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No al green pass: inefficace contro il virus, utile solo a distrarre, dividere e reprimere i lavoratori

(14 Agosto 2021)

infermiere in sciopero

Come mesi fa siamo stati contrari al decreto Draghi che ha stabilito l’obbligo di vaccinazione per il personale sanitario, e abbiamo difeso gli infermieri che si sono opposti ad esso; così ora siamo contro il green pass in quanto strumento di propaganda inefficace nel contrasto del Covid-19, e utile soltanto a deviare l’attenzione dell’opinione pubblica e a scaricare sui singoli (in primo luogo sui proletari scettici sul vaccino, spaventati, disinformati o più semplicemente impossibilitati a vaccinarsi) la responsabilità e i costi in termini repressivi dei disastri prodotti da stato e padroni, prima e durante la fase pandemica. Disastri che sono indissolubilmente connessi al modo di produzione capitalistico, al caotico aggrovigliarsi delle sue contraddizioni e alla sua natura devastatrice e predatoria, fondata sulla massimizzazione dei profitti a discapito di qualsiasi tutela della collettività, ivi compresa la salute e la vita dei lavoratori e, con essi, dell’intera specie umana.

La pandemia/sindemia da covid-19 è infatti il prodotto di una serie di fattori predisponenti tutti riconducibili ai meccanismi del capitalismo, e per questa ragione ci siamo fin dall’inizio battuti per metterne in luce le cause (ciò di cui pressoché nessuno si occupa), e per sostenere l’auto-difesa della propria salute da parte dei lavoratori.

In coerenza con questo inquadramento della pandemia, dal febbraio 2020 ci siamo battuti contro padroni e padroncini, proprietari e direttori di case di cura in testa che, mettendo il profitto al di sopra della salute e della vita delle persone, volevano tenere tutto aperto, una pretesa che ha provocato migliaia e migliaia di morti – bestia chi non li vede, o li mette tra parentesi. Abbiamo rivendicato l’osservanza di dispositivi e misure di sicurezza ben più stringenti di quelle concordate tra sindacati concertativi, padroni e governo. Nella logistica il SI Cobas ha dato indicazione ai lavoratori di astenersi dal lavoro fino all’attuazione di misure di protezione dal e prevenzione del contagio, ed anche in diverse fabbriche metalmeccaniche gli operai hanno scioperato per avere mascherine e disinfettanti – diventati, in quel quadro, i soli mezzi di autodifesa, dopo lo sciopero, avendo il governo Pd-Cinquestelle rinunciato ad interventi draconiani di tipo “cinese” o “coreano”. Alcuni lavoratori hanno pagato questa decisione di lotta, l’aver posto la propria vita al di sopra del profitto del padrone, con la perdita del salario, altri anche con il licenziamento. In molte migliaia, a cominciare dagli ospedali, hanno pagato con la vita l’assenza/insufficienza delle misure di protezione.

Nel contempo ci siamo battuti, anche tra i lavoratori, contro le ideologie e le leggende metropolitane di stampo complottista che negavano in radice l’esistenza di una pandemia e di una caterva di morti da essa provocati. Il “complotto” – la macchinazione ai danni dei proletari – contro cui ci siamo battuti è stato quello, ben tangibile, concluso tra Confindustria e politici-amministratori per continuare la produzione di profitti come se nulla stesse accadendo, sulla pelle di chi lavora e delle loro famiglie (vedi Bergamo). Il “complotto” – la macchinazione ai danni della stessa specie umana – che abbiamo denunciato è quello che riconduce non all’industria farmaceutica presa a sé stante, ma al capitalismo nel suo complesso che, forzando e devastando la natura, crea condizioni favorevoli alla formazione di sempre nuovi virus e alla loro diffusione a scala mondiale.

Abbiamo denunciato e combattuto l’uso capitalistico della pandemia, e la sua gestione, che è stata da un lato criminale, dall’altro del tutto inefficiente. Criminale perché, nonostante lo scoppio della pandemia, si è imposto di mantenere gran parte dei settori produttivi aperti e funzionanti. Inefficiente perché con i lockdown a singhiozzo, l’uso contraddittorio e irrazionale delle mascherine, la frammentazione del sistema sanitario nazionale in tanti sistemi regionali, una informazione di regime tanto ossessiva quanto caotica, tutto hanno fatto gli apparati statali e governativi salvo che contrastare la propagazione dell’epidemia. Per non parlare dello spregiudicato uso repressivo dell’“emergenza” contro le lotte proletarie, prima ancora che contro le libertà individuali.

Poi sono arrivati i vaccini, presentati dai poteri costituiti come l’arma miracolosa, la soluzione finale contro il Covid-19. Noi abbiamo rifiutato da subito la propaganda governativa che per mesi non si è neppure posta la questione costi-benefici, presentando i vaccini approvati dalle autorità preposte in Italia e nell’UE come del tutto sicuri ed efficienti, evitando di chiarire alla popolazione che la sicurezza, per i vaccini come per tutti i medicinali, non può mai escludere reazioni avverse, il cui rischio può essere valutato solo in relazione ai danni che la loro somministrazione permette di evitare.

Il 17 aprile scorso, insieme con l’Assemblea delle lavoratrici e dei lavoratori combattivi ed il SI Cobas, abbiamo dato vita a una giornata di contro-informazione, denuncia e organizzazione delle lotte in cui abbiamo chiarito che, per noi, i vaccini rappresentano un’arma utile, ma non sufficiente.

Per venire a capo di questa e di altre prevedibili pandemie è indispensabile: 1) aggredirne le cause; 2) battersi all’ultimo sangue contro le politiche degli ultimi decenni di mercificazione e precarizzazione della salute, contro un sistema sanitario aziendalizzato, ospedalocentrico, e frammentato regionalmente, per un sistema sanitario effettivamente universale, pubblico e gratuito, fondato sulla prevenzione delle malattie (a cominciare dai luoghi di lavoro, sempre più pericolosi e mortali) e sulla costruzione di una medicina del territorio centrata sui bisogni della classe lavoratrice; 3) imporre la chiusura immediata di tutte le attività produttive e di tutti i luoghi di lavoro in cui si verificano focolai di contagio, con la garanzia del salario per tutti i lavoratori interessati.

Il governo Draghi, al pari degli esecutivi di tutte le principali potenze imperialiste, si muove nella direzione esattamente opposta. Presenta i vaccini come l’arma miracolosa necessaria e sufficiente a debellare il Covid-19, con un’operazione di propaganda mirata a nascondere i punti deboli della campagna vaccinale, a partire dal fatto, oramai evidente, che le persone vaccinate non sono tutte immunizzate dalle nuove varianti, e se contraggono la variante Delta, sono contagiose più o meno quanto le persone non vaccinate (sebbene le prime saranno tre volte meno numerose, in proporzione). Dato che la variante Delta è almeno tre volte più contagiosa del Covid-19 originario, la velocità del contagio non diminuisce; anche se esso è meno pericoloso per i vaccinati, rimane un grave pericolo per i non vaccinati.

Tutto ciò con uno scopo ben preciso: accelerare il più possibile il ritorno alla “normalità” necessaria a far ripartire i profitti e il ciclo di accumulazione capitalistica, a ripristinare la “libertà” del mercato e a “liberarsi” dalle restrizioni e dai costi economici (d’impresa) connessi con le misure di prevenzione dal contagio (tamponi, mascherine, distanziamento fisico, sanificazione dei locali, ecc.). A riprova di ciò, non possiamo non sottolineare come la ricerca frenetica di un antidoto valido “qui ed ora” abbia prodotto come esito l’avvio della campagna vaccinale nel pieno del picco pandemico, anziché avviarla al termine di un rigoroso lockdown capace di abbattere in modo significativo la diffusione del virus.

Nelle ultime settimane l’enfasi dell’azione di governo e Confindustria è caduta sul green pass. Ma avere il green pass non è la garanzia di essere immuni, come vogliono far credere Draghi&Co., e tantomeno la garanzia di non essere contagiosi: fingono che entrare col green pass in autobus, metrò e treni affollati, o nei ristoranti (aumentandone così la percentuale di riempimento), sia sicuro, soltanto per far fare l’en plein a ristoratori e negozianti. Noi riteniamo, invece, che anche in vista di una possibile cronicizzazione della pandemia, andrebbero prese una serie di misure straordinarie – ad es. il raddoppio dei mezzi di trasporto pubblici, la costruzione immediata di strutture diffuse di medicina territoriale, la messa a disposizione di una quantità di nuovi spazi per le scuole – per rendere più sicuri i trasporti, i luoghi di lavoro, le scuole alla ripresa, e le strutture sanitarie e di cura.

Da questo punto di vista, è davvero paradossale la posizione dell’associazione dei presidi. Dopo essersi mostrata la più zelante nel sostenere l’obbligo vaccinale per i docenti, adesso che il green pass stabilisce la responsabilità dei presidi nel controllare che l’obbligo sia rispettato (e istituisce anche le multe in caso di inadempienza), fa sentire la propria protesta, chiedendo assunzioni di personale ad hoc. Si arriva così all’assurdo per cui, invece di fare assunzioni di personale docente e destinare risorse per ampliare gli spazi garantendo in tal modo la sicurezza effettiva, le risorse dovrebbero essere impiegate per far rispettare un obbligo inefficace e autoritario, che ha il solo scopo di spegnere i riflettori sulle cause reali che amplificano il rischio contagio, per accenderli strumentalmente sulla pretesa responsabilità individuale dei singoli.

Tutta l’enfasi che il governo e i suoi galoppini stanno ponendo sul green pass, più che a controllare i movimenti dei cittadini (già controllati dalla miriade di “grandi fratelli” costituita dalle app degli smartphone, che sanno letteralmente tutto di noi), è funzionale a far marciare la stagione turistica da cui dipende un settimo del PIL italiano e dei profitti della borghesia.

Il green pass, quindi, non è la superarma contro il contagio, mentre è certamente un’arma di repressione dei lavoratori. La punizione degli insegnanti con la sospensione senza stipendio e la minaccia del licenziamento e misure analoghe contro i lavoratori della sanità sono un chiaro esempio di questa funzione, che va decisamente respinta. La stessa cosa vale per la pretesa di Confindustria di selezionare il proprio personale in base alla vaccinazione: i padroni vogliono utilizzare il green pass obbligatorio non certo perché hanno a cuore la salute dei lavoratori, ma per abbattere anche quelle poche misure di prevenzione della diffusione del virus che hanno preso (dove le hanno prese), e disfarsi dei “propri” operai e dipendenti più deboli di salute e/o renitenti alla vaccinazione. E non c’è che da salutare con piacere i primi scioperi operai su questo terreno.

A fronte delle paure e dei timori diffusi, occorre fornire a tutti, anche con iniziative specifiche, le informazioni sui vaccini, sul loro fattore di rischio che è in generale, ad avviso di tutti gli scienziati e gli studiosi di cui ci fidiamo, nettamente inferiore ai loro benefici – il traffico stradale e il lavoro sotto capitale hanno fatto migliaia di vittime ancora in questi mesi; le vittime da vaccinazione si contano sulle dita una mano. In assenza di rilevanti focolai epidemici, la scelta di vaccinarsi non deve essere una imposizione. La vaccinazione deve essere il frutto di una decisione informata e consapevole, salvaguardando coloro che hanno patologie che aumentano la rischiosità dell’inoculazione. Il fatto che una persona abbia timore di vaccinarsi non può essere motivo di sanzioni.

Il green pass rappresenta invece un’abile scappatoia per imporre un obbligo de facto, che serve da un lato a scaricare l’onere della scelta sui singoli, dall’altro a garantirsi un salvacondotto per ogni responsabilità a carico dello stato (che, ripetiamo, resta il primo responsabile della diffusione incontrollabile della pandemia) e per ogni imprevisto derivante dalla campagna vaccinale.

E’ evidente, quindi, che il nostro no al green pass muove da ragioni e si fonda su interessi non semplicemente diversi, bensì radicalmente contrapposti a quelli portati in piazza dai no-vax, no-mask e no-greenpass. La nostra lotta per la tutela reale ed effettiva della salute dei lavoratori con tutte le armi a disposizione, la nostra denuncia della strumentalità, insufficienza e ipocrisia delle misure governative, e la protesta di chi va in piazza al seguito dei ristoratori rivendicando la “libertà” di far ripartire a tutti i costi la movida estiva (e magari di sfruttare i propri dipendenti al nero a 3 euro l’ora), non sono due “diverse sfumature” di una comune battaglia contro le misure del governo: sono espressione di analisi della pandemia e di interessi di classe oggettivamente inconciliabili.

Abbiamo da subito rifiutato le fandonie negazioniste e complottiste che circolano sui social sulla natura immaginaria, cospirativa, tutta politica, della pandemia. I fatti sono questi, e nessuna “interpretazione” è in grado di negarli: il virus del Covid-19, armatosi delle varianti Delta e Lambda, ha contagiato oltre 200 milioni di persone nel mondo e provocato 4,2 milioni di morti ufficiali (ed è opinione fondata che il numero effettivo dei morti sia un multiplo di questo). E forse la storia non è finita qui. In Italia e nei paesi ricchi i vaccini stanno frenando ricoveri ospedalieri e morti, ma non riescono a impedire la rapida espansione dei focolai di contagio, mentre le autorità sanitarie continuano a disertare il lavoro di tracciamento dei contagi e a puntare tutto, anche per il futuro, su una sanità ospedalo-centrica nella quale la prevenzione e la medicina territoriale sono relegate ad un ruolo insignificante (vedi PNRR).

Sempre sulla base dei fatti, rifiutiamo anche la tesi che gli attuali vaccini siano totalmente “improvvisati”, totalmente sperimentali (i vaccini contro i coronavirus sono allo studio da un paio di decenni) e quanto mai pericolosi. Dai primi dati attendibili risulta che i vaccini autorizzati riducono a circa un terzo la possibilità di contrarre il contagio, e ad almeno ¾ il rischio di forme gravi di malattia e di morte. Un risultato rilevante, che non rifiutiamo solo perché se ne sono appropriate alcune grandi multinazionali del farmaco che stanno facendo una pandemia di profitti, così come non rifiutiamo la lavatrice solo perché la producono imprese capitalistiche divenute (con la loro produzione) dei giganti multinazionali, magari opponendo ad essa lo splendido lavaggio femminile a mano dei panni.

Dunque, i vaccini attuali proteggono dall’infezione Covid-19, in particolare riducendo al minimo le forme gravi che necessitano di terapie intensive o che conducono al decesso, a fronte di un numero enormemente più basso di reazioni avverse gravi. Questo dato di fatto, provato dall’esperienza di massa dei paesi dove la campagna vaccinale è più estesa, dimostra l’assurdità reazionaria di quanti continuano a cianciare dei disastri prodotti dal vaccino attraverso una campagna di disinformazione che è speculare (e paradossalmente complementare) al trionfalismo “vaccinista” del governo Draghi.

A conferma di ciò, basta dare uno sguardo al panorama internazionale per capire come stanno le cose. I paesi imperialisti, che da sempre sono al vertice della gerarchia del dominio mondiale, si sono prontamente accaparrati la gran parte delle dosi vaccinali disponibili, anche a costo, come nel caso di Israele, di pagare alle case farmaceutiche prezzi molto più alti di quelli correnti. Come conseguenza, a mano a mano che volgiamo lo sguardo ai paesi della periferia capitalistica, da sempre subordinati, sfruttati e depredati di ogni loro risorsa, vediamo che la percentuale di popolazione vaccinata è sempre più esigua (Iraq: 0,97%; Siria: 0,05%; Africa: 1%; Libano: 12,5%). L’esempio di questo “imperialismo dei vaccini” è rappresentato in modo incontrovertibile proprio da Israele: mentre Tel Aviv si appresta a somministrare la terza dose ai propri cittadini, la popolazione palestinese è ferma a circa l’1% di vaccinati, si impedisce che i vaccini entrino a Gaza e in Cisgiordania con ogni pretesto, da quello che gli accordi di Oslo riservano all’ANP la questione sanitaria, al semplice blocco alla frontiera, alla fornitura col contagocce di vaccini prossimi alla scadenza. Se le tesi dei no-vax avessero qualche fondamento, saremmo in presenza di un improvviso capovolgimento dei rapporti di dominio: i paesi imperialisti che si suicidano in massa, a cominciare dagli esponenti della borghesia, e lasciano africani, palestinesi, iracheni, siriani, libanesi, ecc. senza vaccini per farli finalmente prosperare e mettere fine al neo-colonialismo, all’oppressione e allo sfruttamento di cui li hanno sempre fatti oggetto. Un quadro assurdo, che getta nel ridicolo ogni interpretazione volta a individuare nei vaccini non uno strumento, per quanto incompleto e difettoso, per combattere la pandemia ma, paradossalmente, il vero rischio da cui difendersi. Noi facciamo nostre, invece, le richieste provenienti dagli sfruttati del Sud del mondo di un accesso universale e gratuito ai vaccini, e della cancellazione dei brevetti.

Nelle manifestazioni di piazza delle ultime settimane le tesi che consideriamo infondate o anche demenziali sono state ben presenti, mescolandosi con altre un po’ più articolate e sofisticate, ma di esse tributarie. Queste piazze hanno tarantolato alcuni compagni fino a fargli credere che sia in atto un’insorgenza rivoluzionaria contro il nazismo in arrivo o, a seconda dei casi, contro il nazismo già imperante (a democrazia morta e sepolta), piazze che i “veri rivoluzionari” dovrebbero contendere alle destre che chi sa perché vi si trovano perfettamente a loro agio dentro e, più spesso, al comando.

Per noi, chi – in relazione all’introduzione del green pass – mette in guardia sul nazismo incombente o già dominante (di messaggi del genere se ne sono visti a iosa), straparla sulla base di sillogismi privi di fondamento. In base a questa “logica”, l’istituzione di una Ztl in una qualunque città per regolare il traffico dovrebbe essere assimilata alle residenze coatte del regime zarista; la legge che impedisce il fumo nei locali pubblici – violando il sacro diritto individuale dei fumatori – sarebbe un anticipo delle leggi razziali; e chi sa cos’altro. Se si prescinde dal merito delle questioni, si perde ogni aggancio alla realtà, arrivando a sostenere assurdità che non possono che risultare insultanti nei confronti di chi ha conosciuto davvero gli orrori del nazismo, equiparando le leggi razziali del ‘38 al divieto di… andare al ristorante (e solo al coperto).

Nelle piazze delle ultime settimane è certamente presente una tangibile (anche se sgangherata) sfiducia verso le autorità di stato, i mass media, la scienza medica, l’industria farmaceutica – non certo più radicale e razionalmente motivata della nostra. Ma bisogna essere accecati dalla disperazione, o dalla totale mancanza di un sentimento di classe, per non vedere che vi domina una ideologia e un’attitudine individualista tipica della mucillagine piccolo-borghese, e che i proletari presenti vi sono presenti in quanto atomizzati, accodati ed egemonizzati da bottegai e padroncini che protestano per ottenere più ristori e far soldi senza rispettare le regole anti-Covid. Non a caso flirtano con profitto con queste piazze i politicanti di destra – da Salvini a Meloni, con tutto il codazzo che gli ronza intorno – che si mettono in posa con i dimostranti per capitalizzare tanto l’egoismo menefreghista del padroncino ossessionato dai proventi da intascare, quanto l’esasperazione dello sfruttato disorientato e stanco di pagare col proprio sudore, col rischio della propria pelle, questa situazione caotica di perdurante incertezza e allarme, per poi non arrivare a fine mese. Possono farlo perché il collante vero di queste piazze è il negazionismo e l’affermazione di una presunta “libertà individuale” da far valere anche a discapito della salute della collettività – un’idea di libertà che non cambia sostanza di classe se la si vernicia esternamente di rosso o di nero.

Non sono queste le piazze dell’opposizione di classe al padronato e al governo Draghi e all’uso capitalistico della pandemia. Chi invoca un’improponibile “unità” tra le piazze no-vax e no-greenpass e i movimenti di lotta che in questi mesi si sono mobilitatati per contrastare gli effetti e denunciare la natura sistemica della pandemia capitalistica, o addirittura vorrebbe che questi movimenti si mettessero al servizio di quelle, svela un’irrimediabile sfiducia nella classe lavoratrice, e nel duro lavoro di ricostruzione di un movimento di classe indipendente e autonomo tanto dalla grande borghesia, dai suoi governi e dal suo stato, quanto dalle farneticazioni reazionarie di matrice extra-proletaria.

All’ipocrita e strumentale utilizzo del greenpass quale foglia di fico utile a governo e padroni per nascondere le loro responsabilità nella catastrofe pandemica, dobbiamo contrapporre una battaglia internazionale e internazionalista per l’accesso universale e gratuito ai vaccini, per la gratuità dei tamponi, contro i brevetti sui vaccini, per un sistema sanitario libero dal giogo del profitto, per una reale tutela della salute e della sicurezza sui luoghi di lavoro, contro l’utilizzo padronale dell’alibi pandemico per moltiplicare licenziamenti, ricatti, sfruttamento, repressione e attacchi alle lotte e all’agibilità sindacale e sociale.

Le piazze dell’opposizione di classe e sociale al padronato e al governo Draghi sono ancora tutte da preparare e organizzare, a partire dalla lotta contro gli effetti della crisi pandemica ed economica, per difenderci da essi e risalire alle cause da aggredire. È questo il nostro fondamentale impegno politico per l’oggi e il prossimo futuro, a cominciare dall’organizzazione dello sciopero generale di ottobre.

12 agosto

Tendenza internazionalista rivoluzionaria

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