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Addio, porcellum

Addio, porcellum

(1 Ottobre 2011) Enzo Apicella
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Legge Elettorale, trasformazione autoritaria dello stato: per non smarrire la rotta!!

(27 Ottobre 2005)

Che lo schieramento di centro-destra voglia approfittare della nuova Legge Elettorale per limitare i possibili danni alle prossime elezioni politiche è un dato palese su cui è inutile soffermarci. Nel contempo è altresì scontato che il sistema maggioritario elettorale, in tutte le sue forme e versioni, è una modalità di selezione delle rappresentanze nelle istituzioni che penalizza le minoranze politiche, limita l'autonomia programmatica e di schieramento dei partiti minori ed obbliga forzatamente ad intese e raggruppamenti bipolari pena la forzata esclusione e marginalizzazione nei vari consessi. Ribadito ciò è utile provare a fare il punto della discussione per delineare una possibile controtendenza sociale e di classe all'offensiva capitalistica che - anche sul terreno delle regole e delle forme dell'esplicitazione politica ed istituzionale - sta investendo l'intera società.

La nuova legislazione, proposta dal governo Berlusconi, non è altra cosa, al di là delle apparenze formali e dello scopo immediatistico con cui è stata varata, dal generale processo di riorganizzazione reazionario ed autoritario dello stato. Un processo che dura da tempo, non inaugurato dal Cavaliere di Arcore, ma che si snoda, con alcuni periodi in cui si evidenziano brusche accelerate, almeno dalla metà degli anni '70.

Parimenti ci paiono ipocrite e vergognose le posizioni di quanti nell'Unione - particolarmente nella sua "ala sinistra" - rinnegano il loro vecchio credo proporzionalista e, stracciandosi le vesti contro il golpe berlusconiano di questi giorni, promettono che quando andranno al governo ripristineranno le sacre regole del maggioritario bipolare i quale garantirebbe il dogma della governabilità.

Ulteriori passi verso una democrazia sempre più autoritaria: Non siamo i soli a denunciare e a far suonare il campanello d'allarme contro questo nuovo provvedimento di blindatura delle istituzioni e di alcune regole universali.

Anche alcuni settori della "sinistra" alzano la voce contro questa sequenza di provvedimenti ed invitano alla mobilitazione. Il problema, però, e lo vogliamo sommessamente far notare a quanti hanno a cuore l'autonomia politica ed organizzativa dei movimenti sociali e la determinazione necessaria a mantenere aperta la possibilità di un opzione di classe agente in direzione di una fuoriuscita dal capitalismo, non è quello di attardarsi alla difesa astratta di meccanismi e norme procedurali interpretate, per giunta, in maniera asettica e neutrale dai contesti reali.

Sembra quasi, ascoltando alcuni agitati e scandalizzati agit/prop antiberlusconiani, che dovremmo limitarci a vigilare sulla salvaguardia di alcune icone giuridiche e squisitamente metodologiche, veri e propri simulacri di democrazia formale presuntamene universali ed autentici bidoni vuoti, per di più inutilizzabili da qualsivoglia sommovimento sociale che aspiri, legittimamente, ad esprimere e rappresentare, nel complesso di tutta la società e non solo nelle aule del Parlamento, il proprio punto di vista indipendente da ogni forma con cui si esemplifica e si manifesta il complesso della politica borghese.

Riteniamo, quindi, a differenza di tali ambienti e fondando il nostro agire sulla scorta di una critica all'intera ristrutturazione autoritaria in corso e, insieme, contro tutto il corso totalitario del sistema politico/istituzionale (abolizione del welfare, militarizzazione della società, costante limitazione degli spazi di agibilità politico-sindacale) che i comunisti ed ogni soggettività antagonista debbano esprimersi, mobilitarsi e lottare contro ogni, ulteriore, passaggio di questa escalation reazionaria a tutto campo.

Si tratta, però, di riuscire a svolgere questa (complicata) funzione in maniera antitetica da quanti - a vario titolo - intenderebbero mobilitarsi (sempre con la sordina e mai con l'appello alla forza delle piazze!!) contro, esclusivamente, alcune misure, particolarmente odiose, di tale processo invitando il proletariato tutto a considerare le istituzioni come cosa propria e, di conseguenza, introiettando il concetto che solo la strada elettorale, la via delle urne, sarebbe l'indirizzo maestro ed unico per ogni prospettiva di mutamento radicale e di trasformazione sociale.

Tanto tuonò che piovve: Lo svolgimento delle elezioni in Germania e l'avvicinarsi della campagna elettorale in Italia hanno riaperto - di nuovo - la querelle attorno ai temi attinenti la Riforma del Sistema Elettorale e, come prevedibile, si è scatenata la bagarre tra i fautori del sistema proporzionale (con le sue infinite varianti) e i diversi sostenitori del cosiddetto bipolarismo maggioritario.

A prima vista questo dibattito sembrerebbe materia fredda ed ininfluente ai fini delle dinamiche dello scontro anzi - a detta di alcuni - tale materia si ridurrebbe ad una sorta di diatriba tra strategie di pura tecnica di governance. In realtà questa questione è un aspetto importante delle battaglie di classe da cui nessuno deve estraniarsi o mostrare indifferenza - mai come ora attitudine impotente - verso questi aspetti fondanti nei dispositivi di funzionamento delle società e dei rapporti sociali.

Per quanto possano apparire goffe e maldestre le proposte del Polo berlusconiano, alla vigilia della tornata elettorale, o quelle dei tecnocrati dell'Unione prodiana, fiduciosi di avere la vittoria in tasca, non sono meri complotti contro la libera manifestazione della dialettica e della contrattazione politica e sindacale.

In Italia, come negli altri paesi imperialistici, l'incrudimento dell'attacco al proletariato è la complessa risultante dei fattori di crisi generale del capitalismo. A molti questa affermazione potrà apparire banale ma ci piace ragionare su suggestioni empiriche per di più ascritte allo squallido teatrino del politicantismo dell'Italietta nostrana.

Finita l'era del progressivo sviluppo e del virtuoso ciclo espansivo del capitale ed apertasi una fase di competizione globale a scala globale è evidente che l'intera forma stato, e l'insieme dei suoi addentellati, debba essere rivoltata e rimodellata alla bisogna della nuova situazione e degli scenari che si prefigurano.

Questa vicenda, se la osserviamo oltre la cronaca di queste ultime settimane, ci squaderna, obbligatoriamente, il grande groviglio - la vera e propria difficoltà - in cui, da oltre un quindicennio, si attorciglia l'evoluzione ed il mutamento degli assetti politici ed istituzionali della borghesia e del complesso dei poteri forti italici.

Un lungo e travagliato percorso avviato, nel 1989, dopo la caduta del Muro di Berlino, proseguito con Tangentopoli, con la fine della Prima Repubblica, con il dissolvimento e la mutazione dei vecchi partiti storici ed i loro blocchi sociali di riferimento fino alla novità del berlusconismo ed il riemergere - dentro quello che si configura come l'inizio della fine del decennio del Cavaliere - di nuove pulsioni neo/centriste dal retro sapore neo/clericale.

Il tutto in un contesto internazionale dove la dottrina imperialistica della guerra permanente/preventiva e del rinnovato interventismo imperialista è una potente chance, nelle mani degli USA, nell'ambito di una situazione di accresciuta concorrenzialità segnata dalla costruzione dell'Euro/Polo e dalla potente e tumultuosa emersione della Cina, dell'India e dei mercati asiatici.

E' evidente - quindi - che per lo stato capitalistico, e per l'Azienda/Italia con i suoi evidenti e documentati limiti, è iniziato un periodo all'insegna di un nuovo risanamento finanziario con sempre meno uso degli ammortizzatori sociali (dopo quello vissuto, alla metà degli anni '90 fino al 2001, con i governi Amato, Dini, Prodi e D'Alema), del massimo accentramento del potere e della sempre più stretta combinazione tra nazionalismo e militarismo, interno ed esterno.

D'altro canto, la contrazione delle possibilità di sviluppo ed il fatto che la recessione finanziaria ha ripreso a correre in Italia (ed anche in gran parte di Eurolandia) bruciano gran parte dei margini di "riformismo". Per il grande capitale, per l'insieme dei poteri forti si impone un salto di qualità generalizzato e di adeguamento: dalla gestione accurata delle imprese all'efficienza dello stato e dei suoi istituti fino alla riscrittura di quelle che molti politologi definiscono le regole del gioco.

Non ci sorprende, allora, con buona pace di molti romantici che allignano nella "sinistra alternativa" i quali alludono ad un impossibile ritorno ad un ciclo politico oramai passato e non più rieditabile, l'evaporazione e la scomparsa di ogni suggestione neo/keynesiana all'orizzonte.

Purtroppo per loro, ma soprattutto per i ceti popolari che pagheranno costi umani e sociali alti, in un prossimo "governo amico" non ci saranno Rive Gauche nelle cui confortevoli rade ripararsi ma - di nuovo e magari dopo un primo periodo di bonaccia - politiche e scelte economiche di rigore ed un ulteriore stadio di ristrutturazione e di disciplinamento totalitario.

Un programma, decisamente hard, a cui, obbligatoriamente, dovrà ancorarsi l'Unione prodiana la quale sarà costretta ad esercitare la sua azione di governo stretta dentro vincoli e limiti blindati, di natura nazionale e sovranazionale, da cui non potrà assolutamente decampare.

La montagna ha partorito il topolino? Alla luce di questo quadro, del resto non nuovo e né originale, non saremo noi a negare che anche in alcuni settori della "sinistra" stia emergendo una consapevolezza della generale posta in gioco o che da questi ambienti non vengano denunce fondamentalmente condivisibili, nella parte descrittiva, di alcune delle cause e degli obiettivi dell' attuale offensiva autoritaria.

Non solo sulla questione della Legge Elettorale ma pure in relazione ad altre tematiche abbiamo condiviso, apprezzato e socializzato spunti analitici ed interi pezzi di ragionamento che crediamo corrispondano al comune scopo di mettere insieme una riqualificata cassetta degli attrezzi teorico/politica necessaria per i compiti di azione e di attività militante che collettivamente vogliamo assolvere.

Restiamo perplessi, e francamente non condividiamo, quando pur in presenza di un corpo di analisi della situazione puntuale ed argomentato, alcuni compagni limitano la propria azione ad una mera iniziativa "per il superamento del sistema maggioritario uninominale e per una legge elettorale proporzionale che consenta la rappresentanza democratica dell'effettivo consenso dei cittadini".

Non abbiamo compreso i motivi che hanno spinto i compagni promotori di questa campagna, con alcuni dei quali collaboriamo proficuamente su alcuni comuni terreni di ricerca e lavoro politico, ad abbassare il livello e la qualità delle fondamentali discriminanti, che occorre ribadire comunque ed ovunque in tali frangenti, fino a limitarsi ad un obiettivo non solo minimalista ma avulso dalla denuncia complessiva che, tutti insieme, in molte occasioni abbiamo fatto.

Eppure siamo tra coloro che non negano gli aspetti tattici nelle dinamiche politiche e né si collocano su una presunta torre d'avorio separandosi ed estraniandosi dai movimenti reali e dai loro tortuosi e contradditori percorsi. In questo senso vorremmo continuare la denuncia delle cause di fondo ed a lottare coerentemente anche contro ogni singola e/o particolare misura autoritaria annunciata ed in corso.

Questo proponimento non ci appare ostativo o divergente verso una linea di condotta che fa della difesa di tutti gli spazi di lotta, di espressione e di organizzazione un punto fermo del proprio programma.

Inoltre - ma questo è già un altro rompicapo che pure, con calma, dovremo affrontare - continuiamo a ritenere il tema della rappresentanza politica degli interessi di classe un compito da cui, sempre più, non potremo decampare nel corso della nostra azione.

Continuiamo, però, a continuare a preservare un punto fermo politico, sempre pronto a discuterlo con altri compagni: non riteniamo che questa questione si risolva nei meandri elettorali o in spericolati attraversamenti istituzionali specie in questo nostro Occidente dove il dominio del capitale sta raggiungendo forme, involucri e modalità parossistiche e terribilmente dispotiche.

14/10/05

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