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(18 Novembre 2009) Enzo Apicella
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    VECCHIE E NUOVE NOCIVITA'

    Il mito della scienza, della medicina, della giustizia è un grande inganno

    (6 Giugno 2021)

    Pubblicato sulla rivista “nuova unità” di giugno n. 3/2021

    nuova unità

    In una società dove i ricchi diventano sempre più ricchi a scapito dei poveri, i governi usano la scienza e la cosiddetta comunità scientifica per inebetire le classi sottomesse e renderle obbedienti al potere dominante.
    Il mito della comunità scientifica è diventato una formula mistica, un ritornello moderno molto usato, non solo in ambito scientifico, giudiziario e giornalistico, ma anche tra la popolazione. Un esempio è dato dalla task force composta da un contingente multidisciplinare di esperti - scelti in collaborazione con il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità e l’Organizzazione Mondiale della Sanità - con il compito di supportare il Governo e gli altri pubblici decisori nella definizione di politiche di contenimento del contagio da Covid19.
    Sostenere l’idea che ci sia un organo di autorevoli scienziati che vigila sulla giustezza delle scoperte scientifiche serve a coprire, dietro l’autorevolezza della scienza, le scelte politiche ed economiche dei governi nell’interesse della classe al potere.
    In una società divisa in classi sociali con i governi nelle mani dei rappresentati delle grandi multinazionali/transazionali, degli industriali, della finanza e delle banche, la presunta neutralità e pluralità della scienza è inesistente.
    Nella società capitalista il profitto viene prima di tutto, prima della salute e della vita umana del proletariato e delle masse popolari. Da sempre le aziende che non rispettano le norme antinfortunistiche sulla sicurezza del lavoro e antinquinamento provocando migliaia di morti ogni anno fra lavoratori e cittadini, risparmiando anche sui costi dei dispositivi di protezione individuali e collettivi riescono a rimanere impuniti.
    In caso di condanna, i padroni e i dirigenti che non rispettano neanche le leggi vigenti in materia di sicurezza sul lavoro e inquinamento fanno pressione sulla magistratura che già applica leggi a favore del capitale per ottenere l’impunità con la prescrizione o l’assoluzione piena.
    Ostacolare, nascondere gli studi di scienziati indipendenti, senza conflitti d’interessi, sugli inquinanti e cancerogeni è da sempre stato l’obiettivo dei padroni delle industrie multinazionali e della società capitalista/imperialista.
    La storia dell’amianto
    L'amianto e le fibre da cui è composto, come altri cancerogeni, uccidono. È un killer che non perdona ed è direttamente collegato all'insorgenza del mesotelioma della pleura e del peritoneo e di altri tipi di cancro fra i quali al polmone e alle vie respiratorie. La vicenda dell’amianto che produce migliaia di morti ogni anno è sintomatica. Gli studi sulla sua pericolosità risalgono a primi anni del 1900 quando in Gran Bretagna furono approvate le prime leggi che prevedevano il monitoraggio della salute dei lavoratori e i risarcimenti per chi si ammalava.

    Nel 1906, a Torino, la proprietà della British Asbestos Company che lavorava amianto a Nole Canavese, denunciò per diffamazione il direttore e il gerente di un foglio locale, il “Progresso del Canavese”, ritenendosi danneggiata da una corrispondenza del giornale locale del piccolo Comune di campagna alla fine di uno sciopero degli operai che protestavano contro un aggravamento delle condizioni di lavoro. Il giornale scriveva, «… che l’industria dell’amianto fa annualmente un numero incredibile di vittime e che dalle tavole necrologiche di quel comune appare che con triste frequenza operai e operaie dell’amianto muoiono per tisi, anemia o gastroenteriti».
    Il giudice, dopo l’acquisizione di autorevoli pareri scientifici, arrivò alla conclusione che non vi era alcuna diffamazione nella descrizione dei fatti resa dal giornale canavese, mandando assolti i giornalisti.
    Solo pochi anni fa alcuni dirigenti della Bender e Martiny di Ciriè (TO) che avevano sostenuto in un processo di non essere a conoscenza degli effetti dell’amianto fino a epoca recente, furono sbugiardati direttamente dal Pubblico Ministero. Il Sostituto Procuratore aggiunto del Tribunale di Torino, Raffaele Guariniello, presentò in aula una sentenza del 1906 (del Regio Tribunale) a carico dei dirigenti dell’epoca della Bender e Marty, che illustrava dettagliatamente l’estrema pericolosità di questo minerale.

    Nel 1930 Merewether e Price, su incarico del governo britannico, pubblicano uno studio epidemiologico secondo il quale il 66% dei lavoratori esposti all’amianto per 20 anni soffre di asbestosi. Lo studio non tiene conto dei soggetti che hanno smesso di lavorare perché gravemente malati e di quelli deceduti.

    Nel 1955 esce - a dispetto dei ricatti delle industrie Tuener e dei tentativi di impedire la pubblicazione - lo studio di Richard Doll sui lavoratori della Turner nel distretto di Rochdale che dimostra che “chi lavora a contatto con l’amianto per 20 anni rischia il cancro dieci volte di più rispetto alla media generale”.

    Negli anni '60 il primo a dimostrare che l'amianto uccide è stato lo scienziato statunitense Irving Selikoff che ha fondato nel 1966 la divisione ospedaliera in Usa dedicata ai tumori ai polmoni presso il Mount Sinai Hospital di Manhattan, evidenziò che le persone che lavoravano a contatto con l'asbesto anche per un periodo breve riportavano segni a livello polmonare fino a 30 anni dopo. Dopo 50 anni di studi il legame tra amianto e cancro fu provato oltre ogni dubbio. Irving Selikoff, pioniere nel settore della Medicina del lavoro con i suoi studi aprì la via alle prime cause legali per malattie attribuite all'esposizione a questo materiale che per anni è stato estratto dalle cave e miniere e impiegato per proteggere le case dal calore, isolare caldaie, costruire i freni delle auto, potenziare vernici e molto altro.

    Nel 1970, dopo lo sviluppo di un movimento di lotta dei lavoratori esposti all’asbesto, l'Occupational Safety and Health Administration impose limiti di esposizione per i lavoratori e nel 1989 l'Environmental Protection Administration emanò nuove norme per il graduale arresto della produzione di prodotti con asbesto.

    Nel 1976, il 17 novembre, i padroni dell’amianto, la “Camera Sindacale dell’Amianto” e il “Sindacato dell’Amianto-Cemento” comprarono intere pagine dei maggiori quotidiani, francesi e di altri paesi, facendo scrivere dai loro “scienziati” una pubblicità dal titolo “a proposito dell’amianto” in cui negavano la pericolosità e la cancerogenicità dell’amianto (vedi la pagina 8, di Le Monde, 17 nov. 1976).

    Nel 1986 l’Agenzia internazionale delle Nazioni Unite per la ricerca sul cancro (Iarc) dichiara che tutti i tipi di amianto sono cancerogeni e, pertanto, non esiste soglia di sicurezza per chi vi si espone.

    Nel 1992, con la legge 257/92, l’amianto dopo dure lotte dei lavoratori fu messo al bando anche in Italia. Fino all'approvazione della legge i lavoratori dell’Eternit di Casale Monferrato e altre fabbriche organizzarono scioperi e un presidio a oltranza in Piazza Montecitorio.
    L’amianto è una strage dimenticata dai governi e caduta nell’oblio che continua a uccidere ancora oggi migliaia i lavoratori, ex lavoratori e cittadini. Secondo gli studiosi tra il 2020-24 sono attesi in Italia altri 7.000 decessi per mesotelioma e ricordiamo per esperienza che i tumori d’amianto riconosciuti finora sono più di una decina.
    Anche in questo caso la prevenzione sarebbe semplice: basterebbe un piano nazionale di rimozione delle 40 milioni di ton. di amianto presenti in Italia a partire dai 400mila manufatti di amianto di scuole, ospedali, tubature, edifici pubblici. Questo sì che sarebbe una grande opera utile alla popolazione!
    Ma si sa che chi fa profitti sulla pelle dei lavoratori e della popolazione pensa ad altro e per il dio denaro si trova sempre chi è disposto a travisare la realtà a favore degli assassini. Lo vediamo ancora oggi nei Tribunali dove per le vittime del lavoro, del profitto, e dell’amianto l’ingiustizia continua.
    Che le industrie capitaliste finanzino studi di parte e nascondano, per ragioni di profitto, i danni che certe sostanze nocive usate nelle lavorazioni provocano a lavoratori e cittadini è ormai risaputo.

    Morti per cloruro di vinile monomero


    Interessante, è rilevare come durante il processo Montedison a Porto Marghera sugli omicidi dei lavoratori morti per cloruro di vinile monomero e sui crimini ambientali della laguna di Venezia iniziato il 13 marzo 1998, l’azienda nascose i dati sulla cancerogenicità e la relazione tra angiosarcoma e cloruro di vinile già dimostrata da studi condotti dalle stesse aziende chimiche produttrici e tenuta segreta senza avvisare i lavoratori e senza prendere nessun provvedimento per la salute.
    Le gravi conseguenze dell’esposizione al CVM, ipotizzate per la prima volta nel 1969 al Congresso Internazionale di Medicina del Lavoro di Tokio da un medico della Solvay, Pierluigi Viola, furono definitivamente confermate in Italia a seguito di un’indagine epidemiologica commissionata da Montedison all’Università di Milano, condotta nel 1971 dal prof. Cesare Maltoni negli stabilimenti di Brindisi, Marghera, Terni e colpevolmente nascoste per non intaccare i profitti della multinazionale.

    Non c’è da stupirsi che il capo redattore della rivista scientifica Lancet (una delle più autorevoli) abbia dichiarato recentemente che “…gran parte della letteratura scientifica, forse la metà, può semplicemente essere falsa”.
    Tutti i settori importanti dal punto di vista politico o economico, tutti i monopoli capitalisti/imperialisti cercano di occupare una posizione di potere in seno a governi, istituzioni, in determinati ambienti sociali o culturali per far prevalere la loro volontà e i loro interessi, finanziando le campagne elettorali dei politici e alcune ONLUS a loro favorevoli.

    La ricerca indipendente è strozzata, la stragrande maggioranza delle ricerche è finanziata da aziende private, sia per quanto riguarda l’attendibilità dei risultati, sia perché la ricerca è indirizzata a ottenere risultati spendibili sul mercato, non socialmente utili.
    Ad esempio lo stimolo può essere verso ricerche che portino a nuovi prodotti medici riguardanti patologie che statisticamente colpiscono pazienti con alto reddito oppure ricerche su temi che possano distrarre dai potenziali rischi di altri prodotti già in commercio.
    Quando si parla di scienza, sia fatta da uno scienziato, sia da un non addetto ai lavori, si ha sempre l’idea di parlare di qualcosa che non ha a che fare con la fallibilità umana, col conflitto d’interessi, con l’economia, con l’egemonia, con il capitalismo, con l’utilitarismo, con la produttività ecc. Questo è il grande errore.
    È come se pensassimo che, siccome il sistema giuridico si basa sul concetto de “la legge è uguale per tutti”, la magistratura e tutto il sistema giuridico fossero esenti da corruzione, errori, impedimenti, pressioni di potere.
    Nel capitalismo, la scienza, la medicina, le leggi i governi e le istituzioni sono espressione delle dinamiche economiche capitaliste, industriali, produttivistiche, politiche e militari. Sono al loro servizio, sostengono i loro interessi e le decisioni ricevendo in cambio lauti compensi.
    Oggi padroni e governi giustificano il peggioramento costante delle condizioni di vita e di lavoro dei proletari in tutti i paesi, prendendo a pretesto l’allungamento della vita media della popolazione. Dimenticano, o meglio, nascondono la realtà che nella società in cui ci sono ricchi e poveri, sfruttati e sfruttatori ci si ammala e si muore più giovani fra la classe proletaria.
    In una società divisa in classi dove il potere è in mano ai capitalisti il cui unico scopo è la realizzazione del massimo profitto, la scienza e la medicina non sono neutre, ma al servizio della classe dominante.
    Il comando capitalistico nei luoghi di lavoro e nella società fa sì che la scienza, la tecnologia, la medicina scientifica o pratica, quella privata o pubblica, ospedaliera o territoriale non è al servizio del progresso di tutte le classi sociali, ma è funzionale alle esigenze del capitale, al di là delle forme e dell’assistenza che fornisce e che comunque paghiamo.
    Per tumori o cancro del polmone, della laringe, della faringe, dell’intestino, dello stomaco, dell’utero, del seno e di tanti altri che colpiscono varie parti del corpo umano, è ormai ampiamente studiato e documentato che esiste una frequenza più alta di ammalati e morti nel proletariato, nelle classi più povere che in quelle più ricche.
    Oggi in piena pandemia di Covid 19 la situazione per le masse popolari si è ulteriormente aggravata.
    Con la trasformazione degli ospedali in reparti covid, le terapie intensive e i pronto soccorsi intasati dai contagiati, una persona giovane, e ancor più se anziana ma senza patologie, rischia di morire per una semplice polmonite non da covid o altre malattie curabili. Ci sono decine di migliaia di ammalati oncologici, di patologie respiratorie, di cancro rimasti senza cure. A molti sono state sospese addirittura chemio e radioterapie, mentre la maggioranza della popolazione ha ormai rinunciato a curarsi, a fare le visite di controllo o andare dal medico. Le conseguenze comporteranno nei prossimi anni un aumento dei morti a causa delle mancate diagnosi precoci. Basterebbe poco a salvare vite umane se la sanità e la medicina preventiva territoriale funzionassero.

    Lo sfruttamento sempre più intensivo degli esseri umani e della natura, la distruzione e l'inquinamento di boschi, foreste, mari, laghi, l’urbanizzazione di massa, gli allevamenti intensivi alle porte delle metropoli e i sempre più vasti mercati di animali vivi dentro le megalopoli ha fatto stragi mondiali.
    Oggi, e sempre più in futuro, accanto alle vecchie malattie tipiche della classe operaia e proletaria, quelle che da sempre affliggono le classi sfruttate, si generano nuove malattie su cui possono lucrare le industrie multinazionali del settore farmaceutico e affini a scapito della popolazione.
    Lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo impone anche ai medici e agli scienziati una scelta di campo. Nella lotta di classe si scontrano interessi antagonistici e due visioni del mondo e di società contrapposte, non è possibile rimanere neutrali: o si sta con gli sfruttati o con gli sfruttatori.

    Michele Michelino

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