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Lettera aperta del PCL ai Wu Ming

(10 Gennaio 2022)

coronavirus

Cari Wu Ming,

vi scriviamo questa lettera aperta sulla questione pandemica, sul green pass e sull’obbligatorietà vaccinale, perché riteniamo che le riflessioni che avete fatto sul vostro blog siano estremamente interessanti (ma non sempre a nostro avviso condivisibili). Nello specifico, riteniamo inoltre che il recente libro di Wu Ming 1 La Q di qomplotto sia un lavoro ottimo del quale c’era veramente bisogno, anche nel dibattito tra avanguardie. Si tratta di un lavoro encomiabile, basato su una ricerca serissima, che presenta in lingua italiana fatti e riflessioni prima disponibili solo in inglese o in altre lingue. Ha inoltre il vantaggio di essere opera di uno scrittore e non di uno “specialista”, essendo così appetibile a un pubblico più vasto (ma probabilmente non mancherà chi definirà Wu Ming 1 un intellettualotto arrogante). Peccato che, come diremo oltre, alcune conclusioni alle quali siete giunti nel vostro blog siano, secondo noi, contraddittorie rispetto a quanto presentato nel libro di Wu Ming 1.

Vi scriviamo questa lettera da compagne/i e vi consideriamo dei compagni onesti. Sappiamo anche che in passato avete votato per noi, e che non avete quindi pregiudizi nei nostri confronti. Pertanto, riteniamo di potervi scrivere serenamente le nostre osservazioni e le nostre critiche, all’interno di un dibattito franco e aperto.
L’esaurimento delle proteste “no pass”, l’imperversare della variante Omicron e l’attualità dell’obbligatorietà vaccinale permettono ora di fare delle riflessioni più a freddo. Nello specifico, oltre al libro La Q di qomplotto che rimane sempre sullo sfondo, vogliamo fare un’analisi critica delle posizioni da voi assunte sulla questione del certificato vaccinale o “green pass”. Benché la vostra riflessione sia stata necessariamente lunga ed articolata in numerosi post pubblicati nel corso del tempo, ci riferiremo qui all’intervista da voi pubblicata a fine ottobre alla rivista tedesca Jungle World, e che voi stessi avete reso disponibile in italiano sul vostro sito. Prendiamo questa vostra lunga intervista come testo di riferimento. Ci sembra infatti che contenga le vostre riflessioni ultime e più o meno definitive sull’argomento, dato che non ci risulta ve ne siano state altre (qualora non sia così, siamo pronti a fare ammenda).

Sin dall’inizio dell’intervista, voi dite giustamente che la crisi pandemica ha causato una grande e confusa rabbia sociale. Ciò è giustissimo, ma non sempre una confusa rabbia sociale va nella direzione giusta e negli interessi della classe lavoratrice (anche l’odio di molti proletari italiani verso gli immigrati è un esempio di “rabbia sociale”, che ci guardiamo bene dal sostenere e anzi combattiamo). Giustissima anche la vostra critica del “virocentrismo”, cioè del concentrarsi solo sul virus non vedendo il contesto più ampio ed essendo pertanto incapaci di proporre un’alternativa sistemica. Noi del PCL non siamo mai incappati in questo errore: tutti i nostri comunicati stanno a testimoniare che sin dall’inizio abbiamo denunciato la pandemia come un prodotto di un capitalismo fallimentare e incontrollato, e abbiamo smascherato l’ipocrisia del padronato italiano che è stato di fatto responsabile delle stragi di Bergamo e Brescia (salvo ora essere super a favore di vaccino e green pass, per motivi solo apparentemente contraddittori). Da qui una serie di nostre rivendicazioni, in primis quella di una patrimoniale del 10% sul 10% più ricco dei patrimoni.

Giustissima anche la vostra denuncia sulla gestione «irrazionale, ingiusta, ipocrita e anche criminale» (p. 1) della pandemia, sulla quale non stiamo a dilungarci perché gli esempi sarebbero troppi, del resto Wu Ming 1 ne fa tantissimi nel suo libro (costringere i lavoratori a crepare sui luoghi di lavoro ma non permettere di uscire in un parco, inseguire con l’elicottero e pestare dei corridori solitari sono solo alcuni fra i tanti possibili esempi). Avete anche ragione da vendere sulla vostra critica alla cosiddetta “pace sociale pandemica”, cioè all’atteggiamento secondo il quale, data la situazione di emergenza che colpisce tutti (ma non tutti allo stesso modo, in realtà), bisognerebbe stare zitti e lasciare lavorare il governo del banchiere-dittatore Draghi, che del resto è lì solo per il nostro bene. Naturalmente, noi non siamo mai caduti in questa trappola, e la nostra mobilitazione contro il governo Draghi continua.

Il problema è che, dopo queste premesse assolutamente giuste e condivisibili, voi affermate tante cose che non sono né giuste né condivisibili, e che non sono basate su un’analisi completa dei fatti. Noi non ci siamo opposti al green pass semplicemente perché l’abbiamo ritenuta un’opposizione inutile nel migliore dei casi o sbagliata nel peggiore. Si tratta di uno strumento – non l’unico, per tranquillizzare eventuali no vax/no pass – utile per combattere la pandemia anche e soprattutto all’interno della classe lavoratrice, e sarebbe stato assurdo da parte nostra opporvisi per mero spirito di bastian contrario, cosa che invece hanno fatto molti altri. Né naturalmente la nostra posizione è scaturita dalla paura di dire «le stesse cose della destra» (anche se, come diremo, quando in certe proteste vi è una presenza consistente o egemonica di certe aree, la cosa dovrebbe fare riflettere). Salvini e la Meloni, infatti si sono opposti al green pass, ma non solo «per motivi strumentali» (p. 1), come dite voi. Naturalmente i motivi strumentali e l’opportunistico desiderio di fare cassa sono stati presenti, ma vi facciamo notare che Salvini, Meloni, e tutto il resto della destra più o meno estrema si sono opposti al green pass anche per motivi profondamente ideologici. Questa è una cosa che si deve riconoscere. Stiamo parlando di forze politiche che fanno dell’individualismo più egoista ed estremo la loro cifra principale. Il loro opporsi a una misura che certo, in una certa misura limita la libertà personale (ma a favore del bene della collettività), rientra perfettamente nelle loro convinzioni ideologiche. «Io voglio fare sempre e comunque quello che voglio, e degli altri me ne sbatto» (anche qui, non stiamo a dilungarci troppo con gli esempi: stiamo parlando di forze politiche che ritengono le tasse in quanto tali una violazione della libertà personale se non addirittura “schiavitù”, ecc. ecc.).

Dite anche chiaramente che le piazze no pass sono state piene di «schifezza semiotica e ideologica» (p. 1), giustissimo, ma proseguite il vostro ragionamento sostenendo che non vi sia stato solo quello, e che le proteste erano sostanzialmente da sostenere. Ora, naturalmente c’è una differenza tra una lotta sostanzialmente giusta con qualche difetto, e una lotta sostanzialmente sbagliata con qualcuno che vi partecipa onestamente. È proprio qui che sta la nostra divergenza: voi ritenete che le proteste no pass siano state la prima cosa, noi la seconda. Naturalmente, fate degli esempi cercando di sostenere la prima tesi come quella del prete Gapon nel 1905 (a parte il paragone azzardato, ci permettiamo di notare che i CARC hanno usato l’esempio di Gapon per sostenere i Forconi e dopo il governo Salvini-Di Maio; riteniamo ogni ulteriore commento sia superfluo).

Voi fate benissimo a denunciare quella che voi definite la “reductio ad Hitlerum” (p. 2), cioè la tendenza a usare i termini “fascista” o “nazista” a sproposito e come insulto gratuito, come ha fatto la stampa borghese e non solo. Ovviamente, le proteste no pass sono state composite, vi sono stati presenti elementi di estrema destra, di estrema sinistra, più tanti altri confusi e apolitici (peccato però che siano stati gli elementi di destra a essere prevalenti ed egemonici, basti pensare al ruolo di Castellino e Fiore nelle piazze romane, anche se qualcuno non lo vuole ammettere). Detto questo, non c’era e non c’è nessuna giustificazione per etichettare come “fascista” o “nazista” una persona semplicemente perché ha partecipato a una protesta no pass (il discorso cambia un po’ quando si tratta di persone esplicitamente neo-fasciste e neo-naziste, che non sono mancate). Ma qui, purtroppo, emerge un grave limite unilaterale della vostra posizione. L’usare i termini f… e n… a sproposito è un hobby molto praticato da no vax e no pass, ma sembra che voi non ve ne siate accorti. Eppure, basta sfogliare qualche giornale o dare un’occhiata ai social o alle liste WhatsApp per rendersi conto di tutto l’armamentario di sciocchezze sparato da questi personaggi. Il vaccino sarebbe espressione di una medicina “nazista” (tant’è che chi lo sostiene è un “vaccinazista”).

Naturalmente, chi non si oppone al green pass è un “fascista” (insulto che ci siamo beccati anche noi), è il certificato vaccinale sarebbe l’equivalente della tessera del fascio! A una persona con un minimo di buon senso non verrebbe neanche in mente di paragonare un certificato vaccinale alla tessera del Partito Nazionale Fascista (tessera che, essendo il PNF allora al potere l’unico partito esistente, era naturalmente opportuno o indispensabile avere per poter fare tante cose). Come minimo, l’impressione che dà la vostra intervista è che voi avete visto certe riduzioni imbecilli solo da una parte, e questo certamente non permette di avere un quadro completo della situazione. Per non parlare dell’assalto squadrista alla CGIL di Roma (che naturalmente non si tratta di paragonare allo squadrismo novecentesco, ma resta la gravità inaudita del fatto, al quale qualche sedicente no vax di sinistra ha plaudito, e a cui nei fatti settori stalinisti come il PC di Rizzo e sindacati di base come il Sol Cobas hanno dato seguito con la canea scatenata sotto la Camera del Lavoro di Milano durante il corto dello sciopero dell'11 ottobre) e degli altri casi di violenza di cui si sono resi colpevoli no vax/no pass, a prescindere dalla loro vera o presunta coloritura ideologica. Basti pensare ai grillini aggrediti a Milano (il c.d. Movimento 5 stelle, nato da una società di marketing, dopo essersi caricato i no vax – come tante altre fesserie complottiste – li ha in seguito scaricati, e puntuale è arrivata la vendetta, che francamente fa più piangere che ridere), le minacce agli scienziati o le aggressioni ai giornalisti.

Sarebbe bene ammetterlo una volta per tutte: questi personaggi ricorrono alla violenza perché in Italia sono una esigua minoranza, soprattutto all’interno dei lavoratori. Consapevoli di essere in minoranza, e mossi da un odio fanatico e anti-scientifico (ma mediaticamente molto più presenti di quanto meriterebbero a causa dei loro strilli), devono ricorrere alla violenza verbale e fisica un po’ per sfogarsi, e un po’ per acquisire visibilità. Queste violenze possono essere solo condannate, e alla lunga potranno portare questi personaggi solo alla sconfitta: agli italiani non piace la violenza insensata e gratuita contro persone innocenti, la gravità della pandemia e la necessità di alcune restrizioni e limitazioni alla libertà personale sono state capite dalla stragrande maggioranza della classe lavoratrice.

Detto questo, ci sentiamo di sottoscrivere sostanzialmente la vostra spiegazione sul perché la “sinistra” venga talvolta presa a bersaglio dalle proteste di piazza: ormai nella percezione di moltissimi italiani "la sinistra" è il Partito Democratico, cioè un partito neoliberista in cui le masse popolari riconoscono, giustamente, un nemico. Non è un caso se il PD è soprannominato il «partito delle ZTL» [Zone a Traffico Limitato]: è votato principalmente nei centri storici trasformati in salotti borghesi e in quartieri chic come i Parioli a Roma. È lì che sta la sua base sociale: una media borghesia pretenziosa e ipocrita, che ostenta i residui del proprio status "intellettuale" e una sempre più moderata identità "di sinistra", ma nella realtà concreta è disgustosamente elitaria, si entusiasma per il classismo in ogni sua manifestazione, ammira un banchiere come Draghi e vuole più tecnocrazia, più disuguaglianza – ma la chiama «meritocrazia o innovazione» (p. 2).

Naturalmente, capiamo e condividiamo il disprezzo per questa c.d. “sinistra”, ma questo non ci avvicina certo ai no pass. Noi siamo contro la macelleria sociale (p. 2) che anche voi denunciate, ma il massacro di governo e padroni nulla c’entra con misure che sono nell’interesse di tutti, e specialmente nell’interesse della classe lavoratrice.

Detto questo, è sbagliato dire che in Italia sia nata una chissà quale «consapevolezza» addirittura paragonabile all’«autunno caldo» (p. 2). Fortunatamente, i settori più coscienti della classe lavoratrice sono stati attivi sin dal primo momento negli scioperi spontanei per reclamare più sicurezza sul lavoro. Noi stessi del PCL siamo sempre attivi e vicini ai nostri compagni nei vari luoghi di lavoro, ovunque vi sia una vertenza, una fabbrica che chiude, licenziamenti, delocalizzazioni, ecc. ecc. Ma, in primo luogo, non bisogna confondere questa lotta anticapitalista e anti-padronale con quella no vax/no pass, che rappresenta sostanzialmente una diversione. In secondo luogo, bisogna stare attenti a non illudersi che una crisi porti necessariamente a una radicalizzazione di massa. La storia ci insegna che le cose sono più complicate (l’aveva capito Trotsky). Anzi: purtroppo, una crisi può anche essere occasione di mobilitazione reazionaria delle masse, anzi che rivoluzionaria. Noi ne siamo coscienti, e per questo ci siamo sempre ben guardati dal cadere nel “tantopeggismo” (speriamo che le cose vadano il peggio possibile, così poi vinciamo…).

A p. 3, voi definite il green pass «la goccia che ha fatto traboccare il vaso», ma bisogna stare attenti a di che gocce si sta parlando e non confondere cose che hanno poco o nulla a che fare le une con le altre. La lotta no vax/no pass è sostanzialmente sbagliata, non porterebbe ad alcun miglioramento ma anzi ad un peggioramento delle condizioni dei lavoratori, e pertanto non l’abbiamo mai sostenuta. In altre parole, non fa parte della soluzione ma fa parte del problema: simili diversioni non fanno che distogliere l’attenzione dalla lotta vera che invece bisogna fare, contro i padroni e il loro sistema.

Per reiterare cose che abbiamo già detto, poi, qui non si tratta di “disprezzare” il concetto di libertà personale (p. 3). Si tratta, invece, di riconoscere che in certe condizioni (e una pandemia senza precedenti nella storia è una di queste, scusateci) alcune limitazioni alla libertà personale sono necessarie e indispensabili, perché servono per il bene di tutti. Poi, quando dite che «a sinistra esistono tradizioni in cui si è parlato delle libertà con sufficienza e addirittura con disprezzo. In fondo a quella strada ci sono i gulag» (p. 3, corsivo nostro), francamente la cosa ci preoccupa non poco. Voi stessi vi siete appena lamentati di termini e paragoni storici usati alla carlona, e poi cadete nello stesso errore! Siamo chiari: i gulag non c’entrano assolutamente nulla con il green pass, questa misura (e neanche l’obbligo vaccinale) non c’entra nulla con l’essere rinchiusi in un campo di concentramento di vario tipo (con buona pace di alcuni pagliacci no pass che a Novara hanno manifestato in divise a strisce paragonandosi a prigionieri di un lager nazista, usando anche delle stelle gialle con la scritta “non vaccinato” anzi che “ebreo”… Ringraziamo i non pass novaresi per averci ricordato che non esistono limiti alle sparate, e tralasciamo il fatto che nell’Italia di oggi, in effetti, esistono dei luoghi paragonabili ai dei campi di concentramento, i Cpr [1]. Chissà se i no pass faranno mai qualcosa contro queste prigioni per immigrati, ma temiamo che ad aspettare loro gli immigrati avranno un bell’aspettare).

Voi fate bene a distinguere l’egoismo e l’individualismo dalla legittima autonomia personale. Ma, appunto, noi riteniamo che le proteste no vax/no pass siano state un esempio proprio di individualismo ed egoismo fanatici. Del resto, ci sarebbero tante altre violazioni della libertà personale molto più gravi ma contro le quali non registriamo grandi proteste. Che dire dei c.d. “social” network, che fanno milioni e milioni proprio sui dati privati che le persone volontariamente mettono a loro disposizione? Una riflessione in materia sarebbe opportuna – e noi sappiamo che voi l’avete già fatta – ma resta il fatto che a volte si protesta contro certe cose non rendendosi contro di altre in realtà ben più gravi ma meno evidenti (l’aveva già capito Le Bon a fine Ottocento…).

Per concludere, quindi, assolutamente nessun sostegno a un autoritarismo capitalistico (p. 3), e pieno accordo sul fatto che la gestione della pandemia in Italia ha attaccato la socialità in modo ipocrita e selettivo, e più di quanto necessario (non stiamo a ripetere i dati correttamente forniti da Wu Ming 1 nella Q di qomplotto sull’aumento dei suicidi, depressione, ecc. Wu Ming 1 ha ragione da vendere quando dice che per la gestione della pandemia sarebbe stato bene consultare anche altri scienziati, non solo medici e virologi – come psicologi, antropologi, sociologi ecc. – ma era evidentemente una cosa che da un governo borghese e pasticcione non si poteva pretendere). Ovviamente, limitarsi a definire “da fascisti” queste critiche sarebbe «come minimo un segno di ottusità ideologica» (p. 3) ma noi questo non lo facciamo e non l’abbiamo mai fatto. Peccato che, come vedremo, di questa ottusità i no pass hanno dato brillante prova.

Quando sottolineate la stupidità della stampa borghese che, a seconda della digestione di questo o di quel pennivendolo, ha definito le proteste “fasciste”, poi di estrema sinistra, black bloc, addirittura come un ritorno delle Brigate Rosse (p. 4), non c’è molto da dire. La stampa borghese non è stata capace di andare a fondo su certe questioni. Non ne è stata capace in questo, come non ne è capace in tantissimi altri casi.

Per quanto riguarda il caso di Trieste (che è stato abilmente gonfiato per dargli molta più importanza di quella che aveva), naturalmente ci guardiamo bene dal sostenere la violenza della polizia italiana contro i no pass, «la polizia inviata da un governo che è il più filo-padronale e neoliberista della storia italiana, presieduto dall’ex-capo della Banca centrale europea, uno degli uomini che pilotarono lo strangolamento della società civile greca» (p. 5). Peccato che i no vax/no pass, come abbiamo detto, non si sono fatti scrupoli a usare la violenza contro la CGIL di Roma e in altri casi. Non dimentichiamoci poi che un pugile neonazista sostenitore delle proteste, risultato positivo al Covid, ha dichiarato di essersi ammalato per aver “preso freddo”, anche a causa dell’acqua degli idranti…
Ci fa piacere che abbiate ammesso che «a Trieste sono apparsi anche fascisti e guru del cospirazionismo di stampo QAnon, anche provenienti da altre parti d'Italia», aiutati dai media che li hanno intervistati di continuo, e che «nei cortei» si siano sentiti «anche discorsi cospirazionisti e tesi pseudoscientifiche», dato che è «naturale che ciò accada» (p. 5). Siamo perfettamente d’accordo.

Non stiamo a ripetere la ricostruzione sostanzialmente giusta dell’inizio della pandemia che fate a p. 7, dato che ne abbiamo già parlato (l’ipocrisia di Confindustria e del governo, misure talvolta eccessive, sbagliate e dannose). Non è vero che il green pass sia solo «uno strumento di propaganda» (o meglio, il governo lo può usare come tale, ma è compito nostro smascherare la sua propaganda!), né è «uno strumento discriminatorio che punisce con l'isolamento sociale o la perdita dell'impiego milioni di persone che non hanno commesso alcun atto illecito» (p. 8). Non capiamo di quale isolamento sociale stiate parlando. È ovvio che il certificato è stato introdotto per invogliare, spingere a vaccinarsi chi non lo ha ancora fatto. Ma chi non vuole vaccinarsi può fare il tampone (a esclusione di alcune categorie per le quali è stata ormai introdotta l’obbligatorietà), che in alcuni luoghi di lavoro è pagato parzialmente o totalmente dal datore di lavoro, per non parlare di alcuni datori di lavoro che non chiedono nulla, né il certificato, né il tampone, dei milioni di persone che lavorano in nero, ecc. ecc. (Parentesi, una delle tiritere dei no vax/no pass è: perché concentrarsi solo sul vaccino? Facciamo anche il tampone!). Né è vero che il green pass «è uno strumento che permette ai padroni un controllo senza precedenti sui lavoratori». Ci sono tanti strumenti coi quali i padroni controllano i lavoratori, e senza nessuna scusa di tutela della salute: sarebbe bene, pertanto, concentrarsi su quelli.

Per quanto riguarda la questione dell’obbligatorietà, bisogna fare una parentesi in seguito ai recenti sviluppi. Prima di pubblicare questa lettera (e prima dell’imperversare della variante Omicron), sapevamo già che il vaccino sarebbe stato reso progressivamente obbligatorio in sempre più paesi. Già da tempo l’Organizzazione Mondiale della Sanità – che naturalmente è a capo del complotto vaccinale, secondo qualcuno – consigliava di tenere l’obbligatorietà come extrema ratio, perché è impopolare e per questioni di fattibilità tecnica; allo stesso tempo, però, invitando i governi a parlarne nel dibattito pubblico, per preparare la popolazione a ogni evenienza. Noi non ci siamo opposti al green pass ma, visto l’aggravarsi della situazione, siamo giunti alla conclusione che bisogna sostenere anche l’obbligatorietà vera e propria, oltre all’esproprio dell’industria farmaceutica, all’abolizione dei brevetti, ecc. Su obbligatorietà e libertà personale, valgono le stesse considerazioni che abbiamo sempre fatto sul green pass. Noi non disprezziamo la libertà personale, ma in una situazione così grave reclamiamo una misura che è nell’interesse di tutti, soprattutto della classe lavoratrice, anche se certamente incide sulla libertà individuale.

Voi fate benissimo a distinguere fra vaccino e politica vaccinale, fra no vax e no pass, e fate benissimo a sottolineare di non essere «in grado di fare discorsi specificamente scientifici e farmacologici sul vaccino» (p. 8). Qui, però, ci preme sottolineare che questa vostra semplice affermazione sia in contrasto con quello che dicono (o meglio, sparano) i no vax e no pass più arrabbiati, dato che si tratta di persone animate da un vero e proprio odio antiscientifico e pseudo-scientifico, contrari alla scienza “ufficiale” in quanto tale considerata, sempre e comunque, dalla parte di interessi loschi (case farmaceutiche, finanza ebraica, ecc. ecc.). Un conto è criticare la distruzione della sanità pubblica e lo strapotere delle multinazionali del farmaco (come infatti facciamo sia noi che voi), un conto è essere contro la scienza in quanto tale. Questo atteggiamento, che piaccia o no, è molto diffuso nel fronte no vax, ed è un atteggiamento che va rifiutato con forza (sul come combatterlo potremmo discutere all’infinito. Qui permetteteci solo di dire che anche a noi piacerebbero molto dibattiti seri e con proprietà di linguaggio, ma questo è questo proprio il tipo di dibattiti che questi personaggi sono assolutamente incapaci di sostenere).

Voi dite apertamente a p. 9 di esservi vaccinati (così facendo, vi attirerete l’odio dei cospirazionisti più arrabbiati, che vi definiranno dei servi con la mente ormai sotto controllo, ecc. ecc.), e definite comprensibile lo scetticismo e i dubbi di tante persone, e per ottimi motivi. Noi siamo completamente d’accordo voi. Scusate se ci ripetiamo: come Wu Ming 1 ha chiarito tante volte nella Q di qomplotto, le fantasie del complotto nascono spesso o sempre da un nocciolo di verità, talvolta piccolissimo, vengono poi gonfiate a non finire, fino agli apici dell’assurdo. Quindi, è compito di ogni vero anticapitalista smascherare la natura diversiva dei complottismi e lottare contro i problemi veri: la distruzione della sanità pubblica, i vaccini riservati ai popoli ariani della terra, ecc. ecc. (una cosa curiosa, però, è come si possa combattere per il diritto di tutte/i al vaccino assieme a gente che dice che il vaccino è inutile, dannoso, un complotto, ecc. ecc… è ovvio che tra le due cose c’è una contraddizione di fondo. Con queste persone, purtroppo, non è possibile nessuna alleanza).

Ma attenzione: c’è una bella differenza fra il capire, lo spiegare dubbi, diffidenza e scetticismo e l’assecondarli o il sostenerli. Noi facciamo la prima cosa, non la seconda. Noi diciamo chiaramente che vaccinarsi è importante è necessario, che è uno strumento importante e fondamentale (naturalmente, non l’unico) per contrastare la pandemia, e che non c’è nessuna ragione sufficiente per non farlo. Un minimo di rischio c’è, quando si somministra in massa un vaccino nuovo contro una malattia nuova, ma bisogna correrlo per evitare guai peggiori. La pandemia sarà lunga e non sarà risolta da nessuna bacchetta magica (che secondo qualche compagno accecato dall’ideologia è il vaccino prodotto da un paese piuttosto che un altro: quindi, il filo-cubano che vuole farsi solo il vaccino cubano, il filo-russo che vuole farsi solo quello russo, i filo-cinesi e via dicendo. Peccato che la Corea del Nord ha non ha prodotto un proprio vaccino, se no Marco Rizzo correrebbe a farselo…).

Per quanto riguarda la vostra osservazione che «in una società capitalistica la medicina opera [anche] secondo logiche capitalistiche» (p. 9), bisogna stare molto attenti a come questa affermazione viene declinata, perché detta così potrebbe essere sia vera che falsa. Intanto, se si sostiene che la medicina in quanto tale nella nostra odierna società capitalistica operi esclusivamente secondo logiche capitalistiche, sarebbe interessante avere un esempio di una medicina che operi secondo logiche diverse. Detto questo, bisogna stare attenti a non confondere la medicina in quanto tale dai suoi usi e manipolazioni capitalistiche, che è ben altra cosa. La medicina come disciplina è nata prima che esistesse il capitalismo, e come dicevamo sopra, si basa su alcune basi scientifiche e sperimentali che sono indipendenti da questa o da quella ideologia. Altra cosa è spacciare per verità scientifiche assolute delle politiche che invece hanno degli obiettivi ben chiari e che non la scienza non c’entrano nulla. Esempio: qualora un medico sostenesse la sanità privata, noi non gli daremmo certo corda, ma lo denunceremmo come un profittatore che vuole lucrare sulla salute delle persone. Insomma, ci sono cose che non sono un’opinione, ma è naturale che un relativista fanatico o accecato dall’ideologia non sia capace di vedere questo fatto.

Ancora: logica capitalistica vuol dire, per esempio, devastare la sanità pubblica a favore di quella privata, o rendere la sanità pubblica a pagamento chiamando le fatture che devi pagare “ticket” (vero e proprio stupro della lingua italiana: i biglietti si pagano per andare al cinema o allo stadio, non per farsi curare!). Sostenere che la pandemia in quanto tale o che il vaccino in quanto tale siano dei complotti capitalistici (come purtroppo qualcuno fa), non c’entra niente con il vero anticapitalismo, è anzi deleterio e dannoso. La critica che voi fate a ciò che voi definite “scientismo” (p. 9 con nota a p. 14) non è abbastanza chiara né ben argomentata perché noi possiamo esprimere una opinione fondata a riguardo. Naturalmente, il termine “scienza” è importante e non va usato a sproposito ma, siamo costretti a ripetere, l’odio antiscientifico e pseudo-scientifico di certe persone non aiuta di certo, né aiuta l’uso improprio di alcuni termini fatto da certi non pass/no vax. V. il termine “dogma”: ai no vax, ai negazionisti dell’Aids, dell’Olocausto ecc., piace molto definirsi eroi dissidenti contrari a una maggioranza autoritaria che li reprime. Queste persone non hanno capito, purtroppo, che senza la convinzione di poter raggiungere una verità oggettiva tramite il metodo scientifico/sperimentale (che naturalmente potrà essere provata sbagliata da ricerche successive), la scienza non esiste. Come hanno spiegato bene Seth Kalichman e Nicoli Nattrass nel caso del negazionismo Aids – e molte loro osservazioni calcano perfettamente anche sui no vax/no pass – il relativismo para-scientifico genera mostri [2]. Basti guardare al Sud Africa, dove il presidente negazionista Aids Thabo Mbeki ha causato centinaia di migliaia di morti invitando i sieropositivi a non curarsi, sostenendo che l’Aids non esisteva, non era così grave o era un complotto.

Lo stesso per quanto riguarda la questione della libertà di espressione. Come tutte le libertà, anche quella di espressione ha dei limiti, senza i quali diverrebbe ipocrita e l’esatto contrario di un nobile principio. Ormai, le riviste scientifiche non pubblicano più articoli che negano l’esistenza dell’Aids o che dicono che l’Aids non è causato da un virus, perché si tratta di cose sufficientemente accertate (dopo centinaia di migliaia di studi), è che sarebbe inutile e dannoso sostenere. Dare questo tipo di “libertà di espressione” ai negazionisti Aids non significherebbe garantire un diritto, ma commettere un crimine. Allo stesso modo, nessuno può oggi seriamente sostenere che la pandemia Covid non esista, che sia un complotto o che abbia la stessa mortalità dell’influenza; né che i vaccini siano “inutili e dannosi”, fatti con feti umani, che contengano sostanze per controllare la mente, o che siano prodotti esclusivamente per far fare profitti alle multinazionali. Come dicono giustamente le persone più serie che si occupano di divulgazione scientifica, la fiducia (che non è fede cieca) nella scienza si costruisce informando e spiegando. In questo, naturalmente, una concezione elitista e borghese della conoscenza che guarda alla divulgazione come una perdita di tempo non aiuta (nell’accademia borghese italiana, per es., è capitato che a un nostro compagno ricercatore una baronessa accademica abbia detto: «Le consiglio di non perdere tempo con cose di scarso valore scientifico», cioè con la divulgazione!).

Ma, ci dispiace dirlo, non aiuta neanche la convinzione fanaticamente populista e oclocratica (in Italia ben rappresentata dai grillini, es. Beppe Grillo che definisce Rita Levi Montalcini “una baldracca”) secondo la quale lo stesso concetto di competenza, studio e preparazione non hanno senso. Tutti possono dire tutto quello che vogliono su tutto, dato che pensarla diversamente significa essere elitisti… (viene in mente un onestissimo ministro-cittadino che poco prima del crollo del ponte Morandi di Genova aveva detto che non necessitava di alcuna riparazione, che sarebbe stata solo una perdita di tempo).

Dobbiamo citare Antonio Gramsci? In un importante e ignorato passo dei Quaderni dal carcere, Gramsci sottolineava che, una volta andata al potere, la classe operaia avrebbe premiato e promosso le menti migliori, più competenti e capaci della classe operaia, di modo che potessero studiare e dare il proprio contributo alla costruzione della nuova società. Naturalmente, chi conosce un po’ la biografia di Gramsci sa che si era fatto il mazzo lavorando da bambino in un ufficio comunale, sette giorni su sette, e rompendosi la schiena sollevando registri che pesavano più di lui. In seguito, aveva potuto studiare a Torino (senza però laurearsi, dato che aveva deciso di dedicarsi interamente all’attività politica), con una borsa di studio da fame che lo costringeva alla malnutrizione cronica. Nonostante questo o forse proprio per questo Gramsci capiva benissimo che lo studio e l’acquisizione di competenze sono dei lavori a loro modo faticosi, che richiedono esercizio, pazienza e dedizione, e che non saranno mai appannaggio della totalità della popolazione. Insomma, niente 6 politico a scuola o 18 politico all’università, perché così si finisce coi ponti e le scuole che crollano.

Per tornare ai fanatici no vax/no pass, farebbero bene a piantarla di farneticare di “rispetto per le minoranze”, dato che queste persone non sanno neanche cosa sia il rispetto, e tanto meno per le minoranze. Potrebbero pensare alla consistente minoranza di persone morte di Covid e alle loro famiglie, alla minoranza dei lavoratori della sanità, a quella minoranza di persone che si chiamano scienziate e scienziati e che svolgono un lavoro prezioso e che non sarà certo sostituito dall’oclocrazia fanatica. Il già citato Seth Kalichman, uno psicologo comportamentale americano che ha studiato il negazionismo Aids, sottolinea nel suo libro l’importanza degli scienziati dissidenti. Soprattutto quando si scopre un fenomeno nuovo (ed era il caso dell’Aids quando era stato appena individuato e ne si sapeva poco o nulla) è normale e giusto che vi siano studi diversi con conclusioni diverse.

Questi studi vengono pubblicati nelle riviste scientifiche, vengono dibattuti nelle conferenze, ecc., e col tempo e con l’accumulazione di dati, si può arrivare a delle conclusioni accertate. Per ripetere, è ormai accertato che l’Aids è causato da un virus, che non è causato dall’omosessualità o dal consumo di droghe, e che i farmaci retrovirali sono importanti perché possono permettere ai sieropositivi di fare una vita praticamente normale. Quando, anche di fronte a una mole di prove incontrovertibile (nel caso dell’Aids stiamo parlando di centinaia di migliaia di studi) ci si intestardisce a negare questi dati, allora si cade nel negazionismo. Questo è un termine da non usare a cuor leggero e non lo fa neanche Kalichman. Il quale, da psicologo, spiega che una negazione temporanea di fronte a un problema di salute è fisiologica e addirittura benefica. Se a una persona viene improvvisamente diagnosticata una grave malattia, può succedere che inizialmente quella persona la neghi. Ciò è naturale, e anche benefico se serve al paziente a reggere la botta iniziale e a poter poi lottare contro la malattia. Ma se la negazione si prolunga nel tempo, e porta il paziente a rifiutare l’aiuto dei medici, ecc., diventa maligna. Si parla invece di negazionismo vero e proprio quando si cerca invece di convertire altre persone a tesi sbagliate, magari addirittura scrivendo libri, riviste, siti internet, e fondando associazioni con questo scopo. Il problema è che anche tra i no vax vi sono esempi di questo vero e proprio negazionismo.

Per tornare al “rispetto per le minoranze” del quale parlano tanto i no vax, non c’è niente che li faccia schiumare di rabbia più dei medici che vengono radiati dall’ordine per le loro tesi negazioniste. Anche qui, la manipolazione che fanno questi personaggi cade facilmente approfondendo un po’ la questione. Naturalmente anche l’ordine dei medici (come tutti gli ordini professionali), ha delle regole di adesione e che nel caso permettono anche la radiazione di qualcuno che non rispetti queste regole. Inutile dire che si tratta di una misura che viene presa solo in casi molto rari ed estremi, per esempio nel caso di una dottoressa no vax che andava dicendo che i vaccini fossero fatti con feti umani. Questo esempio o altri simili mostrano che anche una procedura come la radiazione, purtroppo, a volte deve essere presa, perché non si può permettere ad alcuni individui deliranti di infangare e screditare la professione, di diffondere notizie false e di fare danno. Anche qui, permettere a certe persone di fregiarsi del titolo di medico non significherebbe garantire la libertà di espressione, ma commettere un crimine.
Noi siamo d’accordo con la vostra critica delle persone che non hanno «la minima idea di come funzionano la scienza, la ricerca, il dibattito interno alla comunità degli scienziati» (p. 14), ma dovete ammettere che proprio tra i no vax/no pass si trovano non poche di queste persone, se non volete dare un’immagine edulcorata e falsata della realtà.

Quando dite «quando l’antivaccinista spara cazzate e diffonde notizie false e fantasie di complotto, le smontiamo nella misura in cui siamo in grado di farlo, come fa WM1 nel suo libro La Q di Qomplotto» (p. 10), siamo perfettamente d’accordo con voi. Abbiamo già detto dell’ammirazione per l’ottimo libro di Wu Ming 1, che tutti dovrebbero leggere, ma la nostra ammirazione per voi va anche oltre. Già da tempo, infatti, voi avete fatto sul vostro blog una opera preziosa contro il rossobrunismo, un fenomeno sì minoritario ma comunque preoccupante e che voi sapete smontare pezzo per pezzo.

Per noi non si tratta di usare i no vax come «capro espiatorio» (p. 10), né ci piacciono le campagne d’odio, ma siamo costretti a ripetere: l’odio irrazionale, fanatico e antiscientifico di molti no vax fa parte del problema, non della soluzione. I no vax non saranno l’unico problema e neanche quello principale, ma la cosa rappresenta un problema è come tale va considerata. Pur essendo coscienti delle profonde cause storiche, sociali e psicologiche dei cospirazionismi, non li assecondiamo né li sosteniamo neanche indirettamente, perché così non si va nella direzione della soluzione del problema, ma in quella esattamente contraria.

Quando, vero la fine dell’intervista, riassumete il contenuto del libro di Wu Ming 1, non possiamo che ripetere il nostro consenso. Certamente, i cospirazionismi nascono da «nuclei di verità» (p. 10), cosa del resto riconosciuta praticamente dalla totalità delle persone che li hanno studiati.

Noi individuiamo nella diffusione di massa e trasversale dei cospirazionismi (anche in tema di vaccini) l’espressione di un malessere, di un malcontento, di una confusa consapevolezza che la società capitalistica è invivibile, disumanizzante, alienante. Sono questi i «nuclei di verità», ce ne sono di generali e di più specifici.

Persino QAnon ha nuclei di verità: il sistema è effettivamente mostruoso, il partito democratico americano serve davvero gli interessi di un’élite schifosa. Il fatto che da queste premesse e intuizioni derivi, anziché una coscienza coerentemente anticapitalistica, la credenza in una società segreta di satanisti pedofili vampiri che tengono milioni di bambini schiavi sottoterra è un grosso problema (p. 10).

E naturalmente, siamo fin troppo d’accordo sulla subordinazione della salute alla ricerca del profitto, rapporto morboso tra medicina e mercato, dipendenza della ricerca medico-farmaceutica da imprese ad alta concentrazione di capitale, crescente burocratizzazione e spersonalizzazione della cura, sfiducia nell’industria sanitaria dopo una lunga sfilza di scandali... (p. 10-11).

Per arrivare alla fine del vostro (e anche del nostro) ragionamento, una domanda si impone spontanea. Che fare? Appurato che i cospirazionismi sono un problema reale, che esiste, e che nascono da problemi reali e che esistono, quale approccio dovrebbe assumere nei loro confronti una sinistra coerentemente anticapitalista?
Naturalmente, nessun approccio serio può ignorare «le contraddizioni del sistema, le classi, i rapporti sociali, i rapporti di forza, in generale le dinamiche collettive […] insomma, le condizioni materiali del cospirazionismo» (p. 11). A costo di sembrare banali, dobbiamo dire che la questione non è semplice, e che neanche noi (ahinoi), abbiamo bacchette magiche per risolvere la questione. Voi e nello specifico Wu Ming 1 nel libro criticate l’approccio criminalizzante o deridente.

Precisiamo che a noi non piace “criminalizzare” (a meno che si tratti di criminali veri e propri che attaccano sedi sindacali e che aggrediscono scienziati e giornalisti) né deridere nessuno. Per quanto riguarda la comicità, non ci interessa rubare il mestiere a Beppe Grillo (mago dei complottismi e che infatti ha realizzato la grande magia di portarli in massa in parlamento), ma bisogna considerare il contesto. Come dicevamo, se non si vuole dare un’immagine edulcorata della realtà, bisogna ammettere che tra i no vax è presente un odio cieco e fanatico, una violenza non solo verbale ma che si è scatenata anche contro cose e persone. Non abbiamo assolutamente nessun rispetto per dei miserabili che distruggono la sede di un sindacato, che minacciano degli scienziati o pestano dei giornalisti. Noi non cerchiamo rogne e ci teniamo alla larga da questi individui, ma naturalmente non siamo pacifisti, e qualora aggrediti sapremo come difenderci. Alla luce di ciò, riteniamo che un approccio sanamente comico e irridente possa essere utile e che sia uno strumento certamente migliore del bastone e della spranga (gli strumenti che abbiamo visto in azione a Roma). Dobbiamo ripetere lo slogan «una risata vi seppellirà?». Del resto, lo diciamo seriamente, in certe vignette di Vauro o di Altan c’è molta più verità che in molti testi “seri”.

Voi criticate anche quello che voi chiamate «invito a ragionare», critica che francamente non capiamo bene. Il problema è che qualunque dibattito sui cospirazionismi si scontrerà sempre e comunque contro qualcuno che vi e ci riterrà saccenti, arroganti, paternalisti, venduti, borghesi, ipocriti, ecc. ecc. Con chi è caduto del buco del coniglio, purtroppo (magistrale espressione di Alice nel paese delle meraviglie ripresa da Wu Ming 1) sarà spesso impossibile avere una qualunque forma di dialogo, perché vede nella stessa parola “cospirazionismo” un atto di accusa contro sé stesso. Per certe persone, questi complotti sono reali, e chiunque cerchi di criticarli, siano i Wu Ming o il PCL, verrà considerato un bugiardo, un pazzo, una persona intellettualmente inferiore, quando non addirittura un complice dei complotti suddetti.

Pertanto, ci dispiace, ma qualunque dibattito serio sulla questione può essere considerato un «invito a ragionare». Ma allora che dobbiamo fare? Stare zitti e fare finta di niente? Voi naturalmente non fate questo, e neanche noi.

Wu Ming 1 si dilunga su questo nel libro, quando critica la tecnica della smentita (per la quale usa la parola inglese debunking), e l’eccesso razionalistico di maghi come Houdini o il mago Silvan da noi in Italia. Wu Ming 1 dice che la smentita metodica è in sostanza inutile, dato che parla solo ai convertiti. Purtroppo, però, il rischio di “parlare ai convertiti” (cioè alle persone che già la pensano come noi), è sempre presente, ed è automaticamente insito in qualunque forma di attivismo sociale o politico. Anche voi rischiate di fare questo nel vostro blog, così come ha rischiato di farlo Wu Ming 1 nel suo libro. Cosa dovremmo fare, allora? Non fare niente? Come detto sopra, né voi né noi abbiamo scelto questa impostazione. Quello di parlare ai convertiti è un rischio da correre e contro il quale non esistono ricette magiche (è proprio il caso di dirlo!).

Francamente, la parte più debole del libro di Wu Ming 1 ci pare quella sul “reincanto”. È questo un concetto che abbiamo trovato alquanto vago e astratto, e non abbiamo trovato delle utili indicazioni concrete. Naturalmente, non abbiamo niente in contrario ai prestigiatori che svelano i loro trucchi sul palco, né allo studio della storia della magia (così come non abbiamo niente in contrario allo studio della storia delle religioni, dello sciamanesimo, ecc. ecc.), ma non capiamo come questo ci possa aiutare a contrastare efficacemente gli odierni cospirazionismi.
Infine, dobbiamo dire che non nutriamo eccessive illusioni sulle potenziali dei «nuovi movimenti» (p. 11). È ovvio che in un’epoca di rifiuto della politica, la parola «partito» è una parolaccia obbrobriosa, mentre «movimento» suona molto meglio, dato che sa di libertà, democrazia, ecc. ecc…

Anche qui, però, dobbiamo stare attenti a distinguere le apparenze dalla realtà. Noi non siamo fossilizzati nella nostra realtà partitica, e cerchiamo sempre di dialogare con i movimenti quando riteniamo che ci siano le basi minime per farlo. Sosteniamo il movimento Non una di meno, i comitati antifascisti e antirazzisti, cerchiamo di dialogare con i Fridays for future. Lo facciamo quando vediamo che il movimento in questione ha delle basi fondamentalmente giuste, buone ma che magari mancano della necessaria radicalità e sistematicità. Non lo facciamo, invece, quando riteniamo che il “movimento” in questione sia fondamentalmente sbagliato, come nel caso dei no vax/no pass. In generale, vogliamo far notare come i movimenti non siano una panacea buona per curare tutti i mali, dato che possono essere anche reazionari o peggio (senza scomodare il fascismo storico che è nato come un movimento, basti pensare al c.d. “Movimento” 5 Stelle, ecc.). Oppure, un movimento può anche avere basi giuste, ma non essendo in grado di darsi delle strutture che diano un minimo di stabilità nel tempo (magari denunciate come autoritarie, antidemocratiche, ecc.), può essere effimero e sparire senza che quasi nessuno si ricordi di lui (qualcuno si ricorda più delle Sardine?).

Dobbiamo anche dire che non condividiamo il vostro ottimismo quando dite che «la moneta buona scaccia quella cattiva» (p. 11). Non è affatto vero che il cospirazionismo viene detronizzato quando entra a contatto con situazioni reali (p. 12). Anzi, può accadere anche il contrario. Per quanto riguarda la collaborazione eroica fra lavoratori immigrati e italiani, che sottolineate a p. 11, fateci notare che questa preziosa collaborazione è nata in anni di lotte, e non certo sulla questione del green pass! Il perdere tempo su questa questione ha significato semmai una deviazione che ha messo in cattiva luce certe organizzazioni (del resto divise al loro interno su questo argomento, con tanti ripensamenti, ecc.). Sono state proprio le proteste no pass/no vax, purtroppo, a fare largo uso di «frasette a misura di Twitter» (p. 12) [3].

«Parlare all’intersezione tra loro e noi, alla “metà” del loro modo di pensare che abbiamo in comune» (p. 12), come dite voi, è molto difficile, e in molti casi è semplicemente impossibile, perché molti no pass/no vax non hanno alcuna intenzione di stare a sentire le vostre (e le nostre) lunghe, complicate, intellettualoidi (secondo loro) spiegazioni sulla differenza fra la realtà e le fantasie del complotto, ecc. ecc. Voi citate il Tai Chi Chuan nel quale «le “forme”, le sequenze di movimenti lunghe e complesse riesci a farle solo se è giusta la postura iniziale» (p. 12). Appunto, ci verrebbe da dire. Noi insistiamo sul fatto che una postura iniziale no vax, no pass e complottistica sia sbagliata, e che non possa portare a niente di buono. In realtà, temiamo che sia più possibile l’esatto contrario. Queste fantasie possono diffondersi a macchia d’olio proprio perché sono molto più semplici (semplicistiche) della complicata critica dell’economia politica, ecc. ecc.

In conclusione. Adesso che le proteste no vax/no pass sono rifluite e che l’obbligatorietà vaccinale si impone in sempre più paesi, si può dire tranquillamente che sono state un fallimento. Si è trattato di una lotta di retroguardia votata alla sconfitta, e questo semplicemente perché la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori italiani non ha sentito questa questione come importante, avendo cose ben più importanti a cui pensare. Del resto, una reazione molto frequente che abbiamo notato menzionando queste proteste è stata: «Non si può discutere con quelle persone». Appunto. E questa incapacità di discutere, questo odio fanatico hanno contribuito in misura non indifferente alla sconfitta delle proteste.

Di più: i no pass di sinistra credevano forse che queste proteste potessero costituire un attacco al governo Draghi. In realtà, non solo il governo Draghi non ne è stato minimamente scalfito, ma ne è uscito rafforzato, e senza praticamente sparare un colpo. Draghi ha fatto la figura di un capo di stato responsabile che si è trovato a che fare con proteste sparute e poco serie (e adesso, il suo trampolino di lancio verso la presidenza della repubblica è ancora più solido).

Ci auguriamo che ora, a riflettori spenti, le organizzazioni che a sinistra hanno appoggiato le proteste facciano una seria riflessione sull’opportunità della loro decisione.

In quanto a voi Wu Ming, speriamo di (ri)incontrarvi nelle piazze, nelle lotte, nelle fabbriche, nelle scuole e negli altri posti di lavoro dove si lotta per i diritti di lavoratrici e lavoratori, immigrate/i e italiane/i.

Non ci troverete, invece (ve lo diciamo chiaramente), in piazze no vax, no pass, al fianco di movimenti complottisti, antiscientifici, né tanto meno al fianco di neofascisti e neonazisti.


P.S. Questa nostra lettera aperta è stata stilata principalmente da un nostro compagno vostro lettore di vecchia data e che ha letto tutti i vostri libri. Il suo contenuto, però, è sostanzialmente condiviso dalla nostra segreteria, quindi ce ne prendiamo la responsabilità come partito.




Note

[1] Marco Rovelli, Lager italiani (Milano: BUR, 2006).
[2] Seth C. Kalichman, Denying AIDS. Conspiracy Theories, Pseudoscience, and Human Tragedy (New York: Copernicus Books, 2009); Nicoli Nattrass, The AIDS Conspiracy: Science Fights Back (New York: Columbia University Press, 2012).
[3] Qui non ci soffermiamo troppo sull’argomento del populismo digitale, che è stato affrontato saggiamente da Alessandro Dal Lago in Populismo digitale. La crisi, la rete e la nuova destra (Milano: Raffaello Cortina Editore, 2017).

Partito Comunista dei Lavoratori

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