">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Imperialismo e guerra    (Visualizza la Mappa del sito )

Quelli che stanno sul palco...

Quelli che stanno sul palco...

(2 Giugno 2011) Enzo Apicella
Sul palco della parata del 2 giugno i responsabili di stragi e massacri

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

  • Domenica 21 aprile festa di Primavera a Mola
    Nel pomeriggio Assemblea di Legambiente Arcipelago Toscano
    (18 Aprile 2024)
  • costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

    SITI WEB
    (Imperialismo e guerra)

    CI VORREBBE UN'INTERNAZIONALE RIVOLUZIONARIA.......
    per dimenticare la guerra!

    (28 Febbraio 2022)

    “Come le mummie si decompongono istantaneamente quando vengono esposte all'atmosfera, cosi' la guerra esprime il suo verdetto sulle istituzioni sociali che hanno esaurito la propria vitalità” .
    K. MARX
    Sulla guerra di Crimea-1855

    La guerra è la prova sul campo dell'incapacità capitalista a mantenere un equilibrio mondiale stabile.

    Nel suo essere momento nel quale la tendenza alla scissione prevale sull'unitarietà imperialista, si pone come fine di un ciclo ed inizio di un altro, come formalizzazione della rottura di un vecchio equilibrio,
    e prodromo al nuovo.

    In questo senso, ogni crisi bellica, rappresenta il massimo della contraddizione sistemica, che assume e si spiega nella dimensione di fattore economico-sociale complessivo.

    Il mutamento degli equilibri tra potenze è la combinazione tra diplomazia ed armi nella contesa a sostanziare il moto proprio imperialista dentro la dinamica di unitarietà e scissione.

    Nel profondo del movimento reale, oltre l'idealismo di astratte battaglie sovrastrutturali, l'essenza dell'imperialismo, da quando il capitale muove l'intero pianeta, risiede proprio nelle anonime quote di capitale, nelle loro leggi universali, e nel loro determinare un interesse comune, unitario, dell'appropriarsene.

    Questo moto proprio imperialista produce continuamente, all'interno dello sviluppo ineguale capitalista, contrasti ma anche accordi, crisi ma anche equilibrio, comunque regolati dall'unitario interesse per un profitto da sfruttamento senza frontiere.

    L'unitarietà e la scissione concorrenziale si manifestano sia tra blocchi continentali, sia, dentro i blocchi, tra stati.


    E' quanto si trova confermato nell'ultima crisi Ucraina, dove la competizione mondiale si esprime nello scontro tra il blocco euroatlantico e quello russo assistito dalla Cina, con al proprio interno diversificazioni, nei tempi e nelle forme sia dell'attacco che della difesa, delle rispettive sfere di influenza.

    Nel blocco ovest si confronta la resistenza Americana e NATO al loro storico indebolimento con il rilancio, anche militare, della U.E..
    Nel blocco est si verifica un accordo tattico tra la Russia alla ricerca dell'impero perduto e la Cina che guarda a Taiwan accelerando la propria guerra economica mondiale della “via della seta”.

    Queste contraddittorie unitarietà competitive sono alla base dell'assalto russo all'Ucraina, come sono il motivo materiale di esistenza dei 2 partiti internazionali a supporto:
    il partito socialimperialista, europeista e pacifista dell'ovest, e quello sovranista, nazioanalista e filorusso dell'est.

    In autonomia relativa agisce l'organizzazione Vaticana preoccupata per i suoi fedeli, cattolici, evangelici ed ortodossi, egualmente distribuiti ad est come ad ovest.

    A movimento reale corrisponde copertura ideologica.
    A concorrenza diplomatica o bellica, partiti trasnazionali.

    Il partito operaio e' l'unico partito che non c'è.
    Ma che parla per bocca dei suoi militanti senza organizzazione.

    E che non si schiera con nessun boia guerrafondaio,
    né con i loro ventriloqui sovranisti o europeisti sparsi in occidente.

    Il partito degli operai è maturo storicamente tra le maglie dell'internazionalizzazione capitalista, ma non ancora capace di centralizzarsi politicamente ed operativamente.

    I recenti, ripetuti, passaggi delle crisi finanziario-pandemiche,
    ed ora la prospettiva della “lunga guerra” del gas, contribuisce a strappare il sipario delle ipocrisie politiciste e a schierare con chiarezza le forze della rivoluzione.

    La guerra, essendo la dimostrazione sul campo dell'incapacità a qualsiasi soluzione nella dinamica dei rapporti di potenza, rappresenta una crisi di debolezza del sistema, in cui un cuneo strategicamente rivoluzionario ed internazionalista potrebbe operare, trasformando la guerra imperialista in guerra di classe.

    In questa fase storica, l'accelerazione della copertura capitalistica del pianeta rende sempre più difficile lo spostamento delle contraddizioni, e del profitto, in aree geopolitiche da “accumulazione originaria”, creando le condizioni per scontri armati anche diretti tra blocchi economici ed eserciti sovranazionali.
    Un crocicchio epocale inevitabile, dove latita la forma organizzata della coscienza di classe, pur in presenza del suo essere “in sé”.

    Questo squilibrio tra contraddizione oggettiva di sistema ed assenza della condizione soggettiva dell'intervento rivoluzionario batte i tempi del lungo riflusso operaio in occidente, ma anche del risveglio contrattuale diffuso nell'”officina del mondo” dell'est.

    Prendere atto di questa realtà vuol dire rifuggire spontaneismi volontaristi come arroccamenti catacombali su principi senza azione, e lavorare ad una possibile riduzione del gap tra velocizzazione della condizione oggettiva e ritardo storico della soggettività di classe.

    D'altra parte, la rivoluzione muove miliardi di esseri umani sui propri interessi di classe, ma la sua strategia è in poche mani, che vanno allenate sempre, nella lotta come nel riflusso.

    Vogliamo dire che, entro ragionevoli limiti numerici, non è centrale il numero dei militanti, ma la loro omogeneità politica, la loro compattezza organizzativa, la disciplinata monoliticità dei loro comportamenti operativi, preservate dalla invariabile griglia teorica materialistico-dialettica, ma aperte, nell'azione diretta quotidiana, alle novità imposte dalla mutevole complessità sociale.

    Vogliamo dire che l'organizzazione, come il suo rapporto con la classe, non s'improvvisa nei grandi movimenti di massa, ma si costruisce, si roda, si forgia, nei decenni di umile lavorio di contatto e presenza, di costante partecipazione alle lotte economiche anche episodiche, dove operare per concentrare gli elementi piu' coscienti interessati a porsi in rapporto politico antagonista a tutte le altre classi.

    Vogliamo dire che la chiave di volta è l'intervento politico, mutevole e misurato, adeguato ad ogni diversa situazione, e modulato sullo studio per capire il mondo, sulla propaganda e sull'agitazione per denunciarlo, e sull'organizzazione per cambiarlo.

    SOCIETA' INCIVILE

    2217