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(11 Agosto 2011) Enzo Apicella
La Gran Bretagna cambia le regole del gioco: l'esercito contro la rivolta

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    (Lotte operaie nella crisi)

    VERSO UN AUTUNNO OPERAIO CALDO

    (28 Ottobre 2021)

    Editoriale del n.106 di "Alternativa di Classe"

    alterclasse

    Confindustria è molto contenta del Governo Draghi. Le stime sull'aumento del PIL a fine anno viaggiano oltre il 6% (per ora 6,1), e per il biennio 2021-'22 sono superiori al 10%. Già a metà 2022 l'Italia supererebbe i livelli del PIL pre-crisi pandemica, e gli investimenti sono previsti per allora al +17,7%, molto di più dei livelli pre-crisi. In questo contesto, la disoccupazione è oggi “solo” al 9,2% della forza-lavoro, grazie ai conteggi sul precariato (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IX n. 104 a pag. 1), e Confindustria prevede per l'anno prossimo un suo “lieve” aumento fino al 9,6%...
    Tutto ciò, in termini di “valore aggiunto”, ottenuto, ovviamente, grazie al lavoro umano, si tradurrebbe, sempre secondo le stime confindustriali, in un aumento del 10, 9% a fine anno, e di un altro 3,5% nel 2022. Secondo C. Bonomi, i soli motivi di incertezza per il futuro sono determinati “...dall'evoluzione dei contagi (fino - ndr) alle carenze importanti di materie prime e semilavorati e conseguenti pressioni sulla dinamica dei prezzi”.
    Secondo le previsioni padronali, uscendo dal linguaggio tecnico dell'economia ufficiale, si prevedono, cioè, meno occupati e più profitti. Inoltre, ha fatto la sua ricomparsa, con l'aumento del prezzo del petrolio, oltre agli aumenti delle tariffe energetiche, come luce, gas e combustibili per auto, l'INFLAZIONE, che il mese scorso è salita al + 2,7%. Stiamo assistendo, infatti, dall'inizio di quest'anno, ad un costante aumento dei prezzi al consumo, e l'inflazione, secondo Confindustria, si stabilizzerà a fine anno al 1,8%, dando, così, a lorsignori poco fastidio: una stabilità del dato non si dovrebbe tradurre in aumento dei tassi di interesse...
    Ben diverso è l'impatto del ritorno dell'inflazione sui lavoratori, e sui proletari in genere. Oltre al caro-bollette, non ancora esploso del tutto, gli aumenti dei prezzi, invece, a partire da quelli dei beni di prima necessità, in assenza di un serio meccanismo salariale di recupero sull'inflazione, si sono già fatti sentire pesantemente sui bilanci delle loro famiglie. A questo si è spesso aggiunta l'incertezza sul futuro occupazionale di almeno un componente del nucleo famigliare, se non il licenziamento vero e proprio.
    Dopo avere tranquillizzato Confindustria che non saranno aumentate le tasse (alle aziende sicuramente – ndr) perché “i soldi ora si danno”, il Consiglio dei Ministri ha approvato il 29 Settembre la NADEF, per poi mettere a punto la Legge di Bilancio con una manovra, in deficit, da 23,44 miliardi (1,245% del PIL), dopo l'approvazione del Documento Programmatico di Bilancio (DPB), varato Martedì 19 dal Consiglio dei Ministri, e poi inviato alla Commissione UE.
    Il Documento anticipa i contenuti della manovra “per sostenere l'economia” con i fondi del PNRR. Sicuramente la Legge di Bilancio conterrà il peggioramento delle pensioni, con la prevista abolizione della “quota 100”, il taglio dei contributi delle aziende (il cosiddetto “cuneo fiscale”) per ben 8 miliardi, ed un finanziamento diretto alle imprese di altri 4 miliardi in tutto. Per la “riforma dell'IRPEF” saranno impiegati altri 8 miliardi, poi i finanziamenti per giubileo ed olimpiadi, e tutto il resto, tra cui una “riqualificazione del Reddito di Cittadinanza”, volta a diminuirne la platea degli utilizzatori, e, non ultima, la “riforma degli ammortizzatori sociali”.
    Si tratta, in sostanza, di un grosso attacco alle condizioni di vita dei proletari, già provati dagli effetti della crisi, acuiti dalla pandemia. Analizzando specificamente ogni voce della manovra, che la Legge dovrebbe sviscerare entro la fine del mese, si ritrovano, puntuali, penalizzazioni per il lavoro dipendente, a vantaggio di rendite e profitti. E' facile, perciò, capire la soddisfazione di Bonomi; il padronato dal mese prossimo potrà poi dare libero sfogo al proprio arbitrio in tutti i settori, con lo sblocco dei licenziamenti, già messo in conto, come visto più sopra.
    Lo stesso obbligo del Green Pass sul lavoro (non solo per entrare in ditta, a quanto pare), a partire dal 15 Ottobre, era stato inizialmente richiesto dal padronato non solo e non tanto per ridurre eventuali intralci alla produzione, quanto per rimarcare il proprio potere sui dipendenti. Certo, “la produzione innanzi tutto!”. Prima, anche a costo di gravi focolai COVID sui posti di lavoro, ora chiedendo un lasciapassare, utile al padronato per autoassolversi preventivamente, ma dalla scarsa efficacia anti-contagio. La produzione sempre! ...e ora, come e più di prima, a costo di “incidenti” sul lavoro e malattie professionali, peraltro in forte crescita!
    L'iter della generalizzazione del Green Pass a tutti i posti di lavoro ha fatto sì che il movimento di opposizione a questo provvedimento contenga vari aspetti di ambiguità. Alle visioni della pandemia, quasi sempre fantasiose e/o complottiste del movimento dei “no vax”, si è aggiunta l'avversione alla “certificazione verde” da parte di bottegai, ristoratori e della piccola borghesia in genere, messa in crisi dalle chiusure legate alla pandemia, e già vogliosa di riaperture incondizionate delle proprie libere attività anche in altre fasi più acute del contagio.
    L'ideologia di destra ha ben presto fatto breccia in tali settori, riportati alla rivendicazione di una “libertà individuale”, presuntivamente insidiata dalla “dittatura sanitaria”, che impedirebbe la “libera iniziativa”, anche e soprattutto imprenditoriale, dei singoli. E' da qui che provengono tutti i richiami, apparentemente contraddittori, alla Costituzione repubblicana, per la quale tali libertà sono da sempre prioritarie.
    Le necessità del capitale nazionale di una pronta ripresa economica, che hanno mosso, sul piano politico, la scelta di Draghi come nuovo premier, non possono, comunque, permettersi alcun intralcio, ed anche la sorte dell'uso del Green Pass prescinde dalle ubbie della piccola borghesia, dipendendo unicamente dai vantaggi, o meno, che ne possono derivare ai diversi settori dell'economia e della finanza, ed al comando capitalistico in genere.
    E' per tutto quanto detto finora che risulta perdente l'inseguimento della piccola borghesia in crisi sul terreno del nuovo “Movimento No Green Pass”, e la tematica va, invece, inquadrata ed affrontata sul piano della lotta di classe. Altrove su questo giornale è stata trattata la composita manifestazione di Roma del 9 Ottobre scorso, ma è normale che di essa sia rimasta nell'opinione pubblica soprattutto l'impressione destata dall'assalto fascista alla sede della CGIL. Avvenuta, fra l'altro, con una significativa inerzia delle forze dell'ordine, di certo ben più solerti quando si tratta di attuare la repressione antioperaia!...
    I principali effetti concreti, sortiti dalla azione squadrista, sono stati: una sordina mediatica per lo sciopero generale del sindacalismo di base di Lunedì 11, la, insolitamente immediata, convocazione di una manifestazione, in questo caso nazionale e antifascista, da parte di CGIL, CISL e UIL per Sabato 16, e la pericolosa richiesta, da parte di CGIL e PD, ma non solo, di messa fuorilegge di Forza Nuova e “altri gruppi eversivi”. Richiesta poi ribadita da M. Landini durante la visita istituzionale di M. Draghi, avvenuta proprio Lunedì 11, alla sede della CGIL, culminata con un suo protettivo abbraccio al Segretario Generale, a suggellare la “ripresa del dialogo” fra loro.
    E' qui importante rimarcare come la manifestazione di Sabato 16 Ottobre, intitolata “Mai più fascismi: per il lavoro, la partecipazione, la democrazia”, pur partecipata da decine di migliaia di persone, abbia dato luogo ad una piazza sostanzialmente “pacificata”, magari sull'onda dell'abbraccio Landini-Draghi, e con la presenza fisica, alla vigilia dei ballottaggi elettorali, dei leader politici governativi, a parte la destra, peraltro autoesclusasi. Dalle masse presenti scambiato forse per antifascismo l'abbaglio legalitario verso la marmaglia di Forza Nuova, mentre la Ministra L. Lamorgese aveva altresì annunciato una stretta verso tutte le manifestazioni future.
    Nessuna stretta, invece, vi era stata, ancora una volta, nei confronti dei sicari prezzolati che a Prato, davanti all'indifferenza delle forze dell'ordine, avevano pestato con pesanti mazze da baseball il giorno 11 i lavoratori tessili in sciopero con presidio, davanti alla Dreamland, indetto contro le bestiali condizioni di lavoro cui sono sottoposti. Lo sciopero generale di Lunedì 11, promosso da tutto il sindacalismo di base, nonostante le perduranti, e sovente scoraggianti, divergenze, ha avuto una discreta riuscita con manifestazioni in diverse città.
    Lo sciopero del 11 è spesso riuscito a coinvolgere, anche nelle piazze, lavoratori esterni alle sigle che lo hanno indetto, e si è svolto in molti casi con cortei unitari, ed anche con precise azioni di lotta, quale, ad esempio, il blocco del magazzino Amazon di Piacenza, tra i più grandi d'Europa, da parte di lavoratori del SI Cobas. C'è da augurarsi il fatto che, pur continuando a “marciare divisi” per le oggettive differenze esistenti, le diverse sigle comincino a realizzare l'importanza, malgrado tutto, del “colpire uniti”.
    In questo senso, vertenza pilota può essere considerata quella dei lavoratori GKN. Pur essendo quasi tutti dell'Area di Opposizione CGIL, questi lavoratori, ed il Comitato di Fabbrica, stanno tenendo un atteggiamento unitario verso tutte le lotte degli altri lavoratori indipendentemente dalle rispettive sigle sindacali di appartenenza, e, nella prosecuzione della occupazione del proprio stabilimento di Campi Bisenzio, stanno portando solidarietà attiva alle altre principali vertenze, quali quella della Texprint, della ITA/Alitalia e della Whirlpool, per citarne alcune.
    Positivo è anche l'atteggiamento verso gli aspetti istituzionali, rispetto ai quali non c'è alcun accodamento, ma la rivendicazione della indipendenza di classe. Il 6 Ottobre il Comitato di Fabbrica ha presentato in Parlamento, tramite il rappresentante di Potere al Popolo ed altri, una proposta di legge sulle delocalizzazioni, che, messa a punto collettivamente insieme a giuristi democratici, niente ha a che vedere, ad esempio, con il blando PdL Orlando, per il quale, peraltro Confindustria ha già messo il veto.
    Ma l'iniziativa di questi lavoratori non si ferma qui, e sta già promuovendo in ogni modo uno spezzone di corteo, per la Manifestazione di Roma del prossimo 30 Ottobre contro il G20, dietro allo striscione con la scritta “Insorgiamo!”, di tutti coloro che intendono muoversi contro i licenziamenti, le dismissioni, le delocalizzazioni, contro il Piano ITA per i lavoratori Alitalia e per un autunno di lotta. Il Comitato di Fabbrica GKN indica, giustamente, la strada verso la costruzione di uno sciopero generale e generalizzato per “mettere in discussione il Governo Draghi e il sistema nel suo complesso”.
    In molti compagni vi è la tendenza a vedere in contrapposizione la lotta contro il Green Pass e la lotta contro la politica economica del Governo Draghi e di Confindustria. Questo avviene per l'impostazione piccolo borghese prevalente nel “Movimento No Green Pass”, che assolutizza la questione, senza vedere che si tratta solo di un tassello di tale politica. Non rappresenta, infatti, per i proletari una questione idealistica, legata alla “libertà” individuale, e, men che meno, un fatto “di principio; non è centrale, ma ne va contrastato l'uso capitalistico, in ultima analisi, in termini di divisione dei lavoratori.
    Poco o niente ha a che vedere, quindi, l'impostazione data a tale movimento con gli interessi di classe, ma va certamente condannata l'ennesima repressione antioperaia del varco del Porto di Trieste, avvenuta Lunedì 18, da parte delle forze dell'ordine con manganelli, idranti e lacrimogeni contro l'occupazione da parte dei lavoratori portuali. Una presa di coscienza più complessiva può anche partire dalla semplice opposizione all'obbligo del Green Pass sul lavoro...
    Occorre poi capire che la necessità di un “autunno caldo” non è solo italiana, visto che in Europa una persona su cinque è a rischio povertà e/o esclusione sociale, ed addirittura lo è un minore su quattro. La crisi morde dappertutto, e, con il passaggio all'automobile elettrica, ad esempio, la stessa Wolkswagen ipotizza un taglio di 30mila posti di lavoro per mantenersi concorrenziale. Nel settore dell'automotive, solo in Germania è stimata entro il 2025 una perdita di circa 100mila posti di lavoro.
    Va ripreso il filo rosso dell'iniziativa operaia, che oggi passa dalla manifestazione di Roma di Sabato 30, ma la necessità di fondo è che continui ben oltre tale data, con una impostazione complessiva, che vada a superare tutti gli steccati eretti artificialmente all'interno dei proletari, che il capitale ed i politicanti ad esso asserviti puntano perennemente a ricostruire. Ogni divisione tra chi lavora qui in Italia non fa che gli interessi del capitale, specialmente quando invece l'esigenza è di livelli unitari almeno europei.

    Alternativa di Classe

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