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Cofferati: a ciascuno il suo mestiere!

(28 Ottobre 2005)

Una minifavela costruita in un quartiere periferico di Bologna, sulle rive del fiume Reno è stata fatta sgomberare con le ruspe su ordine del sindaco della città Sergio Cofferati.

Da quanto riportano le cronache e da dichiarazioni di esponenti di forze politiche della maggioranza, tra questi il vicesindaco della Margherita, la decisione è stata presa senza che la stessa giunta ne fosse stata informata.

Il sindaco impegnato nella sua dura battaglia per ripristinare la legalità, dopo aver presi di mira i lavavetri, ha deciso di dare un’altra prova della sua determinazione. Un uomo (maschio), solo al comando e con gli attributi. Già visto! Uomini, donne, bambini sono stati sgomberati, privati di un tetto, per quanto miserabile, senza alcuna alternativa.

Questi sono i fatti. Con buona pace di Ignazio Cipolletta : tutto il resto è solo una montagna di chiacchiere.

In un paese dove quote consistenti della ricchezza prodotta sono sottratte al fisco, dove in settori non marginali dell’economia il lavoro in nero è quasi la regola, dove aree importanti di intere regioni sono in mano alle organizzazioni criminali, dove il saccheggio del territorio causa continue tragedie, dove il capo del governo impone alla sua maggioranza, a ritmo serrato, nuove leggi per sottrarre alla giustizia se stesso e i suoi sodali, la battaglia per la legalità per il rispetto delle regole si fa sulla pelle di un pugno di disgraziati!

L’applauso delle destre non poteva essere più forte e convinto.
I poveri, come tutti sanno, sono brutti, sporchi e cattivi. La miseria è una brutta bestia e diventa ancor più brutta e minacciosa per quelli che l’hanno conosciuta in un recente passato. Essa diviene una contraddizione potente quando viene importata da altri paesi e fa mostra di sé nelle periferie degradate delle grandi città e delle metropoli; incontra e si scontra con le nuove povertà urbane, con una condizione generale di precarietà, che è la cifra del nostro tempo, e che viene generata dalla paura per un futuro sempre più incerto in un presente gravido di insicurezze e nel quale guerre e i disastri ambientali sono la cronaca quotidiana.

E’ la politica che qui deve mostrare la sua capacità più alta. Capacità di governare e di risolvere le contraddizioni, o almeno di attenuarle, facendo ricorso a quel patrimonio di intelligenza, di cultura, di attenzione ai problemi sociali che è una grande risorsa di questo paese.

Al principio astratto di una legalità feroce che ha trasformato i nostri mari in un cimitero di ossa senza nome, di cadaveri spolpati dai pesci, moltissimi che credono nei principi fondanti della democrazia di questo paese, hanno opposto sia oggi che in passato, un’altra idea di società, un altro modo di confrontarsi con i problemi del nostro tempo. L’hanno fatto in mille modi, nelle parrocchie come nelle case del popolo, nell’infinita trama di associazioni che rendono ricca la società civile. Queste persone hanno reso chiaro e trasparente con la pratica dell’accoglienza opposta al delirio xenofobo e razzista, che trova facile alimento e consensi nell’humus di paure e di egoismi da cui non è esente una parte del nostro popolo, che un’altra politica è possibile. Hanno disobbedito alla Bossi-Fini, hanno fatto quello che non hanno saputo fare gran parte degli intellettuali di questo paese quando di fronte alle leggi razziali del regime fascista per opportunismo e con la copertura ipocrita del rispetto della legalità, hanno chinato il capo. Hanno riempito le piazze del nostro paese richiamandosi alla costituzione e all’art.11, quando abbiamo preso parte a guerre criminali.

Alla retorica insulsa sulla legalità, hanno opposto l’idea di partecipazione, di coinvolgimento di tutte le risorse umane,politiche,sociali, per affrontare e risolvere problemi anche complessi.

Il Sindaco di Bologna, a cui bisognerà pur chiedere cosa pensa della Cgil di Di Vittorio che guidava i braccianti ad occupare le terre incolte dei Latifondi (magari pensa male e non lo dice, perché quelli erano comunisti) violando la legalità per costruire nuovi diritti,poteva, volendo, costruire un altro percorso.

Poteva mobilitare le risorse di una città straordinaria come Bologna, straordinaria per storia e cultura in Europa, per ricercare e trovare una soluzione condivisa, una soluzione capace di dare una risposta agli abitanti di Borgo Panigale e agli abitanti della favela rumena, pessimi vicini di casa, ma buoni per lavorare in nero, da clandestini, nei cantieri edili.

Qui non c’è alternativa tra radicali e riformisti, qui ci si divide solo fra chi mantiene forte un’idea di solidarietà e di giustizia, tra chi crede ancora in questi valori e li considera patrimonio comune delle culture che hanno prodotto la nostra costituzione, e chi va da un’altra parte. E come titola un famoso libro di S. Cofferati, “ a ciascuno il suo mestiere!”.

Daniela Ruffini
Assessorato alle politiche abitative, politiche dell'accoglienza e dell'immigrazione ed all'edilizia residenziale - Comune di Padova

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