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(17 Dicembre 2020)
A differenza dei precedenti modi di produzione del passato dove, i lavoratori delle classi subalterne che costituivano il "popolo", pativano la fame per effetto delle carestie e della mancanza di generi alimentari; oggi nel sistema capitalista, nell'epoca dell'imperialismo la fame e prodotta dalla troppa abbondanza, dalle guerre di rapina, dalla troppa ricchezza in mano a pochissimi individui.
La povertà aumenta in tutte le metropoli imperialiste e le lunghe file davanti alle ONLUS, alla Caritas o al Pane Quotidiano di chi ha perso il lavoro ed è caduto in povertà lo rendono evidente.
La pandemia ha aggravato la crisi mondiale e ha aumentato il numero dei super ricchi e ha portato il "terzo e quarto mondo" anche nelle metropoli imperialiste. La società capitalista quotidianamente costringe milioni di esseri umani a produrre, viaggiare e vivere in condizioni precarie, senza sicurezza, a vivere in case malsane, ad ammalarsi, morire di fame e di sete e altri a vivere ai margini della società.
La vita reale impone agli esseri umani, di là dalle ideologie e delle religioni, dei bisogni primari che la società nega alla maggioranza della popolazione. Gli uomini e le donne per sopravvivere devono innanzi tutto mangiare, bere, avere un tetto, vestirsi e poter mantenere la famiglia e una medicina territoriale e nazionale al servizio delle persone, non per il profitto delle multinazionali farmaceutiche.
In questa società gli operai, i lavoratori sono solo merce forza- lavoro, noi proletari siamo quella classe della società, che trae il sostentamento soltanto e unicamente dalla vendita del nostro lavoro.
Nel capitalismo la vita e la morte di milioni di proletari, operai, lavoratori, disoccupati, pensionati, dipendono solo dalla domanda di lavoro, cioè dall'alternarsi dei periodi d'affari buoni e cattivi, dalle oscillazioni di una concorrenza sfrenata, oggi ancora più accentuata dal coronavirus.
In questo periodo i lavoratori che scioperano per difendere la loro salute e il posto di lavoro, quelli che rompono il vincolo di fedeltà all’azienda, denunciando condizioni di pericolo sono considerati dal potere economico- politico, cioè dal governo e dalla Confindustria dei nemici che ostacolano la pacifica accumulazione del profitto, che rompono “ l’unita nazionale”.
Per questo i lavoratori coscienti e combattivi, i sindacati conflittuali sono osteggiati, odiati, calunniati. Per questo nei conflitti fra capitale e lavoro, sono repressi, puniti, licenziati e in alcuni casi incarcerati.
Dietro le vuote parole della democrazia si nasconde la dittatura del capitale.
Chi decide non è il parlamento, o il governo, ma le imprese multinazionali, che detengono il potere economico e quindi politico, e che pur in competizione e guerra fra loro sono sempre unite nel mantenere sottomesse le classi subalterne.
Gli interessi dei lavoratori sono antagonisti a quelli dei padroni e la nostra forza sta nell’unità. Divisi non siamo niente, uniti siamo una forza gigantesca.
Fino a quando sopporteremo ancora questo stato di cose?
Michele Michelino - Comitato per la Difesa della Salute nei Luoghi di Lavoro e nel Territorio
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