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(24 Ottobre 2020)
La conversazione che segue, coincide con un nuovo incontro con Marco Palombo, che in passato avevamo intervistato sul tema dell’opposizione alla guerra. Da mesi egli ha adibito il suo blog ad ambito d’informazione circa quel che avviene nelle RSA e nelle Case di riposo, luoghi in cui la pandemia ha portato con sé tante vittime. Le sue parole delineano i contorni di una strage che si poteva evitare e che rischia di ripetersi di nuovo, perché nei mesi precedenti all’attuale recrudescenza dei contagi poco si è fatto, soprattutto in relazione alle Case di riposo.
Dalla pagina fb Covid 19 e RSA, cambiare subito
In passato con te ci siamo confrontati su questioni attinenti alla guerra e all’antimilitarismo. Negli ultimi tempi, però, ti sei molto concentrato su quel che avviene nelle RSA (Residenze Sanitarie Assistenziali) e nelle Case di Riposo. Come mai?
In generale, io mi occupo di tante cose, non solo di contrastare il sempre più pericoloso bellicismo. Lo scorso anno, sia pure con piglio critico, ho partecipato a diverse iniziative ambientaliste del movimento Extinction Rebellion. Per quanto concerne il mio interesse per quel che accade nelle RSA e nelle Case di Riposo, esso si lega anche al fatto che con gli anziani ci lavoro. Nel 2015 ho fatto il corso di OSS (Operatore Socio-Sanitario) ma già in precedenza avevo iniziato a lavorare con una persona disabile. In questi anni, lavorando in siffatto settore, ho vissuto delle cose pesanti, appurando le carenze della sanità pubblica. Inoltre, proprio nel corso dell’emergenza sanitaria, ho toccato con mano le magagne dell’assistenza agli anziani, largamente affidata ai privati.
Ci puoi riferire le tue esperienze, nelle fasi acute della pandemia?
Lo scorso marzo, ho scoperto una cosa che mi ha inquietato. E’ vero, nelle RSA c’è l’assistenza medica. Ma di fronte a una patologia improvvisa e acuta, a meno che non vi sia stato diverso accordo con la struttura, è il medico di base che deve farsi carico di visitare l’ospite. Ciò, rallenta la presa d’atto della condizione di quest’ultimo e, dunque, anche l’adozione delle conseguenti decisioni. Durante il lockdown non avevo a disposizione un computer e dunque ho cercato di segnalare questa cosa con lettere ai giornali. Nessun quotidiano ha ripreso il mio allarme, che pure aveva una sua serietà. Anche perché, le RSA, oltre a prendere tardivamente visione della condizione dei diversi ospiti, non disponevano dei mezzi necessari per affrontare la pandemia. Non a caso, oggi, quando in queste strutture si verificano contagi, ne risulta spesso investito personale legato alle Aziende Sanitarie Locali. Ciò avviene secondo modalità che variano da Regione a Regione, però in ogni caso, dopo il disastro verificatosi a marzo, queste residenze non vengono lasciate totalmente sole. Va detto che tale nuovo atteggiamento istituzionale, è anche il frutto delle pressioni dei lavoratori: si pensi allo sforzo fatto dagli operatori della Toscana per ottenere l’intervento delle ASL.
Su quanto è avvenuto nel marzo 2020, il tuo blog si è spesso soffermato, riportando dati a dir poco impressionanti…
In uno studio realizzato da Marco Arlotti e Costanzo Ranci per il Politecnico di Milano (La strage nascosta. Cosa è accaduto nelle residenze per anziani durante la pandemia), si dice che per diverse settimane, successive all’inizio della pandemia, le morti nelle RSA sono passate sotto silenzio. Senza peraltro che si attuassero le misure necessarie per contenerle, anche perché spesso mancavano finanche i dispositivi di protezione individuale. I dati raccolti a posteriori dall’ISS (Istituto Superiore di Sanità) parlano, per lo scorso marzo, di un incremento delle morti di oltre il 300% rispetto alle fasi normali. Si tratta di un’inchiesta partita il 24 marzo, dopo le prime denunce da parte degli operatori e il cui ultimo report, datato 5 maggio, è stato pubblicato a giugno. Occorre tener presente il fatto che lo strumento principe dell’inchiesta è stato un questionario inviato alle strutture, sollecitate ma non obbligate a rispondere. Le domande più rilevanti concernevano il numero accertato di contagiati, quello dei decessi positivi e quanto persone, con sintomi simil-influenzali, erano decedute senza essere state sottoposte a tampone. Per non dire delle differenze di mortalità con gli altri periodi. In realtà, ha risposto solo una RSA su tre, ma il quadro che ne è emerso risulta davvero impressionante. E fa capire anche quante vittime si sarebbero potute evitare con un minimo di strategia preventiva.
Qualche misura, dopo che la strage è diventata di pubblico dominio, è stata adottata…
A metà aprile sono state introdotte le prime misure dedicate alle RSA. Il 18, infatti, una circolare del Ministero della Salute dava indicazioni su come affrontarvi il Covid-19. Tra queste, particolarmente significativa era la limitazione degli accessi, intesa in tutti i sensi. Cioè, comprendente i fornitori esterni e tutto quello che si lega agli ambulatori, talvolta presenti in queste strutture. Che sono ibride o, meglio, fanno parte di complessi in cui c’è una parte adibita a RSA e un’altra magari occupata appunto da strutture ambulatoriali che si rivolgono anche a un’utenza esterna. Rimane triste il fatto che misure di qualche impatto siano state adottate a strage compiuta
In alcuni interventi delle ultime settimane sei andato oltre la questione RSA, lanciando uno specifico allarme attorno alle Case di Riposo. Per quali motivi?
Il fatto è che le Case di Riposo appaiono come una realtà sconosciuta: se ne ignora persino il numero. Almeno, rispetto alle RSA ci sono delle stime, sebbene non precise al 100%. Diciamo che il loro elenco, di difficile elaborazione, è scaturito dal confronto fra diversi elenchi regionali (perché queste strutture fanno capo alle Regioni), integrato dai dati forniti dall’Osservatorio Demenze dell’Istituto Superiore di Sanità. Su queste basi, si è stabilita la cifra di circa 4600 residenze. Le Case di Riposo rimandano a un discorso largamente diverso: vengono autorizzate dai Comuni e si differenziano nettamente dalle RSA, al contrario di quel che pensano certi superficiali giornalisti. Infatti, per le RSA si può parlare di strutture socio-sanitarie, per quanto riguarda le Case di Riposo l’aspetto sanitario è scarsamente contemplato, a partire dall’assistenza infermieristica, che è assai ridotta, soprattutto nelle ore notturne. Certo, a differenza che nelle RSA qui vi sono in prevalenza persone che hanno un certo grado di autonomia, ma in ogni caso parliamo di soggetti fragili. Non a caso molte delle situazioni più estreme si sono verificate in questi luoghi.
Ci puoi fare qualche esempio?
Penso a quel che è avvenuto a Roma nella Casa di Riposo Giovanni XXIII, sita in via Galeffi, nei pressi della Riserva Naturale di Decima Malafede. Qui, secondo una denuncia dei parenti, un anziano affetto dal virus sarebbe stato lasciato morire solo nella sua stanza. I suoi familiari, il giorno 24 marzo, avevano ricevuto una comunicazione che lo collocava tra i positivi, rinviando a un immediato trasferimento al Gemelli. Ma quando i parenti hanno chiamato questo celebre ospedale, gli è stato detto che lì non c’era. Di conseguenza, sino alla mattinata del giorno successivo hanno tempestato di telefonate la Casa di Riposo, ricevendo risposte elusive. Sino a che dalla Giovanni XXIII si sono decisi a richiamarli e a dire la verità: l’anziano signore era già morto, senza mai esser stato trasferito in nessun altro luogo. Oggi, di questa amara vicenda si occupa la magistratura, però c’è un dato da rilevare. Di fatto parliamo di un focolaio in cui, tra il 21 e il 23 marzo, sono risultate positive ben 20 persone, tra cui alcuni operatori. La Regione Lazio ha dovuto procedere alla sua evacuazione, ma poi, nel mese di maggio, la struttura ha riaperto. Ciò in deroga al semplice buon senso, visto che subito vi si sono registrati nuovi positivi al Covid, ma in conseguenza del fatto che, al riguardo, le Regioni non possono dire molto, perché, come si diceva, è il Comune l’ente di riferimento. Anzi, sebbene nel settore siano prevalenti i privati, non mancano Case di riposo che i Comuni amministrano direttamente: spesso lasciano anch’esse a desiderare. Per dire, in una Casa di Riposo amministrata dal Comune di Mestre, vi sono stati ben 9 morti di Covid nel mese di agosto, cioè in una fase meno critica sul piano epidemiologico.
A fronte della grave situazione che ci hai descritto, cosa possono fare coloro che sono impegnati nella militanza politico-sindacale e nell’informazione alternativa?
Io credo che documentare queste situazioni, esprimendo una critica complessiva a come è gestita l’assistenza alle persone anziane sia già un fatto rilevante. Soprattutto adesso: siamo già dentro una seconda ondata della pandemia che, oltre a provocare seri problemi anche alle persone considerate sane, in questi luoghi rischia di tradursi in una nuova strage. Non solo nelle RSA ma anche e soprattutto in quelle Case di Riposo di cui le istituzioni spesso si disinteressano. Su fb vi è una vivace pagina intitolata Covid e RSA, cambiare subito e in varie parti d’Italia sono stati creati comitati che chiedono verità e giustizia su quel che è avvenuto da marzo in poi, adoperandosi affinché certi scenari non si ripetano. In Emilia Romagna, per esempio, ce n’è uno partecipato non solo dai parenti delle vittime ma anche dal Codacons e dall’USB (Unione Sindacale di Base). Bene, queste strutture ora più che mai debbono portare avanti conseguentemente la propria attività, allargando lo sguardo anche a quel che è più nascosto, ossia a quanto avviene nelle Case di Riposo.
Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma
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