’affermarsi delle logiche neoliberiste di distruzione del welfare, indispensabili per la sopravvivenza del sistema capitalista che sprofonda sempre più nella sua crisi generale, l’ultimo compito, il cosiddetto compito sociale, di fatto è venuto meno e rimane solo uno Stato che si occupa di sicurezza, estraniato dalla società e i cui apparati (esercito, forze dell’ordine, burocrazia) servono solo a difenderlo dall’acuirsi degli antagonismi sociali. Non arrivano quindi a caso, bensì cronologicamente ben ordinati, provvedimenti di potenziamento dell’esercito e delle forze dell’ordine o di controllo e repressione, da parte delle forze politiche di ogni colore, quali: la legge Martelli del 1990, la Turco-Napolitano del 1998, la Bossi-Fini del 2002, la Minniti-Orlando del 2017, i Decreti Sicurezza di Salvini nel 2019. Tutti provvedimenti che consegnano allo Stato maggiori poteri di controllo e repressione a fronte dell’acuirsi delle crisi economiche e delle conseguenti tensioni sociali. Lo Stato borghese, semplicemente seguendo le sue logiche di sopravvivenza, si è attrezzato. E questo è solo l’inizio se consideriamo che dal 2018 l’attuale presidente di Confindustria Bonomi, allora Presidente di Assolombarda, denunciava come dannosa per il sistema paese “la persistenza di contese ideologiche e politiche”; in sostanza la borghesia italiana, attraverso il suo massimo portavoce, esige la pace sociale ossia l’assoggettamento totale della società alle logiche del profitto della borghesia.

Non può quindi essere un caso che le sanzioni degli ultimi mesi abbiano colpito in maniera mirata i compagni. Non possiamo non vedere il palese intento repressivo nei confronti del nascente dissenso politico organizzato, non possiamo astenerci dal denunciare una chiara volontà persecutoria, in un clima di intimidazione preventiva da parte degli apparati dello Stato che tentano così di dissuadere dalla partecipazione attiva in previsione di ciò che potrebbe manifestarsi in un autunno di crisi già annunciato.

Come Coordinamento Comunista Lombardia, colpito direttamente dalla repressione istituzionalizzata,non solo siamo solidali con i compagni colpiti ma, soprattutto, sosteniamo la loro resistenza considerandola parte della resistenza del proletariato e delle masse popolari contro il peggioramento delle proprie condizioni di vita e di lavoro; come Coordinamento Comunista Lombardia sosteniamo attivamente una proposta unitaria di coordinamento delle realtà e dei compagni colpiti, riteniamo miope una risposta individuale o chiusa nel recinto della singola organizzazione. Contro la repressione politica e organizzata la nostra risposta deve essere altrettanto e necessariamente politica e organizzata.

Unire con la lotta e la solidarietà di classe ciò che lo Stato divide con l’intimidazione e la repressione!

Coordinamento Comunista Lombardia (CCL)
Coordinamento comunista toscano (CCT)
Piattaforma Comunista - per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

Fonte

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