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CONTRO IL GOVERNO DRAGHI
PER L'UNITA' DELLA CLASSE

(16 Dicembre 2021)

Volantino distribuito in occasione dello sciopero generale del 16 dicembre 2021

gkn nazionalizzioni

Finalmente uno sciopero generale nazionale. Lo hanno indetto CGIL e UIL. I dirigenti dei due sindacati confederali hanno sperato sino all'ultimo istante di convincere il Governo Draghi a trattare davvero e la CISL a partecipare alla mobilitazione.
E, incredibilmente, la CISL manifesterà da sola Sabato 18 Dicembre a Roma. La sua sarà ”una manifestazione nazionale RESPONSABILE e costruttiva che punta a migliorare i contenuti della manovra e ad impegnare il Governo sulle stringenti priorità economiche e sociali, senza INCENDIARE i RAPPORTI SOCIALI e INDUSTRIALI”. La CISL ha confermato con la massima chiarezza da che parte sta: non con le lavoratrici e i lavoratori, ma con il Governo Draghi e i padroni!
Visto il ritardo con cui è stato indetto, rispetto alle necessità di generalizzazione delle lotte e al malcontento dilagante tra lavoratori e proletari in genere, compresa la stessa base sindacale, ora CGIL e UIL cercano almeno di recuperare credibilità. Ma che il significato di questo sciopero vada oltre gli stessi intenti dei vertici, lo dimostra la canea reazionaria, innescata dai pennivendoli dei media mainstream e proseguita dai politicanti, di governo e di opposizione, che ha trovato lo sbocco nella decisione della Commissione di Garanzia sugli scioperi, peraltro a suo tempo istituita con il pieno consenso di CGIL, CISL e UIL, di dimezzarlo.
I motivi per manifestare, infatti, ci sono tutti. Oltre alla minaccia incombente del licenziamento, ormai all'ordine del giorno, i lavoratori già stanno subendo i salari bassi, sempre più falcidiati dalla inflazione in crescita e dall'incremento dei prezzi al consumo, l'aumento degli infortuni, con tre morti al giorno, quello delle malattie professionali e la scarsa prevenzione verso il COVID-19. A ciò si vanno ad aggiungere il caro-bollette, la ripresa degli sfratti e una “riforma” dell'IRPEF (e dell'IRAP) che va a premiare i redditi alti e, come tutto il resto della manovra, le imprese!
La manovra contenuta nella Legge di Bilancio, con l'attacco alle pensioni e al Reddito di cittadinanza, dopo la strada spalancata alle privatizzazioni dei servizi dal “decreto concorrenza” e gli scarsi stanziamenti per la sanità pubblica, rispetto a quella privata, rappresenta, infatti, un nuovo spostamento di risorse dai lavoratori alle imprese, e l'informazione ufficiale sta faticando a raccogliere consenso tra i proletari intorno al governo di M. Draghi, dipinto in ogni modo come “salvatore della patria”.
Lo sciopero generale appartiene ai lavoratori, a tutti quelli che vogliono dire basta ai salari da fame, ai tirocini, al lavoro gratuito, alle esternalizzazioni, alle delocalizzazioni, agli incentivi a chi inquina ed ai prossimi premi a chi non inquina più, al cottimo e al part time involontario, a chi non sa quando potrà andare in pensione e a chi non sa quando potrà lavorare. Non è certo questo lo sciopero che volevamo, ma questo ora c'è, ed è giusto portarvi i contenuti di classe e riaffermare che non ci si può fermare ad una sola giornata di lotta, e che il progetto padronale va battuto!
Quella che ha presentato il Governo è una controriforma dell'IRPEF, che inaugura un meccanismo di tassazione iniquo verso chi ha un reddito basso. Non ci si può accontentare di qualche piccolo aggiustamento. E, come sopra ricordato, non è l'unica voce della Legge di Bilancio a penalizzare i lavoratori ed i proletari in genere, facendo grossi regali alle imprese.
Non ci si può poi dimenticare del contesto. In questo Paese l'aggravamento mondiale della crisi, dovuto alla pandemia, ha portato a due milioni il numero delle famiglie di lavoratori poveri, metà dell'insieme dei lavoratori guadagna meno di 1200 Euro al mese, tre persone al giorno lasciano la vita sui posti di lavoro, 300mila sono i lavoratori che ogni anno devono accettare tirocini extracurriculari, due terzi dei contratti part time sono subiti, e non scelti, dai lavoratori, ed il 30% dei contratti a termine, quelli che mantengono su i conteggi sulla media degli occupati, non dura più di un mese.
Senza aspettare il, purtroppo prevedibile, momento del cedimento di CGIL e UIL, occorre da subito impostare altri momenti di lotta contro questa manovra a partire dalle necessità dei lavoratori e dei proletari in generale, insieme a tutte le altre rivendicazioni settoriali. Quello che le tre confederazioni non hanno fatto finora, e cioè unificare e allargare le lotte al di fuori di ottiche aziendaliste e/o nazionaliste, dobbiamo farlo da subito. E la lotta contro i licenziamenti, contro la chiusura delle fabbriche, è il prossimo passo necessario da compiere.
Da decenni tutte e tre le sigle confederali hanno affinato, insieme a padroni e governi, un meccanismo di ”gestione delle crisi aziendali” finalizzato a risolvere ciascuna vertenza per sé, isolando ogni lotta contro i licenziamenti entro i muri delle singole fabbriche. Sono oggi oltre un centinaio i tavoli per le crisi aziendali aperti al MiSE (Ministero dello Sviluppo Economico), in cui la rabbia e le speranze dei lavoratori vengono fatte appassire.
L'unione di queste lotte è, invece, il passo successivo, che però può essere completato solo con rivendicazioni comuni, che uniscano tutti i lavoratori, senza divisioni tra aziende grandi e piccole, senza legarli a ottiche aziendaliste e/o nazionaliste. Tali rivendicazioni sono il salario pieno ai lavoratori licenziati e la riduzione dell'orario di lavoro.
La più generale lotta dei lavoratori in difesa dagli effetti della crisi capitalistica, aggravata dalla pandemia, non deve rinchiudersi nelle singole fabbriche, ma uscire da esse e riversarsi nelle strade e nelle piazze, per coinvolgere e unirsi alle centinaia di migliaia di lavoratori già licenziati, nonostante vigesse il blocco.
I lavoratori devono organizzarsi per lottare in difesa dei loro bisogni, chiedendone soddisfazione. Sono queste rivendicazioni sindacali, per il loro carattere di classe, in grado di portare la lotta sindacale sul terreno politico, e rendere così concreto l'appello lanciato dai lavoratori GKN: Insorgiamo!

Alternativa di Classe
Il Pane e le rose - Collettivo redazionale di Roma

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