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(22 Ottobre 2010) Enzo Apicella
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    (21 Novembre 2020)

    Editoriale del n. 95 di "Alternativa di Classe"

    ancora sars-cov-2

    Oltre al peggioramento dei livelli di fame (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VIII n. 93 a pag. 1) e di sete (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VIII n. 94 a pag. 1) nel mondo, che questo sistema sociale di imperialismi in competizione globale ha indotto, anche questa pandemia da Sars-CoV-2 sta assumendo proporzioni gravissime. Il numero di contagi confermati (e perciò stimati in difetto) nel mondo ha superato i 50 milioni di persone già da Domenica 8, ed oggi sta superando i 55 milioni; la “sella” della curva dei contagiati, verificatasi ad Agosto, è anch'essa superata con una ripresa di aumento esponenziale ancora più ripido, e quindi più veloce, di quello della “prima fase”. I morti con COVID sono quasi arrivati ad un milione e mezzo.
    Aldilà delle dispute fra la sua “naturalità” e una improbabile creazione in laboratorio, il dato di fatto è che la elevata contagiosità del virus fa sì che la sua propagazione risulti già di per sé difficile da contrastare. E' fuori dubbio che anche questo virus, come tutti quelli verificatisi letali per l'uomo, ha fatto l'ormai famoso “salto di specie” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VIII n. 88 a pag. 2), e che tale “salto” sia dovuto, in definitiva, allo sviluppo capitalistico, per il quale la natura ha sempre rappresentato soltanto un “serbatoio” di materie prime.
    Il virus da fine Febbraio è presente in tutto il mondo, dato che la realtà “globalizzata” di questo sistema sociale non si ferma ai limiti nazionali: questa pandemia è in tutto e per tutto un prodotto di questa fase dello sviluppo del sistema! Il Paese che detiene il primato dei contagiati non può allora che essere gli USA, con circa il 20% del numero di casi confermati di tutto il mondo. La politica americana, Trump o Biden che sia, punta a mantenere la leadership internazionale, e la produzione di merci non può andare tanto per il sottile nel prevenire un contagio!
    La rivendicazione della salute al primo posto è, infatti, proprio antitetica ad “America first! (Prima gli americani!)”, il motto di Trump, dal quale, peraltro, nemmeno Biden si potrà allontanare!... La questione sanitaria, che il COVID ha portato al primo posto nella informazione internazionale, non potrà mai davvero decollare in questo tipo di società nella misura in cui non porta profitti sufficienti agli investitori. E quanto vale per gli USA vale anche per gli altri Paesi imperialisti, con i dovuti adattamenti del caso alle realtà nazionali.
    Da fine Ottobre scorso gli USA hanno scalzato dal primo posto per contagiati l'India, che ha difficoltà a rilevarne il numero nei quartieri poveri, dove i morti sono aumentati comunque, oltre che per il COVID, per l'inedia, così come succede per il terzo Paese di questa deprimente classifica: il Brasile del negazionista Bolsonaro. Nel frattempo, il contagio ha ripreso a salire esponenzialmente in tutta Europa; in Francia, Spagna, Gran Bretagna ed Italia molti i contagi, ed i sistemi sanitari pubblici per le “terapie intensive”, necessarie per il COVID-19, sono già al collasso in diverse località di Spagna, Italia, Belgio e Paesi Bassi.
    La situazione sanitaria dei diversi Paesi è generalmente legata al loro tenore di vita medio, ma tutti i Paesi, imperialisti e non, con la crisi hanno proceduto a tagliare la spesa sanitaria (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VIII n. 87 a pag. 2), considerata improduttiva, a vantaggio dei finanziamenti alle imprese, nel tentativo di “mantenere a galla” le proprie produzioni sul mercato mondiale. E' questo, aldilà delle incapacità e degli opportunismi, il motivo di fondo per cui quasi dappertutto i “piani contro le pandemie” sono rimasti, di fatto, lettera morta.
    Il medesimo “lockdown”, il provvedimento perlopiù empirico, discendente dalle antiche quarantene generalizzate, che si è rivelato finora, al di là delle sue modalità di attuazione, l'unico strumento in grado di ridurre, stante questo sistema sociale, la circolazione del virus, non è stato, fin dai primi mesi di questa pandemia, adottato in tutti i Paesi, ed anche ora, divenuto di fatto urgente quasi ovunque, viene esorcizzato, negato, o, quantomeno limitato, da tutti i politicanti del mondo.
    Il motivo è meramente economico: la produzione deve continuare comunque, per non diminuire i margini di profitto degli agglomerati economici nel mondo! Il leit motiv in tutti gli Stati è: “Non ce lo possiamo permettere!”; e la base di consenso di massa a questa “posizione politica” viene principalmente proprio dai diseredati, dai più poveri, quelli destinati sempre a pagare per primi, che in questo caso soccomberebbero ancora più presto. Nella strettoia, che il sistema capitalistico impone, tra rischio di contrarre il terribile COVID e rischio di azzerare le proprie, già scarse, risorse in entrata, i proletari quasi sempre “scelgono” il primo!...
    Il principale motivo per cui il “lockdown” rimane per chi governa una opzione, anche se parziale, non è certo la salute della popolazione, ma è la possibilità di congestione totale degli ospedali, che peraltro si sta verificando molto spesso, e che potrebbe indirizzare proletari a chiedere sempre più la requisizione delle strutture sanitarie private, come è già avvenuto a Napoli con la recente sacrosanta occupazione di AIOP. Il business della sanità privata, che tanti profitti sta garantendo, ed ancora di più promette di garantire, per il capitalismo va salvaguardato!...
    Gli altri nuovi business planetari più direttamente legati alla pandemia in corso sono quelli delle cure appropriate e, soprattutto, quello del vaccino. Data la novità del Sars-CoV-2, è evidente come ad oggi non ve ne sia ancora uno disponibile su larga scala, viste le necessità tecnico-scientifiche di sperimentazione. A queste, però, si mischiano anche le “necessità” proprie delle case farmaceutiche, che stanno accelerando le tempistiche, per arrivare per prime a lanciare il prodotto sul mercato, avendo, peraltro, molto spesso già intascati lauti “anticipi” dagli Stati. Pare che nel mondo ve ne siano ben 213 in corso di studio, ma solo una decina ad oggi hanno concrete possibilità di affermarsi.
    In questa fase la concorrenza fra colossi farmacologici, di cui ognuno sta perseguendo un, o più, diverso tipo di vaccino “anti-COVID”, non è ancora ai livelli massimi, e, per ora, si cerca di sfruttare l'effetto annuncio anche sul piano del mercato dei fondi azionari. A quanto pare, ad ora quelli più avanti sarebbero uno a cura di PFIZER-BioNTech, uno di Moderna ed uno del Fondo di Investimento Diretto russo, rispettivamente, secondo quanto dichiarato dai produttori, con efficacia del 90%, del 94,5% e del 92%. Molti, però, sono i punti oscuri, come ad esempio quelli di Pfizer, che ha annunciato una sicura immunità... di due mesi.
    Le altre multinazionali del farmaco, comprese quelle cinesi, non stanno certo a guardare, e ci possiamo aspettare altri “colpi di scena”, per cominciare, sul piano degli annunci. Certamente, il morale dell'umanità informata ha bisogno di sperare, ed i politici, a partire dai governi, ovviamente utilizzano a piene mani tali notizie, per accreditare a livello di opinione pubblica le proprie scelte, che hanno in realtà prevalentemente un carattere commerciale, sia sul piano della distribuzione, che su quello borsistico. Soprattutto a tale livello di parassitismo, infatti, l'effetto-Pfizer, ad esempio, ha provocato subito un rialzo dei mercati azionari.
    Contrariamente a quanto si crede, il peggioramento della crisi, indotto dagli effetti della pandemia, non ha comportato effetti disastrosi per tutti. Oltre ai colossi farmaceutici, tra i quali lo scontro è in atto, ed al credito, ha trovato beneficio l'intera economia dell'informazione, dato che il digitale è diventato praticamente l'unico veicolo di comunicazione. I colossi internazionali del “websoft”, la Grande Distribuzione Organizzata, l'e-commerce, la elettronica, ma anche l'agroindustriale ed i Sistemi di pagamento digitali, sono cresciuti, anche notevolmente, con forti incrementi dei profitti per i capitali investiti in tali settori.
    A riprova del fatto che non per tutti la pandemia ha sortito i medesimi effetti, c'è l'imprevisto boom della economia giapponese, che nel trimestre che va da Luglio a Settembre ha fatto registrare un aumento del PIL del 5% (il quale, se riportato a livello annuale, significherebbe +21,4%, la maggiore crescita degli ultimi 40 anni). Certamente, nel trimestre precedente si era registrata una caduta, come per tutti gli Stati del mondo, che lì era del 7,9%, ma il contemporaneo aumento dell'export sui beni sopra citati, insieme al considerevole aumento dei consumi interni, del 4,7%, ha causato la crescita da record e l'uscita dalla recessione.
    Quanto sta avvenendo rischia, comunque, di accelerare processi di concentrazione difficilmente controllabili a livello di istituzioni internazionali, mentre permangono grossi interrogativi su di una adeguata ripresa dei settori maggiormente in crisi, rispetto alla stabilità o meno delle nuove propensioni al consumo, indotte dalla pandemia. Di fronte al suo aumento esponenziale globale, rischiano di risultare smentiti perfino gli scenari più foschi ipotizzati dal Fondo Monetario Internazionale (F.M.I.) prima dell'estate (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VIII n. 89 a pag. 4). Senza contare il fatto che un rallentamento dell'epidemia potrebbe anche significare una nuova “sella”, precedente ad una nuova crescita (la paventata “terza ondata”) di contagiati.
    In un contesto del genere i debiti di bilancio non possono che aumentare per gli Stati: già la Spagna ha dichiarato un aumento record, del 23%, del proprio debito pubblico. Ed il rapporto tra debito e PIL è destinato a salire in tutta Europa oltre il 100%, ad eccezione della Germania, che pure sta subendo un rallentamento dell'economia. La Presidente della Commissione Europea, U. Von der Leyen, ha, infatti, annunciato il rinvio alla prossima primavera della stessa revisione del Patto di Stabilità, in attesa di una situazione meno in divenire.
    In effetti, anche nella stessa Commissione UE, in assonanza con la possibile “moratoria sui rimborsi del debito e la [sua – ndr] ristrutturazione...” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VIII n. 89 a pag. 3), ventilata al F.M.I., pare che si stia facendo strada l'ipotesi di una cancellazione almeno dei nuovi “debiti contratti durante la pandemia”...
    A confermare il fatto che continui ad essere il business la preoccupazione principale di chi governa in tutto il mondo, vi è poi la firma, avvenuta Domenica 15, durante il Vertice di Hanoi dell'ASEAN, attuato in forma telematica, dell'accordo di Partenariato Economico Globale Regionale (R.C.E.P.). Sono 15 gli Stati firmatari, e cioè quelli di ASEAN (Brunei, Cambogia, Indonesia, Laos, Malesia, Myanmar, Filippine, Singapore, Tailandia e Vietnam), la Australia, la Cina, la Corea del Sud, il Giappone e la Nuova Zelanda. Rappresentano 2,7 miliardi di persone e quasi un terzo del PIL mondiale.
    Si tratta di una nuova “area di libero scambio” con ancora più consumatori di quella africana (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VII n. 74 a pag. 10), perseguita dalla Cina di Xi da almeno otto (8) anni, in contrapposizione alla TPP di Obama, poi snobbata da Trump, e che va ad affiancare la “Nuova Via della Seta”, rafforzando quella che a fine anno potrebbe rivelarsi l'unica economia fuori dalla recessione. I dazi reciproci andranno progressivamente ad azzerarsi, mentre aumenteranno i rapporti intercommerciali. La Cina celebra la vittoria del “multilateralismo”, e l'India, vista anche la recente tregua sugli scontri al confine himalayano, per ora ne rimane fuori.
    Il quadro generale pone pesanti interrogativi sul futuro, quanto mai incerto, date le novità di quanto sta avvenendo, a partire proprio dalla pandemia di Sars- CoV-2, per la quale la mutazione del virus fra i visoni della Danimarca, allevati in modo intensivo, è una riprova di come la violenza alla natura che il capitalismo attua, senza porsi di fatto neppure reali e perseguiti obiettivi di programmazione a medio termine, non fa che aggiungere nuovi rischi impevisti al genere umano, cui non sa come fare fronte. E inoltre, non è affatto detto che la frequenza delle pandemie potrà ancora essere, come ha detto A. Merkel, “centenaria”...
    Senza contare i pericoli di una guerra generalizzata, resa sempre più probabile dallo scenario di crisi economica e dal riarmo sempre più generalizzato, con una spesa militare nel mondo aumentata nel 2019 del 3,6%, e cioè più del 2,6% della crescita dell'anno precedente (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VII n. 77 a pag. 1). In questo senso, non può meravigliare il recente voto, unanime (!), del Parlamento italiano per un nuovo aumento delle spese militari.
    Per i proletari si tratta allora di intensificare le lotte da subito, senza attendere il rinvio dei licenziamenti al prossimo 31 Marzo, ed a partire da una continua e intransigente difesa della propria salute, della quale interessa davvero poco al capitale, superando ogni steccato di etnia, nazionalità, sesso ed età, e collegandosi con i proletari che vivono e lavorano nel resto del mondo, rifiutando ogni sostegno a qualsiasi borghesia, reazionaria o progressista che sia. L'unità internazionale ed internazionalista della classe è l'unica via per salvarsi dalla BARBARIE!

    Alternativa di Classe

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