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Un bel di' vedremo

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(16 Dicembre 2010) Enzo Apicella
In tutta l'Europa cresce la protesta contro il capitalismo della crisi

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L’orgoglio dei salariati contro l’inganno della professionalità

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Salute. La salute al tempo del capitalismo è trattata come una merce. Una azione di resistenza può frenare la mercificazione della vita lavorativa e sociale ma non può essere una soluzione strategica perché le riforme sono una disponibilità di chi detiene il potere politico. Siamo per le riforme che strappiamo con la lotta, ma queste non possono essere subordinate ad un riformismo che non può che essere borghese.

Professionisti della salute? Mai come in questa fase si abbonda con la retorica della professionalità, mai come in questa fase la professionalità che dovrebbe essere presupposto di qualità assistenziale segna il suo punto più basso. In ultima istanza la qualità è legata a grandezze quantitative: numero di operatori e tempo da dedicare alle cure . Negli ospedali e in tutte le strutture sanitarie pubbliche e private si attua la riduzione sia del personale che del tempo da dedicare ad una assistenza di qualità.

La parabola del welfare.
Le lotte degli anni ’60 e ’70 avevano dato un carattere sociale e universalista alla Sanità. Questa ondata di protagonismo operaio ha lambito marginalmente il settore del pubblico impiego che nè ha beneficiato pur senza produrre vere lotte. Con il venir meno di questa spinta il lavoro pubblico si è trovato chiuso nel perimetro artificiale del welfare che attenua il conflitto sociale e nasconde la figura del datore di lavoro. Cosi al posto della lotta, in opposizione alla controparte, il sindacato di regime produce richieste astratte e aclassiste di riconoscimento del ruolo di fornitori di servizi: educativi, assistenziali ecc.
Richieste, proprio perché generiche inevitabilmente, subordinate agli interessi delle altre classi.

Lo Stato ti assiste dalla culla alla bara è stato il paradigma di un’era. Quest’era si è chiusa!
Rimane però l’illusione di uno stato dispensatore di diritti. Illusione che nasconde un padrone reale sia pur di non facile identificazione. Questo c’è e condiziona la nostra vita. Lo stato padrone con le sue istituzioni incombe sul lavoro salariato ed è la somma dell’oppressione capitalistica sui lavoratori sia pubblici che privati.

Illusioni e realtà. Rimane in larghi strati degli operatori pubblici l’illusione di essere altra cosa dagli altri salariati ma cresce inesorabilmente lo sfruttamento, l’intensità dei ritmi e le condizioni di lavoro peggiorano. La stessa sicurezza del posto di lavoro pubblico che doveva durare tutta una vita è stata cancellata.
Nella graduatoria del peggioramento della propria condizione al primo posto figurano i lavoratori della P.A.

Intanto il lavoro standardizzato, temporizzato proprio della produzione industriale, applicato alla sanità, è la negazione di ogni principio assistenziale e pervade, tutta la sanità sia pubblica che privata.
La distinzione qui è solo giuridica perché obbiettivi prassi e finalità sono i medesimi.
Ogni distinzione del lavoro pubblico da quello privato è artificiosa e serve a tenere divisi i lavoratori della sanità. E’ su questa divisione artificiale che prolificano le centinaia di soluzioni contrattuali che imprigionano e dividono. L’unificazione di tutto il personale sanitario: sia pubblico che privato deve essere il presupposto della nostra azione sindacale.
Dobbiamo rivendicare un contratto unico per tutta l’area socio-sanitaria. E’ questa la polarità a cui tendere e a cui legare fermenti e proteste che altrimenti saranno facilmente soffocati.
Dobbiamo rivendicare la riduzione dell’orario di lavoro in termini di giornate lavorative, di permessi e di pause necessarie per il ristoro delle vie respiratorio. Non si può lavorare per lungo tempo con i DPI.
Dobbiamo rivendicare aumenti salariali significativi a fronte di contratti che ad ogni firma segnano un arretramento economico. Di certo siamo sotto padrone non importa se pubblico o privato, costituito in Cooperativa, Onlus, Srl o Consorzio. Di certo non abbiamo bisogno di divisioni.
Siamo una classe da sfruttare per loro. Siamo una classe da unificare per noi.

si cobas

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