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Mezza piena o mezza vuota?

Mezza piena o mezza vuota?

(22 Gennaio 2011) Enzo Apicella

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    Reagire alla paura, al caos sociale e sanitario, allo sfruttamento intensificato e alla crescente repressione statale

    (15 Aprile 2021)

    In tutti questi mesi, i lavoratori e le lavoratrici di tutti i paesi hanno sperimentato sulla propria pelle gli effetti disastrosi della sopravvivenza del modo di produzione capitalistico, giunto ormai da tempo al suo capolinea storico. La crisi del 2008, mai riassorbita, aveva già voluto dire un autentico macello sociale: disoccupazione, precarizzazione dei rapporti di lavoro, intensificazione dello sfruttamento, massicce emigrazioni forzate, distruzione delle risorse naturali – il tutto all’insegna della disperata ricerca del profitto per arginarne la caduta tendenziale del suo saggio medio.
    Su questa drammatica situazione, s’è abbattuta la pandemia da Covid-19, ampiamente prevista da numerosi studi scientifici e organi istituzionali a livello mondiale, di fronte alla quale tutti i paesi si sono mostrati impreparati. Sorpresa? No. Il capitale non ragiona sui tempi lunghi, sulle ipotesi o previsioni a lunga scadenza, e tanto meno sulla prevenzione, perché la sua legge è quella dell’autovalorizzazione nel più breve tempo possibile – pena la propria morte.
    Così, i lavoratori e le lavoratrici (occupati/e, disoccupati/e, pensionati/e e licenziati/e, confinate/i e ricacciate/i nel lavoro domestico e di cura) hanno pagato duramente il caos sociale e sanitario che ha accompagnato l’esplosione e la diffusione della pandemia: sui luoghi di lavoro che non sono mai stati chiusi (fabbriche, cantieri, magazzini, ecc.) trasformandosi in focolai d’infezione; negli ospedali e nelle strutture d’assistenza, del tutto incapaci di fare fronte a esigenze straordinarie di questo tipo; nelle abitazioni e nei quartieri proletari dove è impossibile “mantenere la distanza sociale” e assicurare le “norme igieniche” – popolazioni intere prede della paura e del disorientamento, sottoposte a raffiche di dati e decisioni contraddittorie, di polemiche politiche, di affermazioni contrastanti da parte di “tecnici” e “scienziati” litigiosi e sprezzanti, comunque succubi a una “scienza medica” che subordina la salute pubblica alle leggi del tornaconto economico. Colpevole inettitudine e ottusa obbedienza alla legge del profitto a ogni costo!
    Le già drammatiche conseguenze della crisi del 2008 si sono così aggravate in tutto il mondo: altri licenziamenti, altra precarietà e cassa integrazione, altri irrisori sussidi a pioggia come anticamera al licenziamento, e poi regolamentazione, sospensione e annullamento di ogni iniziativa, manifestazione, lotta, con il pretesto del “divieto di assembramento”, controllo e dura repressione contro chi (e non sono stati pochi!) ha osato e osa alzare la voce e la testa.
    Crisi economica e sociale e crisi sanitaria: il modo di produzione capitalistico ha dimostrato, una volta di più, di essere impotente di fronte ai disastri causati dal suo stesso funzionamento. È necessario farla finita con esso: quest’agonia si trascina da un secolo e mezzo e ha già prodotto – oltre al generalizzato abbrutimento del vivere sociale e alle enormi sofferenze quotidiane di proletari sfruttati fino allo sfinimento e malati e/o deceduti a causa del lavoro – due macelli mondiali e centinaia di guerre locali e prepara (lo si sente nelle ossa!) una nuova carneficina interimperialistica.
    È necessario reagire alla paura, al caos sociale e sanitario, allo sfruttamento che aumenta giorno dopo giorno, alla crescente repressione statale!
    Resistere a tutte le minacce, a tutti i soprusi e a tutte le sopraffazioni là dove siamo costretti a lavorare, là dove siamo costretti a vivere e sopravvivere, nelle strade e nelle piazze, nella società!
    Riprendere la via della lotta di classe: un imperativo non morale, ma vitale!
    Bisogna lottare, battersi, tornando a rivendicare drastiche riduzioni dell’orario di lavoro a parità di salario, aumentato e garantito per tutti (femmine e maschi, giovani e anziani, immigrati e indigeni…), e pagato dallo Stato e dalle “organizzazioni padronali” per licenziati e disoccupati.
    Bisogna rivendicare il “dovere alla salute” a partire dai posti in cui siamo costretti a lavorare e nei quartieri dove siamo costretti a vivere.
    Bisogna organizzarsi territorialmente e centralmente per difendersi dall’attacco del Capitale, portato dal suo braccio armato (lo Stato, che non è un nostro padre e benefattore, ma il nostro nemico immediato), rifiutando sia le gabbie e galere d’ogni tipo rappresentate dalla prassi di sindacati e sindacatini del tutto integrati nel sistema sia le demagogiche fumisterie di chi vuole approfittare della combattività proletaria per costruirsi una carriera “politica” istituzionale.
    Tutto ciò, che va comunque strappato e difeso con la lotta, non basta.
    O meglio: è possibile solo se ci si orienta verso qualcosa che vada ben oltre l’orizzonte del quotidiano e dell’immediato; solo se la ripresa di una lotta di difesa economica e sociale viene vissuta come un allenamento, una preparazione per qualcosa di molto più drastico e definitivo; solo se si torna cioè a porre sul tappeto la questione della conquista del potere abbattendo le istituzioni borghesi per esercitare quella dittatura del proletariato che avrà il compito di spazzare via tutti gli
    ammorbanti e sanguinolenti residui di un modo di produzione condannato dalla storia e di aprire la strada alla società senza classi, al comunismo. Una conquista e un esercizio del potere che, sì, sono lontani e possono apparire un miraggio: ma che sono l’unica possibilità di sopravvivenza nostra e delle generazioni che ci seguiranno. E che, soprattutto, vanno preparati nell’oggi, con pazienza, metodo, passione e organizzazione (obiettivi, mezzi, metodi precisi, chiari e coerenti).
    Non esiste alternativa: intorno a noi si accumulano macerie fumanti e crescono sofferenze immani, mentre una nuova, devastante guerra mondiale si profila all’orizzonte.
    Tornare a lottare, organizzarsi nel partito rivoluzionario, riprendere la rotta verso il comunismo.
    Non c’è tempo da perdere!
    Aprile 2021

    Partito comunista internazionale
    (il programma comunista – kommunistisches programm – the internationalist –
    cahiers internationalistes)

    Fonte

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