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(26 Novembre 2021)

Dal n. 107 di "Alternativa di Classe"

Patrice Lumumba

Patrice Lumumba

L'undici (11) Novembre del 1961, esattamente 60 anni fa, vennero uccisi 13 aviatori italiani del contingente ONU impegnati nella missione “Operation des Nations Unies au Congo (ONUC)”, che aveva avuto inizio a luglio del 1960, a seguito della Dichiarazione di Indipendenza dello Stato africano dal Belgio, il quale aveva lasciato in una instabilità sia politica, che economica, il Paese; il ché aveva portato rapidamente allo scoppio della guerra civile.
Nella missione ONUC fu la prima volta che le Nazioni Unite fecero uso di una componente di polizia, dimostrando anche subito quale era lo scopo principale di questo intervento, cioè la difesa degli interessi imperialistici per garantirsi le ricchezze del Paese.
L'Italia, per ottenere un posto al banchetto dei predatori, aveva iniziato a partecipare alla missione ONUC l'11 Luglio 1960, impegnandosi, su richiesta dell'ONU, ad utilizzare un suo contingente nell'ambito della Forza Multinazionale di Pace. Nacque così il 22 Agosto 1960 il Distaccamento della 46esima Aereo Brigata in Congo, che aveva il compito di trasportare rifornimenti per i "caschi blu".
La missione dei 13 aviatori, poi morti, consisteva nel rifornire i "caschi blu" malesi, che erano di guarnigione a Kindu. I due velivoli da trasporto dell'Aeronautica Militare, due "Vagoni Volanti" C-119 della 46esima Aerobrigata di Pisa, atterrarono all'aereoporto di Kindu l'undici (11) Novembre. Da alcuni giorni in città vi era una maggiore agitazione tra i duemila soldati congolesi perchè si era sparsa la voce di un imminente lancio di paracadutisti mercenari belgi, e le truppe che operavano nel nord del Katanga, 500 km da Kindu, erano sottoposte a massicci bombardamenti da parte dei ribelli katanghesi.
La vista dei due aerei eccitò i soldati congolesi, credendoli mercenari, e così salirono sui camion per andare all'aereoporto. Nel pomeriggio i congolesi fecero irruzione nell'edificio dove si trovavano asserragliati italiani e malesi. I circa 80 congolesi, che entrarono nell'edificio, ebbero presto la meglio, tenendo anche conto che gli uomini armati malesi erano molto pochi.
I congolesi si accanirono in particolare con gli italiani, appunto perchè scambiati per mercenari, e l'arrivo del Colonello Perkassa, comandante del presidio, peggiorò la situazione. Nonostante che i malesi tentassero di spiegare l'equivoco, i dodici italiani (il medico Remotti, che cercò di fuggire, fu ucciso), raccolto anche il cadavere di Remotti, furono caricati di forza sui camion, portati in città e rinchiusi in prigione.
I tentativi di mediazione, fatti anche dai funzionari dell'ONUC, non ottenero alcun risultato positivo anche perchè gli ufficiali congolesi avevano poca padronanza sui soldati. Così, nella notte i miliziani, convinti che i nostri aviatori rifornissero di armi le forze secessioniste, entrarono nella prigione, e li uccisero a colpi di mitra, abbandonando i loro corpi. Il custode del carcere, paventando un eventuale scempio, li caricò sul camion e li portò nel bosco fuori città, dove li seppellì in una fosse comune.
Nel febbraio 1962 la Croce Rossa austriaca, scortata da "caschi blu" etiopi e da due ufficiali dell'Aeronautica, rinvenne la fosse comune e recuperò i corpi, che, protetti da una crosta di argilla, erano conservati in discreto stato da poterli identificare agevolmente.
La morte degli aviatori dette adito a diverse voci, e uscì il peggio da un nazionalismo che, senza tener conto di quali erano i veri interessi della presenza italiana in Congo, giocò sul sentimento e l'indignazione degli italiani per convogliarla in una ottica razzista, dove tutto quello che succedeva nei paesì colonizzati era dovuto alla ferocia e barbaria dei neri che rifiutavano "la civiltà" degli occidentali.
Secondo queste fonti, i cadaveri furono fatti a pezzi a colpi di machete e gran parte dei resti di quei corpi furono venduti al mercato a dieci franchi al chilo. Ciò sarebbe stato possibile perchè nel Congo il cannibalismo era molto diffuso. Tutto questo ovviamente risultò falso, come dimostrò il ritrovamento dei corpi, le cui salme vennero poi tumulate nel Sacrario dei caduti di Kindu, edificato presso l'entrata dell'aeroporto militare di Pisa. I fatti di Kindu avevano un retroterra nella storia del Congo, Paese sempre dominato e sfruttato dalle forze imperialiste.
Il Congo è un Paese di oltre due milioni e mezzo di chilometri quadrati, e uno dei Paesi più popolati del continente. Il Paese economicamente è uno dei più ricchi del pianeta, ricco, cioè, di risorse minerarie (stagno, rame, diamanti, oro, uranio) e di prodotti agricoli, come cotone, caffè, tè e cacao, il tutto destinato ai Paesi imperialisti e da loro controllato.
Nella Conferenza di Berlino del lontano 1883, in cui gli Europei si erano divisi l'Africa, il re belga, Leopoldo II, aveva rivendicato il Congo come proprietà privata, ed estrasse una grande fortuna dal Paese, sia con l'esportazione di avorio, e sia successivamente con la gomma tratta dalle piante. Lo sfruttamento e la persecuzione della popolazione furono enormi, e si può parlare di genocidio, visto che persero la vita circa 10 milioni di persone su una popolazione di 25 milioni.
I successori di Leopoldo II, anche se in maniera meno criminale, continuarono a sfruttare il Paese, giocando spesso sulle rivalità tribali. Ma, sia per il Movimento Nazionalista Congolese (MNC), guidato da Patrice Lumumba, che acquistava sempre più forza, sia per l'onda lunga della decolonizzazione e dei movimenti di liberazione africani, il re Baldovino concesse nel giugno 1960 l'indipendenza.
Lumumba, Segretario del MNC, aveva studiato presso le scuole cattoliche e protestanti, dove l'educazione era concepita per indottrinare i coloni, al fine di renderli malleabili e facilmente controllabili. Ma la scuola ti dava anche la possibilità di approfondire alcune tematiche, e questo portò Lumumba ad interessarsi di politica.
E quando fu impiegato in una azienda mineraria, si rese conto dell'enorme saccheggio, da parte del Belgio e di varie multinazionali, delle ingenti risorse minerarie presenti in Congo. Un saccheggio a senso unico, perchè la popolazione locale non traeva nessun vantaggio, se non sfruttamento occupazionale, compresi i bambini, e ogni tipo di sopruso di stampo razziale, vivendo in condizione di estrema povertà.
Come abbiamo visto, lo slancio al processo di indipendenza fu dato dal MNC, alleato col "Partito Solidaire Africana" ed il "Centro du Regroupement Africaine". Essi, oltre a reclamare l'indipendenza, volevano la nazionalizzazione delle piantagioni e delle imprese industriali, con la partecipazione dei lavoratori alla gestione dei settori. Il MNC, a differenza degli altri partiti e movimenti (il più importante era l'Associazione del Bakongo-ABAKO-), voleva rappresentare tutti i congolesi riuniti in unico Stato, mentre gli altri rappresentavano gli interessi specifici di gruppi etnici, tribali e raggruppamenti regionali.
Nell'ottobre del 1959 si riunì il primo Congresso dei partiti politici e il primo Congresso del Movimento Nazionale Congolese, che fu macchiato da un bagno di sangue per un violento intervento della polizia che causò la morte di 30 persone e centinaia di feriti. Comunque, nel mese di Giugno 1960, il re Baldovino dovette dichiarare l'indipendenza, e nello stesso mese si formò un Governo di coalizione tra l'MNC e l'ABAKO ed altri partiti minori, che elessero, come Primo ministro, Lumumba, e, come Presidente, Kasavubu, di simpatie filoccidentali e fautore di un sistema economico pro-capitalistico.
Il 30 Giugno alla cerimonia dell'indipendenza Lumumba, alla presenza del sovrano belga, fece un duro attacco al periodo colonialista, rivendicando alle nazioni africane la gestione delle loro risorse. Inoltre la sua mossa politica fu di far aderire la Repubblica del Congo al movimento dei "non allineati", con la sua indisponibilità a far parte dell'equilibrio bipolare che la guerra fredda imponeva a tutti i nuovi Stati.
Tutto ciò non poteva lasciare indifferenti i Paesi occidentali e gli USA, che cominciarono a "trafficare" per sottomettere di nuovo il Congo. Così, dopo alcuni mesi dalla dichiarazione di indipendenza, il capo della provincia del Katanga, Moise Tshombe, appoggiato dai belgi, dichiarò la secessione. Il Belgio aveva sì dato l'indipendenza, costretto dal contesto storico del momento, ma certamente non voleva rinunciare al suo dominio economico.
Il Katanga era una provincia ricca soprattutto di oro, uranio e diamanti, e rappresentava l'80% dell'economia nazionale del Paese. L'Unione Minere de Haut Katanga, infatti, era una società belga a cui era stato concesso lo sfruttamento delle miniere fino al 1990. Le secessioni erano certamente strategie che volevano difendere gli interessi soprattutto del Belgio e degli USA, loro alleati, ma anche dei paesi occidentali europei.
Lumumba chiese l'aiuto delle Nazioni Unite, e la risoluzione fu approvata dal Consiglio di sicurezza; di fatto l'aiuto militare richiesto non fu concesso, e fu costretto a chiedere alla Russia di inviare armi e "consiglieri tecnici", irritando ancora di più gli Stati Uniti. Il destino di Lumumba di fatto era segnato. Le trame statunitensi e belghe, appoggiandosi sugli oppositori di Lumumba, in particolare sul Presidente Kasavubu e il Colonello Mobutu.
Il 5 Settembre 1960 il Presidente del Congo chiese le dimissioni del Primo Ministro, ma Lumumba fu sostenuto dalle masse popolari, e molti Paesi africani spinti dalla URSS a sostenere Lumumba, che a sua volta chiese le dimissioni di Kasavubu, il quale dimostrò così la sua impossibilita di agire. Mobutu fu ritenuto dagli Usa l'uomo su cui puntare per un colpo di Stato, e cominciò a rifornirlo di denaro, di armi e di munizioni.
Il 27 Novembre 1960, Lumumba riuscì a fuggire, ma ad inizio dicembre fu catturato dalle milizie di Mobutu con l'aiuto della CIA, e, insieme a due suoi ministri, fu torturato e successivamente trasferito in Katanga, nelle mani di Tshombe. Così, insieme a due suoi ministri, fu torturato e fucilato, ed il suo corpo, insieme a quelli dei suoi compagni, fu sciolto nell'acido per cercare di nascondere l'omicidio.
Ora la strada era spianata, gli imperialisti non avevano più timore di perdere i loro interessi, e così le masse popolari continuavano a vivere le loro vite di sofferenza e sfruttamento: un Paese così ricco aveva davanti lo specchio della sua miseria!
Per rafforzare il nuovo Governo filo-occidentale, le Nazioni Unite nel settembre 1961, diedero il benestare per reprimere la secessione del Katanga, cosa che non avevano fatto con il governo di Lumumba. I separatisti, che erano stati usati per abbattere Lumumba, ora non servivano più, e se ne liberarono. Tattica, questa, usata specialmente dagli USA in altri contesti storici.
Il continente africano da secoli, prima con la schiavitù, poi con il colonialismo e il falso decolonialismo, con le susseguenti ondate emigratorie, ha pagato e sta pagando un prezzo troppo alto.
Le tentate rivolte dei proletari africani furono schiacciate o venivano indirizzate in un alveo "democratico", dove il potere rimane saldo nelle mani della borghesia autoctona, spesso alleata con gli imperialismi. Il proletariato africano può trovare la strada di una emancipazione solo undendosi su una linea di classe che butti a mare tutto quel marciume borghese, che lo tiene schiavo sia dalle borghesie nazionali, che dagli imperialisti vecchi e nuovi.

Alternativa di Classe

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