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La filosofia rivoluzionaria del marxismo

(7 Maggio 2021)

Engels e Marx

Guardando al tempo trascorso dall’inizio della pandemia, la prima impressione è che qualcosa di inspiegabile si sia prodotto inaspettatamente. Quasi tre milioni di morti, centinaia di migliaia di contagiati e decine di milioni di persone che rischiano di scivolare nella povertà estrema. Ogni giorno vengono smentite le dichiarazioni del giorno precedente, infrante le promesse, rivedute le stime (sui tempi delle vaccinazioni, sulla fine della crisi sanitaria ed economica).

Dopo anni di tagli e massacro sociale si proclama che “è il momento di spendere”. Ma mentre si procede a un’iniezione di denaro senza precedenti, salgono i patrimoni dei super ricchi e si svuotano le tasche dei più poveri.

Si annuncia che la crisi pandemica può essere risolta con la vaccinazione di massa e l’“immunità di gregge”. A tal scopo bisognerebbe abolire i brevetti, mettere in comune le conoscenze, prevedere un largo piano di produzione e distribuzione: servirebbero un coordinamento internazionale e una massiccia pianificazione. Ciò a cui assistiamo è invece la lotta tra i diversi paesi, lo scontro tra le grandi aziende farmaceutiche, contratti secretati, brevetti privati. Tutto ciò che sarebbe necessario e razionale, si scontra con l’irrazionalità anarchica di questo sistema. Ogni “soluzione” diventa l’origine di nuove contraddizioni insolubili.


La ragione dialettica


L’impressione che ne deriva è quella di un caos perpetuo. Non stupisce che si faccia strada nelle accademie un ripiegamento verso l’idealismo soggettivo in campo filosofico, e verso la teoria del dominio del caos in campo storiografico. Sembra impossibile dare un ordine a questo caos, si insinua un atteggiamento spesso rassegnato, si sospira di fronte alla decadenza della società e della cultura. Che ci siano rabbia e frustrazione crescenti e che ci saranno nuove e più importanti lotte è molto semplice da prevedere. Quel che segna la differenza è capire contro cosa lottiamo, con quale lettura dei nostri compiti scendiamo in campo e con quale consapevolezza dei nostri fini. La filosofia marxista ci permette propriamente di leggere in questo caos le diverse direzioni e i rapporti causali dietro ciascun aspetto. Non in maniera meccanica (da una parte la causa, dall’altra l’effetto) ma dialettica.

La dialettica, insieme al materialismo, costituisce un cardine della filosofia marxista. Quest’ultima afferma che tanto la natura quanto la storia procedono dialetticamente: esse non compiono un circolo sempre uguale e non si compongono di elementi fissi e immutabili. Nulla rimane uguale a se stesso, ma ogni cosa vive in uno stato di perpetuo mutamento, ora lento e impercettibile, ora rapido e catastrofico.

Le leggi della dialettica si basano non sul sillogismo (“A è uguale ad A”) ma sulla contraddizione e ci permettono di scoprire come superarla. Le cose e le idee che abbiamo intorno alle cose sono considerate nel loro nascere e morire. Nulla è sacro o assoluto. Non esistono realtà eterne, né pensieri eterni. Ecco perché Marx definiva la dialettica “rivoluzionaria per essenza”. Le leggi della dialettica non furono inventate da Marx ed Engels ma scoperte nella realtà esistente. Essi compresero che “il movimento è il modo di esistere della materia”: le leggi della dialettica spiegano tale movimento. Un movimento non rettilineo ma a spirale: uno “sviluppo a salti, catastrofico, rivoluzionario”. (Lenin)

Richiamiamone alcuni punti fondamentali: la quantità si trasforma in qualità, e viceversa; causa ed effetto si cambiano di posto; ogni fenomeno contiene il suo opposto, la sua antitesi che a determinate condizioni diventa dominante.


Materia e pensiero


L’altro cardine della filosofia marxista è il materialismo. Siamo materialisti se consideriamo conoscibile il mondo che ci circonda, riconosciamo che esso esiste al di là della nostra volontà e che, se le nostre azioni lo modificano continuamente, esso parimenti condiziona, modifica, determina la nostra coscienza. È precisamente quest’azione reciproca, dell’uomo sul mondo e del mondo sull’uomo, a determinare la nostra conoscenza. Filosoficamente ciò vuol dire che i nostri pensieri sono riflessi dell’esperienza totale che abbiamo della realtà. Il pensiero e la coscienza sono prodotti della nostra esistenza, traggono origine dal cervello dell’uomo, e “l’uomo stesso è un prodotto della natura (…) i prodotti del cervello umano, che sono in ultima analisi anch’essi prodotti naturali”. (Engels)

Da un punto di vista storico, nella spiegazione dell’evoluzione che non i singoli uomini, ma gli uomini organizzati in società, hanno attraversato nel corso del tempo, ciò significa riconoscere che la loro coscienza sociale (le loro idee religiose, politiche ecc.) sono un prodotto del loro essere sociale. Nelle parole di Marx: “Non è la coscienza degli uomini che determina il loro essere, ma è, al contrario, il loro essere sociale che determina la loro coscienza.”. Ma cosa determina anzitutto il loro “essere sociale”? Marx risponde: il modo di produzione della vita sociale. Ad ogni modo di produzione corrisponde una certa organizzazione sociale, determinati rapporti di produzione, determinati sistemi politici e giuridici, determinate idee.

Non ci riferiamo chiaramente alle idee specifiche di questa o quella persona, ma alle idee che esprime la società a un dato momento dello sviluppo storico. E poiché i modi di produzione che si sono alternati fino ad ora, hanno determinato una divisione della società in classi, una lotta tra queste e il dominio di una classe sulle altre, “le idee dominanti in ogni epoca sono le idee della classe dominante”. La classe che detiene il potere economico e, in virtù di ciò, il potere politico, elabora una giustificazione ideale del proprio dominio e possiede i mezzi (televisione, stampa, istruzione) per propagandarla e rafforzarla. Ciò non vuol dire che non esistano altre idee. Quest’ultime, tuttavia, sono ugualmente il riflesso di un certo ordine sociale e possono agire in sua difesa anche inconsapevolmente. Esistono anche delle idee che combattono lo stato di cose esistente. Esse sono rivoluzionarie quando riescono ad “anticipare” gli avvenimenti, a vedere giusto nel divenire storico. La filosofia marxista ha costituito la più grande rivoluzione nel campo delle idee perché ha dimostrato in che modo le contraddizioni insite al sistema capitalistico avrebbero condotto alla decadenza e infine alla morte del sistema stesso.


Il razionale diventa irrazionale


Lo sviluppo di diversi vaccini contro il virus in tempi estremamente rapidi, la velocità nella circolazione delle informazioni e delle persone, lo sviluppo continuo di nuovi macchinari ecc. sono solo alcune delle soluzioni ai problemi attuali. Tuttavia sono le stesse leggi basilari del sistema capitalista a fare sì che la soluzione si trasformi in una nuova contraddizione: la proprietà privata dei brevetti impedisce l’uso generalizzato dei vaccini; la concorrenza tra Stati impedisce una gestione comune dell’emergenza; i rischi collaterali diventano strumento di guerra commerciale di un produttore contro l’altro.

Ma la pandemia non fornisce che un esempio estremo dell’effetto delle leggi che regolano questo sistema di produzione. La ricchezza che esiste nella società è frutto della produzione sociale. Sono gli uomini che, lavorando collettivamente, conducono a nuove scoperte, producono i beni di cui abbiamo bisogno, li distribuiscono in tutto il mondo e così via, seguendo una divisione del lavoro che è necessaria e globale. Al contempo la classe che si appropria di questa ricchezza svolge un ruolo sempre più parassitario. Non produce ricchezza ma se ne appropria. Ecco la contraddizione fondamentale del capitalismo: la contraddizione tra la produzione che è sociale e l’appropriazione che è privata.

La borghesia rappresentava la classe più dinamica entro il vecchio ordine feudale che frenava le sue possibilità di accrescere la ricchezza. Da ciò dipese il suo ruolo rivoluzionario: la borghesia si ribellò al vecchio ordine e vinse.

Oggi spetta al proletariato rendere possibile l’ulteriore sviluppo della produzione e della ricchezza abolendo gli attuali rapporti di produzione e ponendo fine all’anarchia del mercato. Da ciò dipende il suo ruolo rivoluzionario.

Da fonte di progresso la borghesia è diventata fonte di decadenza.

Leggiamo questo processo dialetticamente: ogni cosa è destinata a rovesciarsi nel suo contrario.

Il capitalismo ha permesso avanzamenti eccezionali nel campo della produzione sociale. Che questi avanzamenti non possano essere sfruttati a beneficio dell’umanità, che esso costituisca un freno a uno sviluppo ulteriore, dimostra che ha perduto il suo diritto all’esistenza e necessita di essere superato. Razionalità e irrazionalità non sono due categorie assolute. Ciò che è razionale diviene irrazionale e viceversa: “Nel corso dell’evoluzione tutto ciò che prima era reale diventa irreale, perde (…) il proprio diritto all’esistenza, la propria razionalità.” (Engels)

Ma la stessa trasformazione del razionale in irrazionale avviene anche nelle nostre menti. I nostri pensieri scorgevano questa o quella contraddizione, ogni attacco alle nostre condizioni di vita rappresentava una nuova fonte di rabbia e malessere. Ma lo sviluppo non segue una via rettilinea: la dialettica ci insegna che la quantità si trasforma in qualità. Un ulteriore fallimento della borghesia nel rispondere alla crisi, l’ennesima goccia e il vaso trabocca: scoppia una rivoluzione.

Ciò che prima accettavamo con convinzione o mal volentieri diventa insostenibile: il razionale diventa irrazionale!

La nostra coscienza cambia in continuazione ma a quel punto compie un salto. È il momento della resa dei conti, “vent’anni passano come un solo giorno”. (Engels)


Filosofia e rivoluzione


Le grandi rivoluzioni della storia sono state precedute da rivoluzioni in campo filosofico: i filosofi francesi del XVIII secolo, i materialisti dell’illuminismo, anticiparono la grande rivoluzione del 1789 e rappresentarono l’espressione cosciente delle aspettative e degli interessi della borghesia. Furono i precursori della rivoluzione borghese. I socialisti utopisti accompagnarono le prime sollevazioni operaie contro il nuovo ordine economico. Ma non si erano ancora prodotte le condizioni storiche per l’emancipazione della nuova classe sfruttata, e neppure per le idee che dovevano accompagnare una tale emancipazione (“all’immaturità della posizione delle classi corrispondevano teorie immature”). Ma queste condizioni dovevano prodursi rapidamente. Il marxismo rappresentò l’espressione cosciente della nuova classe produttrice di ricchezza a cui lo sviluppo economico avrebbe fornito i mezzi per la propria emancipazione: la classe operaia. Il marxismo doveva diventare la bandiera di questa classe. E lo divenne. Anticipò, previde e fu bandiera dei magnifici tentativi rivoluzionari dello scorso secolo.

Nuovi movimenti di massa sono all’ordine del giorno. Dotarsi di una solida base teorica significa anticipare questi movimenti, comprenderne lo sviluppo e guidarli verso il cambiamento rivoluzionario della società.

Nelle parole di Lenin, “senza teoria rivoluzionaria non può esserci movimento rivoluzionario”. Temute dai difensori della barbarie esistente, le idee del marxismo sono destinate a risultare vincenti nello scontro tra forze vive, che nessuna reazione in campo ideologico e politico potrà annullare. Ciò perché costituiscono la teoria rivoluzionaria che spiega e di cui necessita il movimento rivoluzionario.


Il compito dei marxisti oggi


Da decenni si conduce una battaglia contro il marxismo nelle aule universitarie. Peggio dei nemici espliciti del marxismo, fanno quelli che vogliono rileggere Marx alla luce di questo o quel passaggio nelle sue opere e che finiscono per annacquarne il contenuto rivoluzionario. A questi marxisti da cattedra diciamo: non esiste una chiave segreta che apra alla comprensione più autentica di Marx. Marx ed Engels scrissero per essere compresi, affinché le loro parole non stagnassero nelle aule accademiche ma splendessero alla luce del sole divenendo l’arma del proletariato per la propria emancipazione. E lo diventarono!

Compito dei marxisti è scoprire nelle contraddizioni, nelle lotte e nelle crisi del nostro tempo le leggi della dialettica messe in luce da Marx. Scoprire la validità del marxismo al di là delle novità del sistema capitalistico, leggere in tali “novità” un’evoluzione dialettica che ne conferma l’analisi. Continuare l’analisi di Marx significa approfondirla, non rivederla per in realtà negarla.

Difendere oggi il marxismo significa difendere il nostro diritto ad appropriarci e a sfruttare le conquiste della storia, ad essere soggetti coscienti e non oggetti di cieche forze economiche e interessi privati. Comprendere tali forze, dominarle, emancipando esse e l’umanità intera: passare “dal regno della necessità al regno della libertà.”

Federica Acconcia - rivoluzione.red

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