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GIANNI VIOLA: “IL PROFUMO SOAVE DELL’IMPERIALISMO”

Uno studio approfondito sulla distruzione della Jugoslavia

(3 Ottobre 2021)

Un tassello fondamentale nella riflessione teorica sulle ragioni del crollo dei regimi comunisti dell’Est europeo

profumo soave dell'imperialismo

Gianni Viola è un giornalista free lance che ha fatto della libera informazione una missione, ormai da lungo tempo, occupandosi di argomenti scottanti, affrontati con profondità d’analisi e spirito critico. In questo suo corposo volume, Il soave profumo dell’imperialismo (Kimerik Edizioni, Patti, 2010, euro 14,00), concentra l’attenzione sulla distruzione della Jugoslavia, in seguito a tutta una serie di vicende storiche tragiche che necessitano di essere finalmente chiarite.
Attraverso una grande mole di dati, notizie, informazioni, ricercate con competenza e con pazienza attingendo a varie fonti, non accessibili al grande pubblico, egli spiega come è stato abbattuto il regime comunista jugoslavo non solo con l’uso delle armi, ma anche per mezzo di un apparato propagandistico enorme e dispendioso, che, però, ha prodotto i frutti programmati e che ha cominciato ad operare quando ancora il sistema dei Paesi socialisti era in piedi, quindi non solo in Jugoslavia, ma in tutto l’Est europeo, avendo come vertice d’irradiazione e punto di partenza i governi delle grandi potenze capitalistiche occidentali, e, soprattutto, quello degli Stati Uniti d’America.
Si è trattato e si tratta di un sistema organizzativo e informativo molto sofisticato, molto radicato, capillare, che opera a vari livelli e che è in grado di condizionare e manipolare l’opinione pubblica mondiale, in maniera subdola e penetrante. Esso ha costruito l’immagine di Slobodan Milosevic come uno spietato criminale, sanguinario, cinico, responsabile di migliaia e migliaia di morti, ed è riuscito a farla arrivare anche nel più sperduto angolo del pianeta, cosicché una menzogna, sapientemente ripetuta un’infinità di volte, è divenuta verità consolidata ed incontrovertibile. Ha adottato lo stesso metodo già sperimentato per infangare l’immagine di Mao Tse-Tung, presentato come autore di genocidi che hanno riguardato addirittura milioni di persone, di Fidel Castro e di molti altri dirigenti del movimento comunista internazionale, oggetto di “libri neri”, dossier, documentari, informazioni tutte da verificare nella loro fondatezza, diffuse ora capillarmente via Internet, per accreditare, infine, l’idea che il comunismo è un sistema di per sé criminale, che va equiparato al nazismo.
L’imperialismo, però, come suggerisce il titolo di questo libro di Gianni Viola, non si è limitato a diffondere il proprio “soave profumo” propagandistico. Ha fatto sentire anche l’odore della polvere da sparo, in quanto l’azione di propaganda è stata accompagnata da quella delle armi. La Serbia, nella fattispecie, è stata bombardata per giorni e giorni, seminando la morte e il terrore in mezzo alla popolazione civile, fino a quando ogni resistenza umanamente possibile è stata spezzata. Tutto un popolo è stato messo in ginocchio, umiliato, distrutto fisicamente e psicologicamente. Ma questo non è stato considerato un crimine dai tribunali internazionali. Anzi, pure queste morti innocenti e queste devastazioni sono state addebitate a Milosevic, come responsabile di tutta la guerra del Kosovo.
Da un po’ di tempo si parla degli effetti che l’uranio impoverito, presente in alcune armi, ha avuto sulla salute delle popolazioni colpite dall’ondata bellica, nonché su quella degli stessi militari che hanno utilizzato armamenti letali. Ma neanche questi ulteriori effetti nefasti sono stati posti a carico di chi ha dato ordine di utilizzare il materiale bellico pericolosissimo che li ha prodotti. Persino il rapporto causale tra l’uso di tali armi e i tumori riscontrati in diversi militari impegnati nel conflitto è stato messo in discussione da alcuni giudici chiamati in causa da soggetti che si ritenevano vittime dell’uranio impoverito maneggiato a scopi bellici. Noi non siamo degli esperti del settore e non possiamo pronunciarci in materia. Gli sviluppi della situazione, le nuove conoscenze scientifiche, ci diranno forse nei prossimi anni la verità, se mai si perverrà ad essa. Comunque, è indubbio che morte e distruzione sono state seminate dalle truppe che hanno attaccato la Serbia e che porre queste conseguenze sul conto del “criminale” Milosevic è un’operazione tutta da dimostrare sul piano della logica giuridica, ma anche della logica comune.
Gianni Viola, sin dalle prime pagine, evidenzia che l’attacco a quel che restava della Jugoslavia progressivamente smembrata non sarebbe stato neanche lontanamente pensabile ai tempi dell’Unione Sovietica. Il presupposto di tutto questa operazione distruttiva era, dunque, il crollo dell’Urss. A nostro avviso, tutti gli effetti contro la convivenza civile e la democrazia vera che sono derivati e che deriveranno da questo avvenimento storico disastroso per l’intera umanità non sono ancora ben chiari e definiti. Nei prossimi anni, forse nei prossimi decenni, se continuerà a lungo la fase restauratrice della storia aperta dal crollo dei regimi comunisti dell’Est europei, avremo le idee più chiare, naturalmente a nostre spese, perché dovremo constatare che le condizioni di vita, in termini materiali e ideali, dell’umanità peggioreranno sempre più e che non c’è una forza in grado di contrastare la deriva autoritaria che investe tutto il mondo. Grandi sacrifici si imporranno ai diseredati del pianeta prima di poterne mettere in piedi una di egual potenza di quella sovietica, in grado di contrastare il dominio sempre più esasperante del più forte, ammesso che si riesca a costruirla, visto che l’avversario non resterà a guardare, ma contrasterà con tutti i mezzi, sempre più accresciuti, l’azione costruttiva. Il comunismo ha avuto indubbiamente molti limiti, ma è stato l’unico sistema nella storia dell’umanità a togliere il potere alle classi più forti e prepotenti e ad attribuirlo a quelle meno abbienti.
Il sistema dei Paesi socialisti è stato attaccato dalle potenze imperialiste sin dalla sua nascita. Ma esso ha resistito bene per decenni. Con riferimento specifico alla Jugoslavia, possiamo dire che Tito era riuscito a creare un Paese che, per la prima volta, metteva insieme, su un piano paritario, le diverse nazionalità in esso presenti, assicurando a tutti un tenore di vita dignitoso e una sostanziale uguaglianza economico-sociale. Ma, probabilmente, il male covava sotto la cenere e ad un certo punto è emerso, quando la figura carismatica di Tito è venuta meno. La Jugoslavia, nonostante le sue peculiarità e la sua autonomia dal blocco dell’Est, di cui andava orgogliosa, ha seguito il destino di tutti i Paesi dell’Europa orientale, con il crollo del regime comunista, lo smembramento dello Stato multietnico e la sua sostituzione con staterelli fondati su basi etnico-religiose che pretendevano e pretendono di assicurare omogeneità, fra i quali sono state scatenate guerre disastrose che hanno seminato morte e miseria.
Un’analisi relativa al male sotterraneo che ha corroso alle fondamenta la società socialista è stata avviata da Milovan Gjlas. nonostante i limiti e le ambiguità, per certi aspetti, della stessa e il carattere controverso del personaggio, che, però, è riuscito a cogliere e a denunciare un fenomeno che sicuramente ha influito in maniera decisiva sul crollo di tutti i regimi comunisti dell’Est europeo: il processo di burocratizzazione al quale essi sono andati incontro, in conseguenza del quale la classe dirigente, ai vari livelli, si è impadronita progressivamente del potere, utilizzandolo non a favore del popolo, ma contro di esso e a proprio vantaggio esclusivo, fino ad espropriare i beni collettivi, privatizzandoli ed impadronendosene, dando vita a nuove lobby che hanno assunto connotati marcatamente capitalistici. In Jugoslavia i capi delle varie Repubbliche, che, contemporaneamente, erano alla guida della Lega dei comunisti, in una direzione collegiale dopo la morte di Tito, hanno abbandonato la strada del socialismo e hanno fondato degli staterelli su basi etnico-religiose, sull’autoritarismo e sulla repressione di ogni opposizione, su sistemi economico-sociali a carattere privatistico e capitalistico.
E’ necessario uno sforzo teorico per capire le ragioni di questo processo involutivo, quali sono state le sue matrici causali, in che misura esse sono legate all’ideologia marxista o, quantomeno, alle sue applicazioni concrete. Solo portando sino in fondo questa analisi sarà possibile trovare la via per uscire dall’impasse in cui si trova attualmente il movimento operaio e comunista a livello mondiale e nelle sue articolazioni nazionali. Sinora, purtroppo, questo sforzo non è riuscito a produrre risultati rilevanti o, comunque, sufficienti ad assicurare un rilancio dell’iniziativa rivoluzionaria.
Lo studio di Gianni Viola, grazie ai numerosi dati che fornisce, alla chiave interpretativa degli stessi, rappresenta un passo significativo in avanti, un mattone che serve senz’altro alla grande costruzione teorica di cui sentiamo il bisogno e, perciò, va letto e meditato da un gran numero di persone.

Antonio Catalfamo

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