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(29 Agosto 2021)
La questione del green pass non è stata solo un’efficacissima arma di distrazione di massa, ma ha ulteriormente rafforzato il blocco sociale dominante della grande borghesia che – controllando praticamente tutte le casematte necessarie per l’egemonia sulla società civile – ha ancora una volta imposto al dibattito pubblico e politico un tema che non mette in questione il suo dominio economico, sociale e politico.
Che il pensiero dominante sia il pensiero della classe dominante è stato ulteriormente dimostrato dal fatto che non solo la politica politicante ha sprecato gli ultimi mesi a scontrarsi sul green pass, ma tale questione, decisamente secondaria, ha finito per apparire centrale anche a diversi militanti della sinistra radicale. Come ha osservato a ragione Tommaso Nencioni: “perfino nel travaglio che condusse al centro-sinistra degli anni ‘60 i partiti si concessero una pausa estiva all’ombra del celebre «governo balneare»” [1]. Proprio perciò, non può che apparire “sconcertante che nell’estate più politicizzata della nostra storia recente il dibattito si polarizzi attorno a piccole restrizioni da imporre a chi volesse consumare un caffè ad un tavolino all’interno di un bar, come si trattasse della madre di tutte le battaglie. È il mondo alla rovescia della politica neoliberale, che fa passare per tecnicismi scelte politiche dirimenti e si avviluppa con toni apocalittici attorno a fatti di costume marginali. Forze politiche completamente avulse dalla realtà del paese si fanno dettare l’agenda da grandi corporazioni mediatiche” [2]. Perciò il reale dato di rottura del nuovo ordine mondiale neoliberista deve essere “colto nell’impermeabilità delle sue istituzioni al conflitto sociale e redistributivo. In un tale quadro istituzionale il capitale inserisce il pilota automatico, e la politica annaspa a favore di telecamere attorno a fatterelli di colore” [3].
Anche gli insegnanti, da diverso tempo poco attivi sul piano della mobilitazione, sembrano essersi risvegliati e hanno ripreso un animoso dibattito sull’imposizione del green pass ai lavoratori della scuola. In altri termini tale questione non è stata solo un’ottima arma di distrazione di massa, ma ha ulteriormente rafforzato il blocco sociale dominante della grande borghesia che – controllando praticamente tutte le casematte necessarie per l’egemonia sulla società civile – ha ancora una volta imposto al dibattito pubblico e politico un tema che non mette minimamente in questione il suo dominio economico, sociale e politico.
Particolarmente insidiosa è stata la messa all’ordine del giorno dei lavoratori salariati, in primo luogo a quelli della scuola e ai loro rappresentanti sindacali, della spinosissima questione se accettare o meno l’imposizione del green pass. Anche perché si tratta del modello di dibattito “democratico” decisamente favorito dalla classe dominante, attraverso l’imposizione alle classi subalterne di una questione che li pone dinanzi all’imbarazzante necessità di vedersi costrette a scegliere fra peste e colera. Prendere una posizione contraria ai green pass avrebbe portato i lavoratori e i loro rappresentanti a essere facilmente accusati di essere dalla parte dei no-vax, peraltro, decisamente egemonizzati in Italia dalla destra radicale. Una tale presa di posizione avrebbe favorito la solita ideologia della classe dominante, per cui chi si oppone al loro dominio e/o difende gli interessi dei subalterni sarebbe un conservatore, o addirittura un reazionario. Nel caso specifico un oscurantista oppositore dello stesso progresso scientifico, anzi un negazionista della “scienza”.
Al contrario schierarsi con il pensiero unico dominante, il padronato e buona parte della classe dirigente politica a favore dell’imposizione ai soli lavoratori salariati del green pass, significa di fatto accettare il clamoroso scaricamento delle gravissime responsabilità della classe dominante e dirigente – assolutamente incapace a far fronte alla pandemia – sui singoli e, in primo luogo, sui lavoratori salariati, in particolare sugli intellettuali sempre più proletarizzati impegnati nella pubblica istruzione. Questi ultimi debbono essere tenuti costantemente sotto botta e resi impopolari dinanzi all’opinione pubblica, in quanto la scuola è una delle casematte decisive per l’egemonia sulla società civile, indispensabile alla classe dominante. Così, ancora una volta additati a untori e a principali responsabili del sostanziale fallimento del diritto all’istruzione durante la pandemia, gli insegnanti hanno fatto da parafulmine per le enormi e decisive responsabilità della classe dirigente politica e dominante economica per tutte le principali gravissime disfunzioni della scuola pubblica.
Infine, cosa ancora più grave è stata quella di riuscire, imponendo questa insidiosissima questione, a dividere i nemici di classe, indebolendo ulteriormente i subalterni su posizioni entrambe molto discutibili e sostanzialmente irrazionali, utili perciò a rafforzare dei privilegi classisti destinati a divenire, anch’essi, sempre più irrazionali.
In primo luogo l’insidiosa questione andava rigettata al mittente, in quanto non si capisce per quale motivo dovrebbero essere i lavoratori dipendenti a dover mostrare il green-pass per non vedersi decurtare i salari – già generalmente ridotti a quanto puramente necessario a riprodurre la classe subalterna nel sul complesso – o per non essere demansionati, trasferiti o, addirittura, licenziati. Come se i principali responsabili della gravissima crisi amplificata dalla pandemia, di quest’ultima e della sua criminale mala gestione fossero i subalterni e non chi detiene il potere. Tanto più che è un’imposizione del tutto arbitraria e criminalizzante imporre il green pass ai lavoratori della scuola e, in particolare, agli insegnanti che sono fra le categorie più vaccinate in assoluto. Senza contare che la ristretta minoranza dei non vaccinati dipende quasi esclusivamente dalla modalità, al solito punitiva e del tutto disastrosa, con cui è avvenuta la vaccinazione della grande maggioranza dei lavoratori della scuola.
In secondo luogo aver imposto, per il momento, ad alcune categorie di lavoratori salariati il green-pass è funzionale allo Stato del grande capitale finanziario che – dopo non aver fatto nulla in termini di prevenzione, di tracciamento, di isolamento e di cura della pandemia, dopo non aver aumentato i mezzi pubblici e ridotto il numero di alunni per classi – non si vuole assumere la responsabilità di imporre un generalizzato obbligo vaccinale, in quanto non intende far fronte agli oneri degli eventuali effetti collaterali prodotti da vaccini sostanzialmente ancora in via di sperimentazione. È così il singolo lavoratore a dover sottoscrivere l’impegno ad assumersi tutti gli effetti negativi di una vaccinazione, di cui si assicura solamente la magra consolazione che statisticamente i benefici saranno superiori ai danni.
Peraltro l’obbligo del green pass è, in prospettiva, strettamente legato agli interessi delle grandi case farmaceutiche che stanno facendo di tutto per rendere obbligatorio un richiamo a cadenza annuale del vaccino. Tanto più che la validità del pass per i vaccinati è di soli nove mesi. In tal modo, si violano apertamente le raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale della sanità che sta portando avanti una campagna, di assoluto buon senso, per cercare di convincere i paesi imperialisti o filo-imperialisti a distribuire i vaccini ai paesi subalterni, piuttosto che preoccuparsi in primis dei richiami per i già vaccinati. Tanto più che i richiami divengono necessari proprio a causa della mutazione del virus in quei paesi in cui non si ha la disponibilità economica per una vaccinazione di massa o in cui si è puntato, in modo criminoso, all’immunità di gregge.
In tal modo, rischia di imporsi la posizione più improntata al pensiero unico neoliberale della Gran Bretagna che punta all’immunità di gregge per i propri cittadini, eliminando ogni divieto che possa contrastare la brama di profitto immediato, mirando a costringere i propri cittadini a vaccinarsi ogni anno e abbandonando i paesi subalterni al loro tragico destino. Senza calcolare che è proprio questa posizione cinica, in cui si lanciano odi all’avidità, la prima e principale responsabile della diffusione di varianti sempre più contagiose.
Senza contare che, più in generale, si è dimostrata irrazionale se non criminale la scelta dei paesi imperialisti occidentali di puntare esclusivamente sulla vaccinazione di massa, con i vaccini – naturalmente – prodotti con soldi pubblici dalle multinazionali con base nei loro territori. In tal modo non si è fatto, ovviamente, nulla per cercare di arginare i rischi di pandemie e si è fatto di tutto per occultare le loro cause reali. Si tratta di cause che vanno individuate proprio nel modo di produzione capitalistico in cui qualsiasi cosa diviene funzionale alla brama di profitto privata. In tal modo, si impone un tale livello di sfruttamento della natura, in primis con gli allevamenti intensivi, che favoriscono i salti di specie dei virus, che sono stati protagonisti delle ultime pandemie. Peraltro il green pass, quale arma di distrazione di massa, ha occultato “due aspetti fondamentali che hanno comunque a che fare con la pandemia: che siamo di fronte a un nuovo aumento dei contagi, da noi come nel resto del mondo, e che non si sta facendo nulla per incidere sulle cause globali che hanno portato alla pandemia stessa” [4].
Puntare tutto sui vaccini significa continuare a tagliare e impedire un reale sviluppo di ogni forma di prevenzione, dal momento che Big Pharma ha bisogno di un numero sempre più ampio di malati per massimizzare i propri profitti. Allo stesso modo, sono stati progressivamente ridotti la indispensabile medicina territoriale, la medicina del lavoro e i presidi sanitari nelle scuole.
Senza contare che “l’«esitazione vaccinale» non è questione che si può derubricare a fenomeno marginale, estremistico, finanche folkloristico. E se questa si alimenta sulle fake news, sul complottismo e più banalmente sulla mancanza di conoscenza e di certezze, non per questo la si può irridere nel nome di una sapienza superiore” [5]. Del resto, “uno dei principali fattori che motiva l’esitazione vaccinale è la paura, associata alla sfiducia. Questa, tra l’altro, è maggiore tra le «minoranze» di ogni tipo, tra i più marginalizzati, tra gli esclusi. Che sono, probabilmente, quelli che più hanno sofferto del virus (…).
“Storicamente, sono quelli che più hanno sofferto la mancanza o l’inefficacia delle politiche sanitarie e sociali pubbliche” [6]. Senza contare che “non si convincono gli indecisi obbligandoli, perché non si va ad incidere sulla loro esitazione. […] si è preferito usare una «scorciatoia» che deresponsabilizza l’autorità pubblica, scaricando l’onere sulla società. […] All’incertezza e alla paura, sulle cui braci che covano soffia ovviamente la destra, si è preferita una cultura dell’imposizione” [7].
Note:
[1] Nencioni, Tommaso, Se il green pass funziona come arma di distrazione, in “Il manifesto” del 5.08.2021.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
[4] Pier Giorgio Ardeni, Forzare non è prova di saper dirigere, ma solo controllare, in “Il manifesto” del 8.08.2021.
[5] Ibidem.
[6] Ibidem.
[7] Ibidem.
Renato Caputo - la Città futura
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