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il pane e le rose

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Milano, in mensa "il pane e le rose"

La lotta delle "scodellatrici" per un salario dignitoso

(28 Ottobre 2005)

Il pane e le rose a Milano ovvero come vivono le addette alle mense scolastiche statali che lavorano nell'infinita catena del subappalto dei servizi pubblici? Male a sentire loro, "basta con lo sfruttamento e l'illegalità" hanno gridato in duecento ieri mattina davanti alla sede del Comune. Queste donne, tra i venti e cinquant'anni, lavorano due o tre ore al giorno per poco più di 300 euro di salario in tasca e non sono contente per nulla. Nonostante in maggioranza siano assunte a tempo indeterminato da società e cooperative che hanno vinto l'appalto della Milano Ristorazione SpA, l'azienda comunale che gestisce la refezione scolastica, definiscono "precario" il loro lavoro che in realtà è una vera metafora della degradazione delle condizioni generali del lavoro anche sotto contratto. Ma sono gentili e chiedono cose elementari come l'applicazione del contratto nazionale del loro servizio (quello turismo-ristorazione) invece di quello delle pulizie, che non esistano lavoratrici al nero e altre a 10 ore settimanali quando il minimo contrattuale dovrebbe essere 14, di non stare a casa a gratis se scioperano le insegnanti o i bambini sono pochi, di non venire spostate come pacchi da una sede all'altra della città di giorno in giorno. E infine pretendono anche il rispetto della legge 626 sulla sicurezza, con tanto di spogliatoi, la formazione igienico sanitaria e tutto quanto come si deve. Queste lavoratrici coraggiose vivono "on call", "on time", dite come volete, nonostante abbiano un contratto a tempo indeterminato perché precario è tutto il lavoro. E oltre alla loro lotta devono anche subire le minacce della Commissione di vigilanza sugli scioperi che le accusa di interruzione di un servizio pubblico essenziale, lo stesso per cui stanno lottando. Il pane e le rose, appunto.

Anna lavora alla Sapi, una Srl con 190 dipendenti, "solo scodellatrici, prima eravamo di più, ma molte sono passate alle cooperative che hanno vinto le gare, si lavora in media 14 ore, ma tante soprattutto nelle cooperative sono a 10, gli straordinari è un bel problema farseli pagare, ma c'è chi sta peggio". Ci presenta una "socia F" della Coop. Lavoro e solidarietà (area Compagnie delle opere), lavora due ore al giorno, ci fa vedere la busta paga: è sotto i cinque euro lorde all'ora, poi ci sono le trattenute del privilegio di essere associata e nemmeno la tredicesima. "E' del nero legalizzato", commenta Gianfranco Besenzoni della Filcams. Fuori dalla cooperativa il nero vero e proprio c'è: "Abbiamo individuato 18 lavoratrici al nero, ma siamo riusciti a raggiungerne solo 600 su 980 sparse in 423 strutture", spiega Besenzoni.

Torniamo da Anna e le altre. Ma cosa si riesce a fare in due o tre ore di lavoro? "In media, dalle 11.30 alle 14.30 del servizio dobbiamo apparecchiare, preparare la frutta e le brocche d'acqua, ricevere i contenitori termici, aprirli, misurare le temperature se sono idonee e registrarle sui formulari, scodellare, condire, occuparci delle diete sanitarie o speciali, servire, ritirare, riassettare e pulire tutto. Le basta? ". I nostri figli nelle materne (statali), elementari e medie sono accuditi da queste signore che sono essenziali in un servizio pubblico tra i più delicati. Quello che chiedono, oltre a un lavoro e orari degni, sono norme igienico sanitarie e formazione. Lo stesso di cui dovrebbero godere le dipendenti delle materne comunali che fanno lo stesso mestiere, guadagnando un poco di più e in condizioni più umane. Non sarebbe il caso che per servizi così delicati le istituzioni si preoccupassero di migliorare i servizi e quindi la qualità del lavoro e della prestazione, invece di peggiorarla?

Alla fine del presidio in Comune, grazie a un'interrogazione urgente del capogruppo in Comune del Prc, Gianni Occhi, due delegati e il delegato Filcams vengono ricevuti dal presidente del consiglio comunale e da alcuni consiglieri: "Abbiamo strappato una promessa di intervento con risorse da reperire nel bilancio comunale per riuscire almeno a ottenere il contratto nazionale e farle assumere direttamente dalla Milano Ristorazione Spa che porrebbe fine alla logica degli appalti al ribasso sulla pelle dei lavoratori", spiega Besenzoni. Si vedrà. Intanto come accade nei film, la protesta porta buone nuove.

Claudio Jampaglia

Liberazione 28 ottobre 2005

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