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(27 Maggio 2011) Enzo Apicella
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    (Capitale, ambiente e salute)

    Per un’opposizione di classe
    alla gestione autoritaria della pandemia

    Seconda Parte

    (3 Gennaio 2022)

    Un importante movimento di massa contro la gestione autoritaria della pandemia

    All’inizio della diffusione dell’epidemia ha prevalso un senso di smarrimento e di angoscia collettiva dovuto alla scarsa informazione, ma soprattutto alla disinformazione ed al terrorismo mediatico sparso a piene mani. Tutto ciò ha portato la stragrande maggioranza della popolazione ad accettare i vari provvedimenti di confinamento e di distanziamento sociale come male necessario per la difesa della salute propria e dell’intera comunità sociale, persino con un certo grado di fiducia e di reciproca solidarietà (ce la faremo, andrà tutto bene, ecc., ecc.). Mano a mano che si evidenziavano le misure arbitrarie ed ingiustificate prese dal governo e gli effetti sociali in termini di posti di lavoro, di fallimento di piccole aziende artigianali e commerciali, l’accettazione passiva della narrazione dominante ha cominciato a subire notevoli incrinature facendo aumentare le voci di dissenso. I primi movimenti anche di piazza hanno coinvolto principalmente proprio i settori sociali più immediatamente colpiti sul piano economico (ristoratori, commercianti, ecc.) dalle misure restrittive, che rivendicavano il risarcimento per le perdite subite. Gran parte di essi individuavano come propri interlocutori privilegiati sul piano istituzionale i partiti della destra, in particolare la Lega e Fratelli d’Italia, che sia pure con atteggiamenti ondivaghi, sembravano voler dare voce al malessere espresso da questi settori. Quando si è capito che, sia pure in maniera inadeguata, il governo avrebbe provveduto a compensare almeno una parte dei mancati incassi, questo tipo di proteste si sono drasticamente ridimensionate. Ma già in questa fase si delineava un altro tipo di dissenso che contestava le misure arbitrarie del governo, in particolare per le scuole, con la generalizzazione della didattica a distanza e contro le forme più estreme di lockdown, come il divieto di circolazione tranne che per recarsi al lavoro. La misura che però ha acceso la miccia di metà estate del ’21, con proteste di piazza in tutte le grandi e medie città, è stata l’introduzione del green pass obbligatorio per poter accedere a tutta una serie di attività lavorative e di socialità.
    È stato subito evidente che la gran parte dei partecipanti alle mobilitazioni del sabato erano di estrazione sociale essenzialmente diversa dalle manifestazioni del precedente ciclo. Soprattutto esse erano molto più partecipate e vedevano attivizzarsi lavoratori dipendenti del pubblico impiego e del settore privato con una forte prevalenza di proletari, sia pure come individui piuttosto che come classe consapevole di avere interessi distinti e contrapposti a quelli della classe dominante e dallo Stato. In particolare il dissenso era concentrato sul carattere manifestamente vessatorio dell’obbligo del green pass, come misura subdola per costringere le persone a vaccinarsi e più in generale come strumento di controllo sociale e tecnologico. Contemporaneamente cominciava ad essere messa in discussione tutta la narrativa predominante costruita intorno alla pandemia e, pur restando spesso confinata in una denuncia generica dei poteri forti nazionali ed internazionali, oppure delle multinazionali di Big Pharma e Big Tech, maturava una ostilità contro i poteri dello Stato e contro le istituzioni.
    Anche in questo ciclo di lotte la destra estrema ha provato a giocare un ruolo significativo ma, per conoscenza diretta, possiamo affermare che, tranne in alcune mobilitazioni romane, i fascisti di tutte le tendenze sono praticamente assenti o del tutto marginali in queste piazze. Certo, vi prevale un sentimento genericamente sovranista e cittadinista, ma pensiamo che ciò sia praticamente inevitabile nella fase iniziale di un movimento nato nel deserto più totale di ogni tradizione del movimento operaio organizzato e nella latitanza, quando non nell’aperta ostilità, di quasi tutte le forze sindacali e politiche della sinistra antagonista. Del resto non ci pare che nei luoghi di lavoro e persino nelle sempre più rare mobilitazioni di lotta prevalgano sentimenti diversi. Noi continuiamo a ritenere che non è importante cosa pensa nella sua testa ogni singolo proletario che si mette in movimento, ma quello che sarà costretto a fare qualora voglia reagire con determinazione e con il proprio protagonismo contro una palese ingiustizia e contro l’oppressione ritenuta intollerabile. Se lo scontro intercapitalistico che raggiunge anche i piani alti del capitale (con il conflitto sempre più aperto tra settori più arretrati e altri tecnologicamenti più avanzati e dipinti di verde), non fa che rafforzare le tendenze populiste, sovraniste e di destra, i militanti anticapitalisti e i proletari coscienti hanno oggi il compito di riorientare questa rabbia in un senso di classe, strappandola il più possibile alle sirene della Reazione.

    Quello che d’importante è emerso in queste mobilitazioni è il bisogno di comunità e partecipazione, la riconquista di spazi di socialità con persone che condividono la stessa voglia di opporsi alle misure governative e alla narrazione dominante, ma soprattutto la convinzione di doverlo fare con un’attivizzazione in prima persona, con il proprio protagonismo, e la ferma intenzione di praticarlo. Non è questa la sede per approfondire ulteriormente le caratteristiche del movimento in corso. Chi abbia anche solo marginalmente frequentato queste piazze senza pregiudizi ideologici, dovrebbe riconoscere che esse contengono enormi potenzialità, e che possono essere la premessa per una importante ripresa della lotta di massa contro gli effetti del dominio capitalistico e le sue espressioni politiche.

    Il completo naufragio delle tendenze della sinistra antagonista e di classe

    Quello che invece si è dovuto registrare in questa vicenda della pandemia è stato il completo naufragio della stragrande maggioranza delle tendenze politiche e sindacali della sinistra che si autodefinisce di classe ed antagonista. In primo luogo vi è stata la sostanziale adesione alla narrazione dominante sulla gravità dell'epidemia e quindi l’accettazione acritica di tutte le misure restrittive messe in campo dal governo. In molti casi si è arrivati a richiedere misure ancora più draconiane, accusando il governo di non fare conseguentemente il proprio dovere per proteggere la salute e la vita dei propri cittadini. Il massimo di azione politica espresso nella prima fase della pandemia da parte di tanti attivisti e centri sociali è stata quella di mettere in piedi iniziative di sostegno per chi era rinchiuso in casa senza possibilità di procurarsi i beni essenziali. Una attività tipica della protezione civile e delle istituzioni civili e religiose di carità, che ha fatto da prodromo all’accettazione altrettanto acritica della scelta della vaccinazione di massa come unica soluzione possibile per contrastare il contagio, con la più bieca subordinazione, al limite della venerazione, per la scienza in generale e in particolare per quella medica dispensata dagli “esperti” sponsorizzati dal governo e dai media mainstream.
    Avendo accettato ed introiettato in precedenza tutta la narrativa istituzionale su Covid e vaccini, tutta questa (presunta) sinistra si è trovata spiazzata di fronte alle mobilitazioni contro l’obbligo vaccinale ed il rifiuto del green pass. Invece di ripensare alle stupidaggini che si era bevuta e riconsiderarle, almeno alla luce degli ulteriori sviluppi della gestione della pandemia, si è scatenata una vera e propria campagna di ostilità e denigrazione contro le piazze, senza mai avere nemmeno la curiosità di andare a verificare di persona che cosa stesse realmente avvenendo. Si è dato vita ad un festival di motivazioni ed argomentazioni che avrebbero dovuto legittimare la propria assenza dalle mobilitazioni in corso. Prima c’è stato l’alibi che le mobilitazioni fossero gestite dai fascisti, poi quello secondo cui in piazza scendeva la piccola borghesia che inneggiava alla libertà, sottintendendo che si invocava la libertà di poter sfruttare e di poter fare egoisticamente ed individualisticamente i propri comodi in contrasto con gli interessi collettivi e di classe che, evidentemente, si presumeva fossero invece rappresentati dai provvedimenti presi dallo Stato borghese. Il tutto si alternava alle accuse verso i partecipanti alle manifestazioni di essere “complottisti” e “No vax”, non solo ripetendo pappagallescamente gli epiteti branditi dalla stampa borghese, ma usandoli come il massimo di dispregio possibile e con una virulenza degna di ben altra causa. Che si trattasse della stessa narrativa proposta dal governo e dai mass media borghesi non creava nessun imbarazzo a questi tristi figuri, al massimo si riteneva di potersene distinguere mettendo in evidenza le responsabilità dei governi che si sono succeduti nello smantellare la sanità pubblica nel corso degli anni precedenti. Quando era oramai riconosciuto dalla stessa informazione di Stato che in piazza vi fosse una consistente presenza di proletari, come nel caso di Trieste, Genova, Milano, Torino ecc., si è dato cenno di un tenue ripensamento, ma si è insistito a raccontarsi la stessa favola secondo cui i portuali sarebbero stati dei fascisti mascherati o, in alternativa, si sarebbero fatti strumentalizzare dai soliti “complottisti e No Vax”. Senza provare vergogna nel trovarsi in compagnia dei rappresentanti del grande capitale e dei sindacati istituzionali, molti sinistrorsi si sono espressi esplicitamente per l’obbligo vaccinale, mentre i più cauti continuavano a ribadire la loro fede nel vaccino salvifico e parlavano di convincere con le buone i proletari della necessità e dell’utilità di farsi inoculare dei farmaci biotecnologici.

    Stesso atteggiamento si è avuto di fronte all’obbligo del green pass e la costrizione per chi non era vaccinato a doversi sottoporre ad un trattamento sanitario obbligatorio ogni due giorni, con tamponi che certificassero la propria non contagiosità persino per poter andare a lavorare. In questo caso, soprattutto tra le file del sindacalismo alternativo, spesso su sollecitazione dei propri iscritti, sono cominciate ad emergere le prime timide prese di posizione che in ogni caso non mettevano in discussione l’utilizzo della certificazione verde, ma al massimo richiedevano la gratuità dei tamponi. Infatti, fatta salva l’eccezione del SOL Cobas e di qualche sezione territoriale o aziendale degli altri sindacati, in nessuno testo o presa di posizione ufficiale diffusa in questi mesi dai vertici delle organizzazioni, anche quando si esordiva con il NO al green pass, è possibile trovare una sola parola che ne rivendicasse il ritiro puro e semplice.

    Rafforziamo una presenza classista nella lotta contro la gestione autoritaria della pandemia

    Fortunatamente, organizzazioni ufficiali a parte, non tutti gli attivisti hanno avuto questo rigurgito di adesione ed immedesimazione nella politica statale e con la sua propaganda. Molti compagni, spinti sia dalla rabbia contro quello che stava accadendo, sia per curiosità, nelle piazze ci sono andati ed hanno potuto verificare quanto fosse falsa la narrazione dominante, pur trovandosi di fronte a delle mobilitazioni del tutto atipiche rispetto a quelle, rituali ma spente, che erano abituati a frequentare. Si è scoperto così che la stessa rabbia e curiosità animava anche altri compagni ed è scattata la molla di voler essere presenti in quelle piazze ed in quel movimento non come osservatori passivi, ma come protagonisti, portando il proprio contributo di esperienza e di militanza per far emergere un punto di vista classista in tema di denuncia e di opposizione alla gestione della pandemia. In tal modo sono nati comitati e gruppi di intervento in tutte le principali città, soprattutto del nord, dove erano più consistenti sia la dimensione delle mobilitazioni, sia la presenza del proletariato di fabbrica. Le esperienze più significative sono quelle che hanno cercato di legare le rivendicazioni dei lavoratori a quelle contro la gestione autoritaria della pandemia, nella consapevolezza che solo la mobilitazione dei lavoratori stessi, che sono quelli che creano la ricchezza, può contribuire a cambiare i rapporti di forza in campo; si sono così costituite assemblee di lavoratori contro il green pass e l’obbligo vaccinale che, in alcune città, sono diventati punti di riferimento delle manifestazioni e oggi costituiscono ambiti di organizzazione di proletari che restano attivi al di là degli alti e bassi delle specifiche mobilitazioni. Ma si è anche avvertita la necessità di verificare cosa avveniva in altri territori e la possibilità di stabilire contatti e relazioni per provare a scambiarsi le reciproche esperienze e riflessioni. Da questi contatti ha preso avvio la piccola rete di realtà locali che abbiamo denominato Assemblea militante, con compagni provenienti dalle più diverse esperienze politiche, anche se tutti afferenti al movimento di classe anticapitalista.
    Ci muove la consapevolezza di trovarci di fronte ad un attacco incredibile da parte capitalistica, di cui la gestione della pandemia è solo uno dei passaggi che dovremo affrontare.
    Ci muove la convinzione che il movimento (internazionale!) contro la gestione della pandemia, l’obbligo vaccinale, l’imposizione dei passaporti per ogni attività vitale con il correlato controllo dello Stato sulla vita lavorativa, politica, sindacale, affettiva, ludica, ecc. di ognuno, sia un primo significativo momento di resistenza (nonostante i suoi evidenti e comprensibili limiti) a un nuovo profondo attacco del capitale al proletariato, ai ceti medi impoveriti, ai popoli oppressi del mondo, per cercare di scuotersi dalla crisi che lo attanaglia da decenni.
    Ci muove il convincimento che si apre un terreno di scontro che mette alla prova la capacità di resistenza del proletariato, ma schiude anche la porta alla possibilità che assuma su di sé il compito storico di liberare se stesso dall’oppressione e dallo sfruttamento per liberare, insieme, tutta l’umanità dalla schiavitù del capitale.
    Ci muove l'intenzione di contribuire a dare continuità a questo movimento anche se esso oggi è in difficoltà e le mobilitazioni non hanno fermato la corsa del governo all’obbligo vaccinale, all’estensione del green pass, ai divieti e ai controlli generalizzati. Tuttavia i semi gettati possono fiorire e far riprendere la mobilitazione con nuova e maggiore forza contro i nuovi obblighi vaccinali, le nuove dosi verso cui cresce la diffidenza, e, soprattutto, contro la vaccinazione del bambini, la più inutile di tutte (visti gli scarsissimi danni che il virus procura a quelle età). Provvedimenti che vengono imposti per obiettivi esclusivamente politici: accrescere la platea di sperimentazione per Big Pharma, aumentare la platea del controllo digitale della popolazione, nell’interesse di Big Tech e dello Stato, abituare tutti a conformarsi alle sue imposizioni, sottomettendovi anche la salute dei figli, in cambio della sua benevolenza e amorevole assistenza.
    Ci muove la certezza che quanto più sarà data battaglia, soprattutto dal proletariato, contro gestione pandemica, “vaccini”, green pass, ecc. tanto più si sarà pronti a contrastare anche i nuovi drammatici passaggi che si preparano (non solo in Italia...) al fine di salvare il capitale dalla sua irrisolta crisi, e i cui primi effetti già sono già visibili (aumento delle bollette, libertà di licenziare, ulteriore estensione della precarietà, ecc.). Non abbiamo alcuna intenzione di fomentare a nostra volta una contrapposizione tra vaccinati e non, ma di sostenere le mobilitazioni di tutti i lavoratori contro le conseguenze del dominio del capitale in tutte le sue manifestazioni, sottolineando la centralità della svolta autoritaria in corso e la necessità dell'opposizione politica ad essa per potersi difendere adeguatamente anche sul terreno delle condizioni immediate di vita e di lavoro.
    Invitiamo pertanto tutti gli attivisti, sia collocati in gruppi sindacali o organismi territoriali, sia i singoli compagni, che condividono le valutazioni espresse in questo testo, a collegarsi alla nostra rete, non per dare vita all'ennesimo gruppo politico e sindacale in cerca di un proprio spazio politico o rinunciando alle attuali collocazioni, ma per avere uno spazio di condivisione e di azione che ci consenta di relazionarci meglio alle reazioni presenti e future contro il complessivo attacco capitalistico. Così potremo insieme dare maggiore forza ad una prospettiva classista ed anticapitalista alle mobilitazioni in corso e ai futuri tornanti dello scontro di classe che necessariamente vedranno tornare al centro lo scontro capitale-lavoro, sia pure sotto le nuove condizioni imposte dall'attacco capitalistico, che pone oggettivamente le basi per rendere più urgente ed attuale che mai la secca alternativa tra capitalismo e comunismo.

    Dicembre 2021

    Assemblea militante

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