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La terza e ultima udienza del processo ai 21 rivoltosi di via Corelli

(23 Settembre 2005)

Si è svolta ieri presso il palazzo di giustizia di Milano la terza e ultima udienza del processo ai 21 rivoltosi di via Corelli, arrestati durante la protesta del 23 maggio e accusati di danneggiamenti aggravati.

Nelle udienze precedenti, dopo che 5 immigrati avevano scelto di procedere con rito abbreviato (4) e con il patteggiamento (1), venendo condannati rispettivamente a sei e otto mesi di carcere, senza sospensione della pena, erano stati sentiti i testimoni dell'accusa (l'ispettore di polizia Pili e tre uomini della Croce Rossa), visionato un video del circuito interno di sorveglianza, nonché tutti gli imputati ed un testimone a loro favore.

Particolarmente pesante risultava la situazione di sei degli arrestati per i quali era stata decisa la misura cautelare, revocata poi il 28 luglio, dopo due mesi di carcere quindi, grazie alla sentenza del tribunale del riesame di cui vale la pena riportare uno stralcio piuttosto interessante: "....

lungi dall'essere ancorato a circostanze specifiche idonee a palesare il timore che XXX e gli altri coimputati si sottraggano alla eventuale esecuzione della sentenza di condanna, la misura cautelare pare appoggiare esclusivamente sulla generica constatazione che i medesimi sarebbero cittadini stranieri....".

Un carattere del processo nettamente politico che si spiega ampiamente con il tentativo palesato in tutti i modi di far calare il sipario su una primavera di lotte all'interno dei Cpt che, a partire da via Corelli, ha attraversato i nuovi lager di mezza Italia con un susseguirsi di scioperi, proteste, rivolte, fughe.

Lotte permeate apertamente dalla rivendicazione di libertà e di chiusura dei CPT, che sono diventate un fattore politico agente a livello nazionale tanto da costringere l'intera compagine istituzionale (dal prefetto di Milano al ministro Pisanu, dai governatori del centro-sinistra ai forcaioli di AN e Lega Nord) a prendere posizione, tentando di criminalizzare quel movimento che ha sostenuto le rivolte, oppure di mettere una toppa all'evidente illegalità, nonché buco giuridico rappresentato dai CPT, attaccando la legge Bossi-Fini nell'estremo tentativo di salvarne la madre, e cioé la ben più corposa e politicamente significativa legge del 1998, la legge Turco-Napolitano, prodotta dal centro-sinistra che all'epoca governava le sorti del paese in nome sotto l'egida dei trattati di Shengen, con la quale i CPT sono stati istituiti.

Queste le premesse oggettive del processo, lo scenario reale aggravato dall'approvazione (anche in questo caso col sostegno del centro-sinistra) del "pacchetto Pisanu" le cui conseguenze sono state evidenti durante l'intero periodo estivo, con un susseguirsi senza sosta di rastrellamenti, deportazioni, arresti, compiuti in nome di una fantomatica "caccia al terrorista arabo" e a tutti coloro che osano mettere in discussione lo status quo.

Lo stesso clima che, in qualche modo ha pervaso anche le aule del Tribunale milanese, particolarmente in quest'ultima udienza Già dalle 8,30 l'aula del processo ai rivoltosi di Corelli era infatti presidiata dai carabinieri che impedivano l'ingresso ai militanti solidali sopraggiunti da diverse città, rispondendo, anche questa volta, all'appello dei compagni che fin dall'inizio hanno cercato di far sentire la propria voce anche nelle aule giudiziarie.

L'ingresso è stato consentito solo quando il giudice ha dato inizio all'udienza, ma permettendo il passaggio solo dopo lunghe procedure di identificazione e perquisizione individuali che, nei fatti, significavano lo svolgimento del processo a porte chiuse.

E' a questo punto quindi che la protesta del pubblico escluso dall'aula si cominciava a far sentire, prontamente sostenuto dai pochi che erano riusciti ad entrare e soprattutto dagli avvocati della difesa, che denunciavano il carattere illegittimo del processo e ne chiedevano la sospensione e quindi l'annullamento. Dopo momenti di crescente tensione il giudice comandava lo sgombero dell'aula. Sono quindi intervenute le forze dell'ordine che, con la brutalità che li contraddistingue non lesinavano calci, manganellate e colpi di scudo per eseguire l'ordine del magistrato e circondare i manifestanti davanti all'aula. Gli avvocati della difesa abbandonavano quindi l'aula proprio mentre il PM iniziava la sua arringa riprendendo posto solo dopo che la polizia, un'ora dopo gli incidenti, rompeva il cordone interno ai manifestanti che intanto continuavano la loro opera di denuncia, attirando l'attenzione delle persone che passavano casualmente nei corridoi del Tribunale.

Dopo un paio di ore, trascorse in un permanente clima di tensione, ma senza ulteriori "incidenti" giungeva la sentenza definitiva: 5 imputati sono stati definitivamente assolti; ai restanti 11 sono state comminate condanne che vanno dagli 8 ai 12 mesi, di poco inferiori alle richieste del PM.

In particolare sono stati assolti alcuni degli immigrati che il giorno della rivolta erano sul tetto del CPT di via Corelli ed ai quali non sono state inflitte misure di custodia cautelare in carcere.

Il giudice ha preso ben 45 giorni di tempo per formulare le motivazioni di tale sentenza.

La scelta di affrontare il processo con rito ordinario si è rivelata l'unica strada che potesse far emergere il carattere politico della rivolta e del processo stesso che ne è conseguito, l'unica per tentare il ribaltamento (in parte riuscito) del piano giuridico imposto dalla repressione, l'unica che alla fine, qualunque sia la spiegazione che se ne vuole dare, ha garantito ai prigionieri di Corelli di non essere deportati e di non essere, fino ad ora, rinchiusi in carcere.

Con la sentenza del 22 settembre si chiude una pagina senz'altro inedita delle lotte interne ai CPT. Ma é convinzione comune che la parentesi che si è chiusa sia destinata ad essere seguita da altre che si apriranno nel prossimo futuro. E soprattutto che l'esperienza maturata, sia da coloro che hanno lottato all'interno, sia tra quei militanti che hanno scelto di legare un pezzo del loro percorso ai destini di questa lotta, potrà essere messa a frutto nelle esperienze future e che quindi non ha lasciato le cose intatte.

Comitato di sostegno alla lotta di via Corelli

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