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Per un indirizzo unitario della lotta di classe

(17 Agosto 2021)

Editoriale del n. 104 di "Alternativa di Classe"

Gkn

Logo del Collettivo di Fabbrica - Lavoratori Gkn Firenze

Se da inizio Luglio i licenziamenti collettivi stanno dilagando, da dieci anni a questa parte risulta dilagata la precarietà. Anche ora, che viene strombazzato dalle testate filogovernative l'avvenuto inizio della “ripresa post-pandemica”, la precarietà sta aumentando più che nella media degli ultimi dieci anni. Tale affermazione è suffragata anche dal recente Rapporto pubblicato dall'INAPP (Istituto Nazionale per l'Analisi sulle Politiche Pubbliche, l'ex ISFOL) il 16 Luglio scorso, intitolato “Lavoro, formazione e società in Italia nel passaggio all'era post-COVID19”.
Non si tratta certo di dati “di parte”, visto che stiamo parlando addirittura della “altra gamba” del Sistema Statistico Nazionale insieme all'ISTAT! Ebbene, tale Rapporto afferma che il massimo incremento della precarietà (+ 31,6 %) è stato registrato proprio dal 2014 al 2018, e cioè dal Jobs Act di M. Renzi fino alla fine della cosiddetta “crescita”... Dal 2008, anno in cui si è manifestata la crisi internazionale, fino al 2019, alle soglie della pandemia, mentre l'occupazione complessiva ha fatto registrare un lieve aumento, la precarietà (misurata sul numero dei contratti a termine) è aumentata del 36,3 %.
Il Rapporto INAPP ha tracciato, di fatto, un quadro generale della situazione della nostra classe veritiero quanto preoccupante. Assieme alle aumentate differenze di genere in relazione a salari e occupazione, alle carenze di inserimento lavorativo dei giovani, nonché dei soggetti deboli e svantaggiati, come ad esempio i disabili, si è registrato un calo dei redditi da lavoro, sia “normale” che atipico, con sacche, non certo trascurabili, di lavoratori poveri. Un quadro in cui il solo Reddito di cittadinanza, per quanto contraddittorio e limitato, ha rappresentato un elemento di controtendenza, e che, non a caso, sta subendo un attacco concentrico da politicanti e padronato.
Va detto con chiarezza che, infatti, a fronte del, pur limitato, trend di aumento della produttività verificatosi, le retribuzioni da lavoro hanno mostrato una “contrazione marcata”, e dai primi mesi del 2020 gli effetti della pandemia hanno peggiorato le condizioni di vita dell'insieme dei lavoratori e dei proletari in genere, che hanno retto solo grazie a sussidi e “ristori”, oltre che per il blocco dei licenziamenti, il quale, pur rivelatosi un “colabrodo”, è riuscito, perlomeno, a tutelare “i lavoratori più fragili”.
La attuale “ripresa post-pandemica”, al di là del fatto che la pandemia è tutt'altro che alle spalle, è legata, in realtà, solo all'aumento di rendite e profitti, dato che la “contrazione salariale” non è mai cessata, anzi... Per quanto riguarda, poi, il pubblicizzato “aumento dell'occupazione”, il Rapporto INAPP certifica che, nel trimestre che va da Marzo a Maggio '21, è il lavoro precario a risultare aumentato di 188mila unità, mentre quello stabile, “a tempo indeterminato”, è DIMINUITO di altre 70mila unità! Solo la differenza fra i due valori dà il famoso saldo positivo di “aumento” della occupazione.
Anche nel pubblico impiego il sostanziale blocco del turn over di questi anni ha determinato una diminuzione di 350mila unità in venti anni, di cui più della metà (cioè 212mila) negli ultimi dieci. L'età media degli occupati è passata dai 44 anni del 2003 agli attuali 50,7 anni, con una media del 18% di ultrasessantenni, presenti soprattutto nella sanità e nella scuola. Anche nel sistema pubblico la diminuzione dei salari reali, insieme a quella della occupazione, è servita a ridurre il costo del lavoro. Padroni pubblici e privati in perfetta sintonia!...
Le risposte che INAPP propone per questa situazione, ovviamente si inscrivono tutte nella politica padronale, per la quale si tratta, in sostanza, di “lavorare”, ancora una volta, su investimenti, formazione e ricerca. In pratica, gli stessi temi promossi dai sindacati confederali, e che servono per sviluppare l'informatizzazione e le altre cinque “Mission” del PNRR, varato dal Governo Draghi (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IX n. 101 a pag. 2), e citato espressamente dal Presidente INAPP, S. Fadda, nella sua relazione alle Camere. ...E il cerchio si chiude.
In realtà la situazione descritta ha rappresentato per i proletari il contesto in cui dal mese scorso sono riprese le formalizzazioni dei licenziamenti collettivi. La tracotanza padronale, che ha proceduto ad esse attraverso semplici e laconiche comunicazioni dirette, per via digitale (e-mail o, addirittura, WhatsApp), è figlia degli attuali rapporti di forze, consolidati dall'aperto sostegno ricevuto dall'intero quadro politico parlamentare, espresso dal Governo Draghi, oltre che dall'atteggiamento sostanzialmente connivente degli apparati nazionali confederali.
La firma delle “parti sociali” all'Avviso comune del 29 Giugno, recepito dal “Decreto Lavoro” del 30 Giugno, ha spalancato la strada a questa nuova metodologia, più spiccia, per la vecchia pratica dei licenziamenti, limitandosi al consiglio alle aziende di utilizzare la Cassa in deroga, peraltro gratuita per loro. Per gli apparati confederali il problema è tutto di metodo, e, al massimo, invocano una rapida approvazione della “riforma degli ammortizzatori sociali”.
Nel frattempo, aumentano i “tavoli di crisi” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IX n. 103 a pag. 1) presso il Ministero dello Sviluppo Economico (MiSE), divenuti oggi più di cento, con decine di migliaia di lavoratori coinvolti. L'epicentro di questo “terremoto” è proprio la Lombardia, da cui proviene il Presidente di Confindustria, C. Bonomi, che anelava al ritorno del “licenziamento libero”.
E l'elenco, iniziato con Gianetti Ruote, Henkel, GKN, si è allungato con innumerevoli casi; situazioni diverse fra loro, ma accomunate tutte dalla esigenza padronale di chiudere gli stabilimenti e disfarsi, così, della manodopera ormai spremuta a sufficienza, e perciò divenuta costo “insostenibile” ed inutile spesa.
Non va dimenticato che il 31 Ottobre scadrà la proroga del blocco dei licenziamenti anche per tutti gli altri settori diversi da edilizia e manufatturiero, completando il misfatto e rendendo davvero di massa la disoccupazione. Se ne ricorda bene il Governo Draghi, che intende approvare prima di quella data la nuova “riforma” degli ammortizzatori sociali, buoni, come suggerisce la stessa denominazione, ad ammortizzare, a ridurre la rabbia sociale, legata alla perdita della fonte di sostentamento, dei lavoratori giudicati “in esubero” dalle aziende.
Governo e sindacati complici sperano in tali modi di annacquare la giusta rabbia contro i padroni, facendo precedere i licenziamenti da diverse tempistiche e modalità di cassa integrazione, in modo da dividerli tra loro e diluirli nel tempo, per fare sentire isolati i lavoratori “esuberanti”, e poi magari accompagnarli nella disoccupazione con qualche sussidio legato ad illusori corsi di formazione, meglio se gestiti direttamente dagli stessi sindacalisti.
Certamente per i lavoratori legare le proprie prospettive di vita agli istituzionali “tavoli di crisi”, che preludono a tali percorsi, è desolante quanto pericoloso! Bene sta facendo il Collettivo di Fabbrica della GKN, che ha capito gli intendimenti della proprietà, ed è in assemblea permanente nello stabilimento, mantenendo fin dall'inizio buoni livelli di mobilitazione, aperta alla solidarietà attiva, anche in questo difficile e caldo periodo estivo. La sera di Mercoledì 11, infatti, sono riusciti a portare ancora ben 4mila persone in piazza a Firenze... Hanno capito l'importanza di una risposta di lotta, organizzata, realizzando che i padroni “se sfondano qua, sfondano da tutte le parti”!
E' importante che da tutti gli stabilimenti, siano in crisi o meno, si attivino percorsi di lotta in sintonia, oltre che di appoggio, con tale realtà. Non si tratta del modello unico, da riprodurre pedissequamente, ma va colto come esempio il fatto che, a partire dalla necessaria occupazione della fabbrica, i lavoratori, invece di affidarsi alle mediazioni istituzionali, hanno individuato una seconda, ulteriore, forma di lotta, efficace rispetto alla situazione data; in questo caso, il blocco dell'uscita dei macchinari aziendali.
In molte realtà lavorative sono all'ordine del giorno abusi e discriminazioni legati al “Green pass”, che ingiustamente addossa al singolo lavoratore le responsabilità sul contagio pandemico, quando, invece, i luoghi di lavoro nella “prima ondata” si sono contraddistinti per assenza di prevenzione da parte dei “datori di lavoro”, divenendo spesso focolai di diffusione del COVID-19. Addirittura nella scuola si è arrivati a sancire il licenziamento del lavoratore privo di “Green pass”!...
In altre realtà lavorative sono all'ordine del giorno l'assenza di sicurezza, favorita anche dal grande caldo, rispetto al quale troppo spesso mancano misure preventive, e la diffusione di malattie professionali. I morti sul lavoro, gli omicidi bianchi, continuano a scandire il passare delle settimane, trasformando il lavorare in guerra quotidiana.
L'obiettivo padronale è sempre quello di continuare a contrastare la caduta del saggio di profitto, scaricando i costi, in termini di vivibilità, su lavoratori e proletari in genere. Non c'è dubbio, comunque, che la centralità sia rappresentata oggi dall'incremento dei licenziamenti collettivi, ed è per questo che è opportuno che ogni lotta vada a ricercare termini di unità con tutto il resto della classe. E pare oggettivo che, su questo piano, la lotta della GKN si stia ponendo come situazione più avanzata.
In questo difficile momento, vi è, però, un altro fatto positivo. E' stata individuata, da parte di tutto il sindacalismo di base un'unica scadenza per uno sciopero generale: quella del 11 Ottobre p. v. Tale dato di fatto pare poter escludere che si tratti della solita rituale scadenza priva di effetti pratici, cui molte formazioni sindacali minori ci avevano abituato. Vi è, inoltre, il fatto che si va ad inserire in un momento di ripresa della conflittualità, e perciò potrebbe essere vissuta nei territori come uno dei passaggi di un'unica lotta, né il primo, e né l'ultimo!...
Si registrano già oggi iniziative locali e/o parziali fissate da ambienti confederali, o almeno limitrofi, proprio per tale data. Visto l'atteggiamento di fondo di CGIL, CISL e UIL, ad evitare uno svuotamento della scadenza, si tratta di ricomprenderla da subito nei percorsi delle lotte diffuse, non per una scelta tout court a favore del sindacalismo di base, ma in quanto unica scadenza, ad oggi, che possa rappresentare un tentativo di livello superiore della mobilitazione.
Del resto, appare davvero difficile che, sul piano nazionale, i sindacati confederali, ed in particolare la CGIL, affrontino la propria crisi interna con il ricorso alla mobilitazione e chiamando alla lotta. Il decreto correttivo, ora in discussione, che, in sostanza, obbligherebbe ad un preavviso sui licenziamenti, pare rappresentare il terreno di massima mediazione possibile per sindacati che hanno a cuore soprattutto, se non esclusivamente, il riconoscimento istituzionale.
Invece, l'urgenza delle cose incalza, e lo dimostrano i livelli di repressione contro le lotte più conseguenti, richiesti dal padronato e raggiunti con il ricorso anche a squadre private di picchiatori e con il recente assassinio di Adil Belakhdim. Bisogna, dunque, che, con la scadenza del 11 Ottobre e nei percorsi precedenti e successivi, il sindacalismo di base e conflittuale, nel suo complesso, cominci davvero a smettere con dispute e personalismi, dimostrando una consapevolezza diversa e maggiore.

Alternativa di Classe

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