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    ANGELO CASSINERA: RESISTENZA E COMUNISMO

    A un ventennio dalla morte del partigiano “Mufla”

    (29 Ottobre 2021)

    Seppe trasfondere nelle lotte politiche del secondo dopoguerra le passioni dell’antifascismo

    angelo cassinera

    Angelo Cassinera

    Scrivere oggi di Angelo Cassinera non significa solo ricordare un antifascista, un partigiano, un comunista, che è stato sempre in prima fila nelle lotte per la democrazia, la libertà, l’emancipazione delle classi lavoratrici e dei ceti più disagiati della società. Significa anche mostrare quanto siano attuali quelle idee e quelle lotte in un quadro storico-politico pur mutato profondamente in molti suoi aspetti, che non rappresentano un passo in avanti, ma un notevole regresso, nonostante l’apparente modernità e il falso progresso, tanto propagandato nella società dell’informatizzazione estrema.
    Angelo Cassinera non è affatto un uomo del passato, da collocare in una teca, affinché venga esaltato come rappresentante di un tempo che fu, da ricordare con semplice nostalgia, con riconoscimenti formali, che, in buona sostanza, servono ad allontanarlo da noi come un “caro estinto”. Molti di questi riconoscimenti sono interessati, servono ad imbalsamarlo ora che è “innocuo”, non può difendere le sue idee e le sue ragioni, come fece con grande passione quand’era in vita, e per questo non piaceva allora a molti.
    Egli è nato in una famiglia proletaria, a Portalbera, in provincia di Pavia. Il padre è un barcaiolo, trasporta con la barca sabbia e ghiaia. La madre è una bracciante agricola, ed anche una mondina. Egli è stato, dunque, “scelto dalla vita”. Questa sua nascita in seno al popolo è stata una sorta di “predestinazione”, così come il fatto che il padre e lo zio hanno partecipato alla nascita del Partito Comunista d’Italia, nel 1921. E’ stato parimenti decisiva la circostanza ch’egli sia nato ad un tiro di schioppo da Stradella, dove operava, sin dai primi anni di vita del partito, una cellula comunista raccolta intorno a Giuseppe Alberganti, che avrà un ruolo fondamentale nelle scelte politiche di Cassinera.
    Sente in casa i primi discorsi comunisti, partecipa ancor adolescente a riunioni clandestine che si tengono su un sabbione, raggiunto dai vari compagni con le barche. E’ un garzone di pasticceria, a Milano, e anche i suoi compagni di lavoro fanno discorsi politici contro il fascismo. Nel capoluogo lombardo c’è uno zio comunista che gli passa le prime copie de «L’Unità» clandestina, ch’egli legge e, a sua volta, fa girare.
    Nel 1942 Cassinera torna al paese a causa della malattia del padre, che muore nel febbraio del ’43. Fa il panettiere-pasticciere a Stradella, assieme ad un altro ragazzo scrive sui muri del paese e del circondario «Abbasso il fascismo, viva la pace». Dopo l’armistizio dell’8 settembre partecipa alle azioni partigiane, subisce ammonimenti dalla polizia e arresti, dietro delazione. Aderisce ai primi gruppi della resistenza organizzata. Prende parte alla guerra di Liberazione nella Sesta zona Ligure, che si estende ai confini di Liguria, Lombardia e Piemonte, nella Brigata Enzo Togni, della Divisione Gramsci, comandata dal conte Luchino dal Verme. Entra con le bande partigiane a Milano.
    Alla fine della guerra si ritrova disoccupato e continua l’attività paterna di barcaiolo per due anni. Dal 1944 è iscritto al Partito Comunista Italiano. E’ inquieto, non vuole rassegnarsi a certi compromessi che altri giudicano necessari. Perciò, nel 1946, sale in montagna con i suoi compagni partigiani per protestare contro gli effetti perversi dell’amnistia concessa da Togliatti, ministro guardasigilli nel governo di unità nazionale, che, secondo lui e tanti altri, finisce per riabilitare i fascisti e punire i partigiani.
    L’esperienza dell’unità nazionale, che Togliatti immaginava lunga, finisce ben presto, a causa delle interferenze americane e delle pressioni sulla Democrazia Cristiana di De Gasperi. Il PCI si trova in una fase difficile di isolamento e di attacco anticomunista proveniente da tutte le parti. Può puntare solo su uomini come Cassinera, avvezzi alla lotta dura. Così, tra il 1951 e il 1952, gli viene chiesto di diventare funzionario di partito ed egli accetta subito, anche se si tratta di una vita di stenti, con il magro stipendio che arriva dopo parecchi mesi. Sottopone se stesso e la famiglia a gravi sacrifici. Sono i tempi di Scelba e delle persecuzioni anticomuniste. Cassinera resiste con coraggio. Ma i contrasti con il gruppo dirigente nazionale del partito si fanno sempre più forti. Egli non condivide la svolta kruscioviana del XX Congresso (1956). Dopo la morte di Togliatti, nel 1964, lo scontro diviene insanabile. Così Cassinera inizia un percorso critico molto doloroso, ma irreversibile, che lo porta negli anni Settanta ad aderire al Movimento Lavoratori per il Socialismo (MLS), presieduto dal suo maestro degli anni giovanili: Giuseppe Alberganti. All’inizio degli anni Ottanta, rompe con il PDUP (Partito di Unità Proletaria), nel quale è confluita buona parte dell’MLS, da posizioni filosovietiche, in quanto il partito, per converso, guarda con favore alla cosiddetta «primavera polacca», di cui è protagonista Walesa. Aderisce, dunque, al Partito Comunista d’Italia (marxista-leninista), guidato da Fosco Dinucci, al quale aderiscono molti uomini della Resistenza usciti dal PCI in quanto stalinisti. Diventa uno dei dirigenti di primo piano del partito. Nel 1991 confluisce, assieme alla maggior parte dei compagni, in Rifondazione Comunista, dalla quale si allontana nel 1994, denunciando la presenza nel partito di prevalenti tendenze riformiste. Nell’ultima fase della sua vita, si dedica alla vigna di famiglia, senza rifugiarsi nel privato, però, continuando a lottare sino alla morte, avvenuta nel 2000, per la difesa dei valori dell’antifascismo e per il rafforzamento del movimento comunista in Italia, aderendo al Centro Lenin Gramsci e fondando con alcuni vecchi compagni la rivista «La via del comunismo».
    Angelo Cassinera, nonostante i limitati studi scolastici, di cui si doleva sempre, ha avuto una sua originalità di pensiero e d’azione politica. Ha portato nella lotta politico-ideologica del secondo dopoguerra le passioni della Resistenza, che, a poco a poco, scemavano in molti di quelli che ad essa avevano partecipato e non erano condivise da molti di quelli che, anche per motivi anagrafici, ad essa non avevano preso parte. Il suo merito principale è stato, per l’appunto, quello di voler preservare e trasmettere ai giovani gli ideali resistenziali, caduti nell’oblio. Per lui la Resistenza era stata guerra di popolo, movimento rivoluzionario per la conquista del potere da parte del proletariato. Per questo le sue tesi erano osteggiate sempre più dalla sinistra istituzionale che, attraverso tappe progressive di inserimento nel sistema, giungeva, a metà degli anni Settanta, al «compromesso storico», entrando nell’area di governo, per omologarsi completamente e divenire devota servitrice del padronato italiano, che ad essa affidava tranquillamente la gestione ordinaria dello Stato capitalistico, cooptandola nella “stanza dei bottoni”.
    Cassinera fu tra quei compagni che per primi capirono che bisognava contrastare la degenerazione del PCI non dall’interno, perché impossibile (come si sono poi incaricati di dimostrare i fatti, che hanno portato allo scioglimento del partito ed alla sua sostituzione con formazioni politiche borghesi ), ma dall’esterno, attraverso movimenti che svolgessero una funzione di formazione ideologica e di guida del proletariato. Così aderì a gruppi di estrema sinistra nel momento stesso in cui altri compagni d’esperienza, come Giuseppe Alberganti e Ludovico Geymonat, si allontanavano anch’essi dal PCI per svolgere attività formativa, soprattutto tra i giovani. Questi movimenti, al di là dei loro limiti, hanno rappresentato un campanello d’allarme, hanno denunciato in anticipo l’omologazione culturale della sinistra parlamentare. Lo stesso Cassinera (come dichiara apertamente in alcuni suoi interventi) era consapevole di tali limiti. Se, da un lato, i suddetti movimenti hanno posto l’esigenza di contestare il PCI, dall’altro lato, non sono cresciuti, sul piano elettorale e del radicamento capillare nella società, in misura tale da costituire un’alternativa concreta. Cassinera ha avvertito questa difficoltà, ha confessato di non possedere tutti gli strumenti conoscitivi per capirne fino in fondo le cause, ma, comunque, ha voluto dare il proprio contributo critico, ha voluto gettare un seme verso il futuro, verso la nascita, quando le condizioni storiche lo avrebbero consentito, di un Partito Comunista di massa.
    Egli non ha mai voluto dissociare il lavoro politico-ideologico da quello di barcaiolo, panettiere-pasticciere, contadino-vignaiolo. Per lui, come per altri dirigenti della sinistra provenienti dalla campagna (Rocco Scotellaro, solo per fare un esempio), il contatto con la vigna di famiglia è una sorta di discesa agli Inferi, alla riconquista delle proprie radici familiari e di classe. E questa dimensione “spirituale” è servita ad avviare in lui una riflessione razionale sul significato ultimo dell’esistenza umana, sui diritti degli uomini nei secoli, anzi nei millenni, e, conseguentemente, sulle azioni di lotta da porre in essere per realizzarli concretamente, dando vita ad una società di liberi ed eguali. A questa dimensione “spirituale” si è accompagnato lo studio tenace della teoria marxista-leninista, del pensiero di Marx, Engels, Lenin, Stalin, Gramsci. Cassinera metteva lentamente in ordine le sue idee, attraverso un tormento interiore, poi tirava fuori la macchina da scrivere e cominciava a pigiare i tasti con le dita grosse di contadino. In lui si realizza la figura gramsciana dell’«intellettuale organico» al partito, che ha radici profonde nella stessa classe proletaria.
    Da tutto questo travaglio sono venute fuori idee molto chiare, limpide. Cassinera ha difeso ad oltranza l’identità comunista, l’ideologia marxista-leninista, contro i compromessi deteriori e i possibili inquinamenti. Però, non è stato un individuo dogmatico, settario. Ha voluto il confronto con gli altri, con i comunisti di opinione diversa e con i non comunisti, alla ricerca di momenti di lotta unitari, riguardanti l’antifascismo, la difesa della pace, la difesa dei diritti dei lavoratori. Ci sono delle lotte comuni, da condurre tutti insieme, ma poi c’è un momento superiore, che è quello della lotta per il comunismo. E su quest’ultimo punto Cassinera è stato irremovibile.
    L’attualità del pensiero e dell’azione del Nostro è evidente. Per la costruzione di un nuovo Partito Comunista è necessario combinare passione ed ideologia, spirito unitario ed intransigenza sulle questioni fondamentali, fedeltà ai valori della Resistenza e del comunismo e loro concretizzazione nella realtà attuale. Una lezione, questa, che Cassinera ha appreso dai classici del marxismo-leninismo, da lui interpretati in maniera originale, in base all’esperienza vissuta e alle lotte compiute. Una lezione che è rivolta soprattutto alle giovani generazioni. Speriamo che vogliano farne tesoro.

    Antonio Catalfamo

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