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il pane e le rose

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Venezia – una manifestazione contro la guerra, con luci e ombre

(5 Marzo 2022)

manifestazione a venezia

Mercoledì 2 marzo si è tenuta a Venezia una manifestazione partecipata da 1.500 dimostranti, per metà studenti medi/universitari, per metà 50/60enni e oltre, con una forte presenza di donne.

Benché chiamata dal coordinamento studenti medi (area “disobbedienti”), la componente prevalente era senz’altro quella pacifista e cattolica. Nonostante l’adesione dei tre sindacati, c’erano solo un paio di bandiere Cisl, tenute da quadri sindacali, e una Uil. Assenti sia la Cgil che Adl e Usb (il SI Cobas non è presente a Venezia). Pochissimi gli operai e i proletari immigrati.

Luci. In piazza si respirava un sincero rifiuto della guerra, non solo della guerra della Russia all’Ucraina, ma anche delle “nostre” guerre e alleanze di guerra (NATO). Il volantino del Comitato permanente contro le guerre e il razzismo (vedi sotto) era l’unico ad essere diffuso, e veniva richiesto con insistenza. Era, però, anche l’unica voce apertamente disfattista verso il “proprio” capitalismo e il “proprio” stato e le sue alleanze militari, l’unica per l’unità internazionale e internazionalista degli sfruttati.

Le non poche, né lievi, ombre riguardano il comizio finale in piazza san Marco – dove, con la solita dose di furbizia mista a prevaricazione, o viceversa, il nostro Comitato e altri compagni di orientamento internazionalista non hanno potuto intervenire.

Tra le affermazioni più formalmente radicali, quella del patriarca di Venezia, che in un passaggio del suo discorso, dopo aver contrapposto la guerra alla pace (quale pace non si sa), ha affermato che la guerra è fatta da chi detiene il potere e pagata dai “più deboli”, il che non è certamente falso, se ci si riferisce alle guerre inter-capitalistiche (tutt’altra storia è per le guerre rivoluzionarie) – per i prelati i proletari sono, per definizione, i “deboli”, ma questa lagna tocca ai proletari stessi di smentirla, mettendo in campo quella forza e quell’autonomia di classe di cui non c’era quasi traccia nelle manifestazioni di questi giorni; altrimenti il linguaggio curiale continuerà ad ammorbarci per molto tempo ancora.

Per il resto si è sentita la denuncia, piuttosto generica, dell’incremento delle spese militari (mai esplicitata, però, la necessità di lottare contro il governo Draghi, che ha già schierato l’Italia in guerra), e la richiesta di porte aperte, anzi spalancate, ai profughi ucraini – decisione del resto già presa dal governo Draghi. La demarcazione dal governo è stata nel rivendicare “porte aperte” a tutti, “no ad immigrati di serie A e di serie B”. Una rivendicazione nella quale ha un certo peso la compartecipazione diretta di esponenti e associazioni “no borders” alla gestione di fondi per le “politiche di accoglienza”, che più e più volte sono rimasti in silenzio, per non dire peggio, di fronte alla velenosa islamofobia.

Nazionalismo al cubo è stato espresso da un lunghissimo intervento di una donna ucraina (una guida turistica). Solo due esempi: “quando gli ucraini nel Medioevo frequentavano l’Università, i russi vivevano ancora in capanna”; “l’esercito ucraino è potentissimo, se volesse, si riprenderebbe il territorio in mezz’ora”. E’ più che comprensibile la rabbia nel vedere invasa la propria nazione – del resto uno dei frutti pestiferi delle guerre capitaliste/imperialiste è proprio l’accensione dei contrapposti nazionalismi. Ma affermazioni del genere, in modo volontario o involontario, vanno ad incentivare quell’isteria russofoba che impazza in tutta Europa (fino alla grottesca esclusione dei gatti russi dai concorsi internazionali…). Un’isteria che è a sua volta benzina sul fuoco della guerra attuale, e di quella mostruosa “terza guerra mondiale” in incubazione, ormai sdoganata nei salotti televisivi.

L’Italia è già in guerra. Mobilitiamoci e scioperiamo tutte/i l’8 marzo!


Con l’insuperabile ipocrisia di chi mente sapendo di mentire, 5 giorni fa il ministro dell’Istruzione Bianchi ha inviato alle scuole una circolare in cui invita studentesse, studenti e personale a “riflettere assieme” sull’art. 11 della Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra”, etc., etc., etc.) e a prendere come valore di riferimento la Pace.

Piccolo particolare: giusto il giorno prima il governo Draghi, di cui Bianchi fa parte, aveva deciso l’entrata in guerra dell’Italia mettendo a disposizione della NATO per il “fronte orientale” altri 1.500 soldati e decidendo l’invio di “armi letali” (anche radioattive?) al governo ucraino. Vietato, però, chiamarla guerra. E’ deterrenza. Come quando si aggredì l’Iraq: fu per eliminare le armi di distruzione di massa di Saddam (che non c’erano). O in altri casi per operazioni di polizia internazionale, o addirittura peace keeping… le formule orwelliane abbondano.

Ma la realtà le fa a pezzi. C’è guerra! Guerra della Russia contro l’Ucraina, da denunciare e condannare senza ambiguità per le sue finalità e i suoi effetti devastanti sulla popolazione, in modo particolare sulle donne, per il portato di violenza, lutti, emigrazione forzata, impoverimento, distruzione dei legami affettivi, che ogni guerra porta con sé.

Ma c’è pure una guerra dell’Europa unita, Italia, Usa, Nato contro la Russia condotta attraverso l’armamento, l’incitamento, i consigli al governo, all’esercito e ai gruppi armati ucraini. Gli ucraini sono la “nostra” carne da macello, per continuare quella marcia verso Est, verso la conquista della Russia, che ha avuto un momento-chiave nella guerra con cui fu distrutta l’ex-Jugoslavia.

Del resto lo stato italiano semina guerre a scala globale: basta vedere dove sono le sue 29 missioni militari nel mondo, e come sta crescendo esponenzialmente la sua spesa bellica (+20% in tre anni).

Quindi: cessazione immediata della guerra della Russia all’Ucraina, ritiro delle truppe russe di occupazione! E al tempo stesso denuncia del ruolo bellicista del “nostro” paese: il nemico principale è in casa “nostra”! Sono i capitalisti e il governo Draghi che stanno alimentando in Ucraina, Africa occidentale, Medio oriente, Asia (intorno alla Cina), una micidiale spirale di guerre.

Facciamo sentire forte la nostra voce per spezzare questa spirale, rispondendo da qui a quanti in Russia, correndo seri rischi, si stanno schierando contro la guerra, per la fratellanza e l’unità tra le lavoratrici, i lavoratori, i giovani senza privilegi dei due lati del fronte, e di tutto il mondo.

Il prossimo 8 marzo, giornata internazionale di lotta delle lavoratrici e di tutte le donne oppresse, deve essere un’occasione di denuncia degli effetti catastrofici che questa guerra avrà sulle donne in Ucraina (e fuori), sulle lavoratrici ucraine che lavorano nelle nostre case senza poter soccorrere le loro famiglie in pericolo, e su tutte noi qui che subiremo un duro attacco alle nostre condizioni di vita, perché saranno segate le risorse per posti di lavoro, salute e servizi, a favore delle spese militari per alimentare una guerra voluta dai governi per appropriarsi delle ricchezze dell’Ucraina. L’8 marzo rafforziamo la guerra alla guerra, mobilitiamoci contro il capitalismo che la produce, unendoci allo sciopero indetto da SI Cobas e altri sindacati di base.

Comitato permanente contro le guerre e il razzismo – Marghera

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