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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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CONTRO LA SOCIETÀ DEL PROFITTO. LA SALUTE NON E’ UNA MERCE!

(14 Novembre 2021)

Presidio a Bassano del Grappa, piazza Libertà, dalle 15 alle 18, sabato 20 novembre

il primo diritto umano 2

Quello che abbiamo è stato strappato pezzo per pezzo dalle mani dei padroni. Niente era dovuto, la lotta di lavoratori e proletari ha portato risultati quando è stata combattuta fino in fondo con chiarezza e determinazione. Quei risultati sono divenuti istituti giuridici e leggi sulle quali basare l’affermazione di diritti e principi. Vogliamo riproporne alcuni che troviamo significativi, convinti che essi rappresentino, oltre che linee di difesa praticabili dall’attacco padronale, un contributo all’emancipazione dallo sfruttamento del lavoro salariato.

In questa situazione, in cui il predominio dell’ideologia del profitto a danno di lavoratori ed ambiente è assoluto, dobbiamo recuperare il concetto della partecipazione alla salvaguardia della salute nei luoghi di lavoro e nei territori, attraverso le forme del controllo diretto, operaio e proletario della lotta, perché queste sono le uniche garanzie effettive sulle quali poter contare per l’affermazione dei principi irrinunciabili: la nocività si elimina e la salute non si monetizza.

L’art. 9 occupa un posto di rilievo nello Statuto dei Lavoratori che, all’epoca, 1970, rappresentò il più completo strumento di tutela all’interno delle aziende. Per esso: “I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno il diritto di controllare l’applicazione delle norme per gli infortuni e le malattie professionali e di promuovere la ricerca, l’elaborazione e l’attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica”. Da allora, alcune tutele si sono perse (pensiamo all’art.18), tuttavia questa norma è ancora importante perché consente al collettivo dei lavoratori stessi, senza la mediazione degli apparati sindacali, di gestire una materia di importanza vitale, la salute. E’ l’unica norma dell’intero Statuto che privilegi l’auto-organizzazione di base alle strutture sindacali formali.

La sicurezza del lavoro è tra gli obiettivi dell’art.2 della legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale (n.833/1978), “da conseguire con la partecipazione dei lavoratori e delle loro organizzazioni, per prevenire ed eliminare dai luoghi di lavoro condizioni dannose per la salute, disponendo gli strumenti e i servizi necessari ad attuarla”. Ad essa sono correlati gli obiettivi dell’eliminazione delle cause degli inquinamenti dell’atmosfera, delle acque e del suolo. Su questa base sono stati istituiti i servizi di prevenzione (PSAL e ARPA) per la protezione dell’ambiente. La burocratizzazione e l’assoggettamento politico di queste strutture, soprattutto laddove gli interessi di profitto sono maggiormente pressanti, ne limita fortemente la funzionalità. Valga per tutti lo scandaloso comportamento dell’ARPAV per l’inquinamento da PFAS. E’ comunque chiaro che solo un cambiamento radicale negli stanziamenti dei fondi e negli organici degli operatori, entrambi assolutamente insufficienti, possono contribuire ai fini della prevenzione e sicurezza di lavoratori e cittadini e limitare la pratica evidente di servizio esclusivo alle aziende. A questo proposito ricordiamo che l’Unione Europea ha fatto proprio un ordinamento giuridico che prevede il principio di precauzione, in base al quale nessun materiale può essere impiegato, né alcun prodotto commercializzato senza che ne sia stata comprovata la innocuità e la non pericolosità per persone ed ambiente.

E’ possibile, di fronte a gravi ed evidenti rischi per la salute, rifiutarsi di lavorare? Il primo strumento di prevenzione il lavoratore lo trova nel suo inalienabile diritto di sciopero e di astensione dal lavoro. L’art.44 del Decreto Legislativo n.81/2008, istituito dopo la tragedia alla Thyssen Krupp di Torino in cui sette lavoratori morirono bruciati nel posto di lavoro, prevede che disobbedire ad un ordine illegittimo è un dovere e astenersi dal lavoro pericoloso è un diritto retribuito.
Siamo consapevoli che l’esercizio di questi diritti può essere soggetto al ricatto costante del padrone, in primis quello del posto di lavoro. E’ così: la tutela della salute sancita dalla nostra Costituzione si è quasi sempre fermata ai cancelli delle fabbriche e dove è stato possibile farla rispettare è stato solo grazie alle lotte dei lavoratori. Crediamo tuttavia che la piena agibilità dell’attività sindacale e politica nei luoghi di lavoro e la piena consapevolezza operaia dei propri diritti siano il presupposto per ogni prevenzione. Ciò significa che la prevenzione ha inizio con il controllo operaio sulle condizioni di vita in fabbrica dei lavoratori.

Abbiamo imparato in tanti anni e con tanti morti di lavoro che la difesa della salute e la difesa del profitto sono due condizioni antitetiche. Al di là delle chiacchiere istituzionali è sempre l’aumento dello sfruttamento la causa principale dell’aumento degli infortuni e dei morti di lavoro, perché nel sistema capitalista il profitto vale più della vita degli esseri umani. Lo denunciamo ancora una volta, ricordando un operaio, Mariano Bianchin, morto schiacciato da una pressa cui erano state disattivate le sicurezze per abbreviare i tempi di produzione. Un classico omicidio per il profitto. Il 13 dicembre riprenderanno le udienze in tribunale a Vicenza e pensiamo sia giusto appoggiare i familiari di Mariano Bianchin nella loro denuncia e lotta per la verità e la giustizia. Troviamoci tutte e tutti

Presidio a Bassano del Grappa, piazza Libertà, dalle 15 alle 18, sabato
20 novembre.

Presidio di fronte al tribunale di Vicenza, lunedì 13 dicembre, dalle ore 9

Comitato per la Dignità e la Salute nel Lavoro

Fonte

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