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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Cosa ha messo in luce lo sciopero in Amazon

(23 Marzo 2021)

sciopero

Ieri 22 marzo, dalle 7 di mattina, i lavoratori di Amazon Italia, hanno incrociato le braccia per 24 ore, chiedendo la solidarietà dei consumatori, invitandoli a evitare acquisti per l'intera giornata.

Lo sciopero, fortemente voluto dai lavoratori addetti agli hub, ai magazzini e dai driver, circa 40mila in tutta Italia, ha bloccato attività e consegne, con assemblee e presidi di solidarietà davanti gli stabilimenti.

Nonostante il pesante ricatto del precariato, l’adesione è stata alta. Anni di sfruttamento, soprusi, sofferenze, umiliazioni, si sono espressi in un’azione di lotta in cui i problemi e le loro soluzioni da individuali sono divenuti collettivi. Per molti lavoratori Amazon è stato il primo sciopero della loro vita, uno sciopero che ha avuto risonanza internazionale.

La mobilitazione è stata annunciata dieci giorni fa perché la trattativa avviata da Filt Cgl, Fit Cisl, Uiltrasporti, sulla piattaforma per la contrattazione di secondo livello della filiera Amazon, "si è interrotta bruscamente a causa dell'indisponibilità dell'associazione datoriale ad affrontare positivamente le tematiche poste dal sindacato".

Lo sciopero però è andato oltre le deboli motivazioni delle direzioni sindacali - ben attente a non rilanciare la lotta di classe che potrebbe essere presa da esempio dagli altri lavoratori - strappando la maschera del decantato “miracolo Amazon”.

La realtà di Amazon è quella del sfruttamento capitalistico più brutale in un settore in crescita, che impiega numerosa forza-lavoro.

In questo settore - sviluppatosi come prolungamento del processo di produzione e divenuto essenziale (soprattutto in periodo di pandemia) per lo stoccaggio, la movimentazione, il prelevamento, il confezionamento e la spedizione delle merci, che in tal modo passano dalla sfera della produzione a quella del consumo assicurando la continuità del ciclo produttivo - le condizioni di lavoro sono estenuanti e intollerabili.

Come nelle altre aziende operanti nella logistica, nella movimentazione e distribuzione delle merci, i proletari di Amazon sono costretti al lavoro su ritmi e turni massacranti h. 24.

Operazioni ripetitive causa di stress, mansioni faticose e usuranti, controlli asfissianti e vessazioni subite da parte di supervisori e addetti “sicurezza”, ipercompetizione fomentata dall’interno, mancanza di sicurezza e incidenti sul lavoro (la cui responsabilità viene scaricata sulle spalle dei lavoratori costretti a velocizzare le operazioni), contratti atipici, misure disciplinari e licenziamenti per chi si rivela “non in linea” con le figure di schiavi salariati richieste dalla multinazionale: questi sono i “prezzi bassi” di Amazon.

Ricordiamo che il gigante dell’e-commerce ha costretto magazzinieri ad indossare dei braccialetti elettronici, che a detta dell’azienda servono per “facilitare il lavoro”, quando in realtà servono a monitorare a distanza i lavoratori (qualcuno si è visto anche redarguire per essere andato una volta in più in bagno durante l'orario di lavoro, anche se a causa di problemi fisiologici…un movimento poco smart).

In questa azienda i giovani operai vengono spremuti e poi gettati via come limoni, in media dopo 5 anni di torchiatura nelle moderne concerie di pelle umana.

Per quanto riguarda i drivers le consegne sono moltiplicate (se l'azienda prima richiedeva 100 pacchi consegnati al giorno, ora al fine di non assumere nuovi corrieri, aumenta a dismisura le consegne senza preavviso) con conseguenze quali incidenti, multe, stress.

A tutto ciò si aggiunge la “delizia” degli appalti e dei sub-appalti tramite cooperative, regno dell’illegalità capitalistica e del caporalato, assai diffuso nel settore.

Altro che le menzogne della country manager di Amazon Italia, che ha avuto la faccia tosta di affermare “noi mettiamo al primo posto i nostri dipendenti e quelli dei fornitori terzi offrendo loro un ambiente di lavoro sicuro, moderno e inclusivo, con salari competitivi tra i più alti del settore, benefit e ottime opportunità di crescita professionale”!

Lo scopo di simili dichiarazioni dei “benefattori/trici degli operai” è solo quello di gettare olio sulle onde della lotta ed evitare il prolungamento dello sciopero che si traduce in perdita di profitti per il colosso nordamericano.

Sono proprio i profitti record a stare al primo posto negli obiettivi di investimento dei monopoli, non certo gli interessi e i diritti dei lavoratori!

I comunisti (marxisti-leninisti) si schierano incondizionatamente dalla parte dei lavoratori di Amazon, operai e drivers che hanno dimostrato compattezza e dignità scioperando in massa, in un clima di aperta minaccia, contro una di quelle potenti multinazionali che dettano legge ai governi dei paesi in cui si installano, incrinando la sua falsa immagine.

La lotta di questo settore del proletariato, che si sviluppa da un decennio contro la moderna schiavitù capitalistica e la repressione di Stato, è giusta e va sostenuta.

Lo sciopero, il blocco delle merci, i picchetti, le azioni di boicottaggio, la solidarietà attiva fra operai, ricordano a tutti che i padroni non sono onnipotenti, che i lavoratori hanno la forza e la determinazione per respingere la loro ingordigia di plusvalore, che a produrre tutta la ricchezza sono i proletari e che nelle loro mani essa deve tornare!

Le rivendicazioni di aumenti salariali, della riduzione dell’orario, di rallentamenti dei ritmi e dei carichi di lavoro, di più pause e diversa regolamentazione dei turni, di salute e sicurezza sul lavoro, di eliminazione del precariato e garanzie occupazionali hanno una base oggettiva e vanno appoggiate dall’intero movimento operaio e sindacale.

Allo stesso tempo la lotta dei lavoratori Amazon pone una questione più generale. Essa è la questione dell’unione di tutti i lavoratori, senza alcuna limitazione di appartenenza partitica e sindacale, di categoria e di nazionalità, in un fronte unico di lotta contro il capitalismo generatore di sistemi di sfruttamento sempre più intensi approfittando della scarsa organizzazione e della dispersione degli operai.

Un’unità che va praticata, sviluppata e rafforzata nel vivo della lotta di classe degli sfruttati contro gli sfruttatori e i loro governi, contro i divisionisti del movimento operaio e sindacale!

Che l’esempio di lotta dei lavoratori Amazon sia di sprone per la ripresa di un possente movimento di lotta contro lo sfruttamento capitalistico e i licenziamenti, per far pagare i costi della crisi, del debito e della pandemia a padroni, banchieri e ricchi, per rilanciare la prospettiva dell’abbattimento di un sistema ormai moribondo, per il socialismo e il comunismo.

Spetta ai comunisti e agli operai avanzati portare queste parole all’interno delle fabbriche, dei cantieri, dei magazzini, degli altri posti di lavoro, delle organizzazioni sindacali e di massa di cui fanno parte, perché diventino coscienza, solidarietà e organizzazione di classe.

Di qui l’urgente necessità di un’organizzazione politica guidata dal marxismo-leninismo e basata sul movimento operaio, che costituisca l’embrione del Partito indipendente e rivoluzionario del proletariato. Anche di questo ci parla lo sciopero in Amazon!

23.3.2021

Piattaforma Comunista – per il Partito Comunista del Proletariato d’Italia

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