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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Imporre il blocco dei licenziamenti con la lotta e l’unità di classe!

(18 Maggio 2021)

scintilla

l blocco parziale dei licenziamenti iniziato il 17 marzo 2020 sta per scadere. Infatti l’ultimo rinvio previsto dal Governo Draghi prevede due termini distinti: il 30 giugno 2021 per i lavoratori delle aziende che dispongono di CIG ordinaria e CIG straordinaria (soprattutto industria ed edilizia); il 31 ottobre 2021 per i lavoratori delle aziende coperte da strumenti in deroga (soprattutto terziario).
La caduta del divieto, dopo un anno di stop, provocherà effetti molto pesanti che si aggiungeranno alla valanga di posti di lavoro persi da febbraio 2020: circa 950 mila.

Altre centinaia di migliaia di posti di lavoro sono a rischio, secondo le stime più credibili (c'è chi si spinge a ipotizzarne fino a mezzo milione). Ciò significa un enorme distruzione di forze produttive della società, accompagnate nuove ondate di concentrazione monopolistica. Sono le conseguenza di una pandemia pessimamente gestita dai governi borghesi che ha aggravato la crisi economica sottostante, che al solito viene scaricata dai capitalisti sulla classe operaia.

Tutto ciò determina un impatto devastante sulla classe lavoratrice. Per ora, a farne le spese sono stati soprattutto i lavoratori con contratti flessibili, stagionali, e gli autonomi, le donne e i giovani. Assieme alla massa dei disoccupati crescono la povertà, le disuguaglianze sociali, prodotto necessario e inevitabile dell’accumulazione capitalistica.

Va specificato che il blocco dei licenziamenti non è totale e "non vale" se si verifica la cessazione definitiva dell’attività di impresa, se l'azienda fallisce e se viene firmato un accordo tra datore di lavoro e sindacati. Difatti di casi di licenziamenti massivi nei mesi interessati dal blocco ce ne sono stati molti: lo scorso maggio 60 lavoratori interinali alla TNT FedEx di Milano si sono visti mandare via dopo aver lavorato anni e in barba agli accordi sindacali che ne tutelavano la permanenza.

A giugno oltre 300 lavoratori vengono scaricati dal colosso della logistica Zara che cancella completamente un appalto nazionale e ancora l’arcinota situazione che ha visto 360 operai della Whirlpool lasciati a casa per la chiusura dell’impianto della provincia di Napoli.

In Toscana la Bekaert viene lasciata morire dopo una vertenza lunga 34 mesi conclusa con un vergognoso accorso siglato lo scorso 24 febbraio fra Regione amministrata dal PD Giani e i sindacalisti collaborazionisti che permette alla multinazionale di gettare per strada gli ultimi 113 lavoratori. Come denuncia con rabbia davanti i cancelli della fabbrica un delegato RSU: “Le multinazionali fanno così, vanno nei territori, rubano le competenze e vanno a fare profitti all'estero. Le responsabilità non sono solo dell'azienda: ma anche di chi governa l'Italia e di chi governa il territorio. C'è una responsabilità precisa, ed è quella della Regione che il 24 febbraio, insieme a Fim e Uilm, ha firmato la morte di questo stabilimento. Di fronte a quella firma, nessuno dei sindaci o consiglieri comunali ha preso le distanze, ha espresso parole di contrarietà….. Chi consente alle multinazionali di fare tutto questo, lasciando i lavoratori in mezzo alla strada, ha la colpa di quello che è avvenuto qui".

I padroni approfittano della situazione anche per liberarsi dei lavoratori combattivi e dei delegati che non si piegano alla volontà di dirigenti aziendali, come è avvenuto alla Ferrarini di Parma, o che chiedono maggiore sicurezza sul lavoro, come alla Teamware di Milano.

Mentre la pressione e la repressione sugli operai si fa sempre più forte, Bankitalia e Corte dei Conti fanno fronte comune per sottolineare come un'eventuale proroga del blocco possa solo danneggiare aziende e ripartenza del Paese.

I padroni premono perché sanno che il licenziamento diventerà il miglior strumento di pressione e ricatto nei confronti dei lavoratori per aggredire salari e diritti.

Il governo Draghi cerca di imbrigliare i lavoratori e le lavoratrici in false rassicurazioni, in un quadro drammatico di crisi economica, sociale, sanitaria e politica in una società sempre più polarizzata economicamente e socialmente, dove le disuguaglianze aumentano e dove le ricadute della crisi sono tutte sulle spalle della classe lavoratrice.

I vertici sindacali di Cgil, Cisl e Uil nel mezzo delle proteste abbastanza sottotono sollevate, sono arrivati al punto di proporre di bloccare gli aumenti salariali nel rinnovo dei contratti, a partire da quello dei metalmeccanici illudendosi di sventare il pericolo licenziamenti.

L’interesse degli alti burocrati dei sindacati è quello di entrare nella mangiatoia del Recovery Plan, come Draghi sta ventilando, non certo quello di organizzare la lotta dura per impedire che le fabbriche chiudano e i posti di lavoro vadano persi.

Solo la forza organizzata dei proletari può fermare i padroni e il loro governo.

Lavoratori e lavoratrici, precari e disoccupati devono dunque imporre con l’unità, la lotta e la mobilitazione un reale blocco dei licenziamenti e la stabilizzazione dei precari.

È della massima importanza unire le resistenze, le manifestazioni, gli scioperi in un solo fronte di lotta basato sulla difesa senza sconti degli interessi economici e politici dei proletari, diretto contro il capitale, i suoi governi e i suoi servi, rifiutando l’idea che vi possano essere “comuni interessi nazionali” fra sfruttati e sfruttatori.

Inutile stare ad ascoltare le promesse e fermarsi per guardare le pantomime che si recitano a Roma, a Palazzo Chigi o a Via Molise (Ministero dello “sviluppo economico”). Inutile farsi illusioni sui possibili sbocchi positivi degli oltre 100 “tavoli di vertenze” aperte. A decidere è la lotta!

Occorre sviluppare la discussione all’interno del movimento operaio e sindacale sulla situazione che dovremo affrontare e sulla mobilitazione di massa che va messa in campo occupando fabbriche e cantieri per impedire tagli e chiusure, sull’irrazionalità del sistema capitalista-imperialista e sulla necessità della rottura con questo sistema basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione, incapace di assicurare i diritti elementari dei proletari e di lenire le piaghe che esso stessa crea.

Per avanzare su questa strada gli operai avanzati devono adoperarsi in prima persona nella lotta per il Partito indipendente e rivoluzionario che dirigerà la lotta della classe operaia verso la rivoluzione e il socialismo.

Da Scintilla, n. 115 – maggio 2021

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