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Editoriale di Contropiano

(14 Ottobre 2005)

Dopo l’esito del referendum sulla Costituzione Europea in Francia, è arrivato il risultato delle elezioni tedesche”, portando così la crisi della socialdemocrazia sotto gli occhi di tutti. Il fatto che la lotta di classe si sia espressa tramite scadenze istituzionali non annulla il valore politico di segnali importanti per il movimento di classe nel cuore del polo imperialista europeo.

Se il cuore progressista del mondo sembra oggi battere in America Latina, dove sono in corso processi politici e movimenti sociali estremamente importanti, nel cuore della vecchia Europa battono qui e lì pulsioni e segnali interessanti per il fronte di classe nei paesi a capitalismo maturo.
A settembre lo sciopero generale ha paralizzato la Grecia, ai primi di ottobre è stato il turno di Francia e Belgio. Il 21 ottobre tocca all’Italia dove i lavoratori sono stati chiamati allo sciopero generale dai sindacati di base (CUB, SULT, SLAI ed altri) su una piattaforma assai più sintonizzata con quelle all’ordine del giorno negli altri paesi europei di quella con cui chiameranno CGIL CISL UIL allo “sciopericchio” di novembre. La lotta contro la precarietà e le controriforme del welfare state funzionali ai poteri forti finanziari, sono ormai un fattore ricompositivo del conflitto di classe in Europa.
Ma questa è anche un’epoca storica dove le contraddizioni sociali tendono ad una rapida e profonda politicizzazione. Si tratta di un salto di qualità rilevante confermato dal doppio segnale politico arrivato da Francia e Germania.
In Francia l’esito del referendum è stato una dimostrazione di autonomia politica e di classe che ha ingrippato la tabella di marcia della costituzione del polo imperialista europeo e acutizzato le divergenze in seno alla socialdemocrazia. In Germania il risultato elettorale contiene tutti gli elementi di una lezione politica in grande stile.

La scissione nella socialdemocrazia
Il 9% dei voti ottenuti dalla lista della sinistra “Die Link” rivela la crisi e la scissione tra la deriva liberale della socialdemocrazia e le forze della sinistra. Die Link nasce infatti nel cuore di questa crisi. La r/esistenza in questi anni della PDS (con il contributo piccolo ma significativo dei compagni del DKP e della Piattaforma Comunista interna al partito), è riuscita ad intercettare prima la radicalizzazione di una parte dei sindacalisti e poi di una minoranza di sinistra della SPD strettasi intorno a Lafontaine. La convergenza tra forze così diverse e spesso in polemica tra loro è stata spinta in avanti da una esigenza oggettiva e soggettiva. Quella oggettiva attiene alla strozzatura della rappresentanza politica di classe insita nel bipolarismo (quello che fa del meno peggio l’unica prospettiva) intorno al quale tutti i governi europei intendono imporre il dogma della governabilità e della stabilità politica a tutti i costi. “Die Link” non ha intercettato solo i consensi degli attivisti e dei militanti politici e sindacali più attivi nelle Montagdemo (1) e nella resistenza contro lo smantellamento del welfare state sostenuto dal governo Schroeder, ma ha anche impedito che la delusione e l’ostilità contro le scelte antipopolari del governo venissero intercettate dai democristiani della CDU-CSU o peggio ancora dai gruppi neonazisti.

La Grosse Koalition conferma la tesi delle due destre
Ma il risultato politico delle elezioni tedesche è emblematico anche per un altro aspetto. In questi anni abbiamo sostenuto che il bipolarismo crea – nei fatti – due fazioni di un partito unico che condivide gran parte dei programmi e delle scelte. Come giudicare il fatto che la SPD nonostante avesse i numeri per fare un governo di sinistra con Die Link e Verdi abbia invece optato per la “Grosse Koalition” con CDU-CSU? In molti ci hanno criticato in questi anni perché sostenevamo la tesi delle “due destre”, ma lo scenario tedesco conferma meglio di tanti ragionamenti la pertinenza della nostra tesi.
Sul piano soggettivo, il risultato di “Die Link” ha dimostrato che il popolo della sinistra non intende più rinunciare ad una propria rappresentanza politica indipendente. C’è molta materia su cui riflettere su questo anche in Italia, dove ad esempio Bertinotti plaude all’esperienza tedesca ma si oppone a processi analoghi qui da noi. L’esigenza di unità delle forze della sinistra e la radicalizzazione di pezzi di sindacato e dei movimenti sociali, è una condizione nuova e interessante. In tal senso il sistema elettorale proporzionale (anche se con una soglia di sbarramento elevata come quella tedesca) si dimostra più aderente alle esigenze democratiche di quanto lo sia il sistema maggioritario – che in Italia l’Unione si ostina a difendere – del tutto funzionale alle esigenze di governabilità e stabilità dei poteri forti. Sono tante dunque le lezioni per la sinistra italiana che vengono dalla Germania.

(1) Le Montagdemo erano le manifestazioni che tutti i lunedì hanno attraversato le città tedesche protestando contro i tagli allo stato sociale introdotti dal governo Schroeder

Contropiano

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