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CONTRO LA GUERRA IMPERIALISTA
OPPOSIZIONE DI CLASSE INTERNAZIONALISTA

(20 Marzo 2022)

Editoriale del n. 111 di Alternativa di Classe

alterclasse

Il 24 Febbraio scorso forze militari russe hanno passato il confine, penetrando in Ucraina, per quella che V. Putin ha definito “un'operazione militare speciale”. L'intervento diretto della potenza nucleare segue un periodo di “guerra a bassa intensità”, combattuta dai secessionisti del Donbass, filo-russi, e le truppe del governo ucraino centrale, fautori di stretti rapporti con la UE, fino da ancora prima del 2014, quando era stato siglato a Minsk, capitale della Bielorussia, un primo Protocollo tra Ucraina, Russia e le neonate “Repubbliche popolari di Doneck e Lugansk”.
L'accordo era stato stilato sotto la supervisione dell'Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE), nata nel '95 dalle ceneri della CNCE, che aveva avuto il compito di favorire il dialogo tra Est e Ovest durante la Guerra Fredda, e oggi “Osservatore ONU”. A dopo la fine dell'URSS, di fatto, risale la controversia tra Russia ed Ucraina, che si è mossa sul terreno economico, geopolitico e territoriale. Mentre la UE, e, soprattutto, la NATO, hanno ampliato la propria presenza fino agli Stati più vicini alla Russia, riprendendo una strategia di accerchiamento già sperimentata ai tempi dell'URSS (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno X n. 110 a pag. 5).
Anche se in molti hanno subito parlato di “ritorno alla guerra” nei rapporti internazionali da dopo la Seconda Guerra Mondiale, bisogna considerare che tale modalità, invece, non è mai stata abbandonata, dato che, e non va mai dimenticato, è la “continuazione della politica con altri mezzi”, ed oggi sono aperti numerosi altri teatri di guerra, sia in Asia, che in Africa. In più, nel caso dell'Ucraina si tratta ancora di Europa, come già era stato negli anni '90, con la guerra jugoslava, peraltro ai confini dell'Italia, e la cui differenza è che vi intervenirono direttamente gli imperialismi occidentali, invece che, come oggi, quello russo.
La escalation della Guerra ucraina è stata rapidissima nei primi giorni. Dopo che il 23 il Presidente dell'Ucraina, V. Zelenskij, aveva ribadito la propria volontà di entrare sia nella UE, che nella NATO, nonostante l'ultimatum di V. Putin per non aderire alla NATO stessa, il giorno dopo già iniziava l'intervento russo. E alla stessa sera, Regno Unito e UE annunciavano “sanzioni massicce” contro la Russia, mentre il giorno dopo sia la UE, che l'Italia, hanno comunicato l'invio di aiuti militari all'Ucraina, così come gli USA. Il giorno 26 anche l'imperialismo tedesco annunciava l'invio di armi letali.
Domenica 27 la NATO rendeva noto l'elenco dei Paesi aderenti per i quali era in corso l'invio di armi “significative” all'Ucraina, quasi in “concorrenza” con la UE, che, per bocca di U. Von der Leyen, affermava testualmente: "...Per la prima volta finanzieremo l'acquisto e la consegna di armi ed equipaggi per un Paese sotto attacco". A quel punto, V. Putin in persona ordinava la messa in allerta delle “forze nucleari del Paese”.
Fino dai primi momenti del conflitto armato, l'informazione da parte dei media si è talmente fusa con la propaganda bellicista, al punto che risulta difficile orientarsi con le notizie fornite sull'andamento dello scontro militare reale. Di certo vi è soltanto il portato di disperazione, distruzione e morte che sta avendo anche il prosieguo di questa guerra, in cui i “missili autocratici” della Russia non sembrano così diversi dalle “bombe democratiche”, che la NATO sganciava sulla ex Jugoslavia nel '99...
Di fatto, siamo già in guerra, e l'informazione ufficiale cerca di connotare il nemico nel modo più esecrabile e minaccioso possibile. Ma, come non lo era personalmente A. Hitler, nemmeno V. Putin è un “pazzo sanguinario”. E neppure la Seconda Guerra Mondiale è stato uno scontro tra “democrazie” e “nazifascismo”, come la fanno passare le borghesie “antifasciste” vincitrici, ma tra diversi interessi imperialistici (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno X n. 110 a pag. 6), per accaparrarsi mercati, materie prime e tecnologie, ed affermare la propria supremazia.
E' una lettura quantomeno ideologica la narrazione, avviata da S. Mattarella nel suo discorso di insediamento (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno X n. 110 a pag. 1), quando parlava di contrapposizione fra le “democrazie” e i “regimi autoritari e autocratici”: l'Ucraina, ad esempio, è un regime di oligarchi, quanto lo è la Russia! In realtà, nei rapporti reciproci poco contano le forme organizzative in cui gli Stati borghesi si organizzano al proprio interno: la Russia, infatti, è un Paese imperialista, come lo sono gli USA, la Cina, il Giappone, la Germania, e l'Italia stessa!
Nell'ambito della guerra ucraina si stanno giocando diverse partite. Una è il tentativo di affermazione del “Progetto di difesa (comune – ndr) europea” da parte della UE senza Regno Unito, con cui Francia e Germania cercano di aggiungere un nuovo elemento di autonomia strategica rispetto alla subalternità tedesca all'interno della NATO. Nello stesso senso va la posizione, peraltro di difficile e complessa realizzazione, di arrivare ad affrontare come un unico blocco le questioni energetiche dei Paesi UE verso terzi, che l'uso del gas russo sta ponendo in modo pressante, di fatto provando a “smarcarsi” anche dagli USA.
Un'altra partita, ad oggi ancora aperta, è quella della individuazione dei mediatori sul piano della trattativa. Il ruolo della Bielorussia, alleata della Russia, ha aperto la strada al tentativo di Israele ed a quello della Turchia, mentre altri Paesi vi si candidano e la Cina, intermediario certamente sgradito agli USA, ha cercato inizialmente di tenere un profilo basso, mantenendo un dialogo soprattutto con la Francia, per sollecitarla così verso una maggiore autonomia sul piano internazionale.
La trattativa viene presentata come l'unica via d'uscita possibile dalla guerra guerreggiata. E in effetti, armistizi e trattati di pace possono interrompere il fragore delle armi, ma lo scontro che si sta profilando con l'attuale guerra in Ucraina, che già l'Occidente considera, comunque, sarà “lunga”, e con le tensioni, anche militari, in Asia, nell'area dell'Indo-Pacifico, che coinvolgono USA e Cina, insieme alla concorrenza sfrenata sui mercati internazionali di merci e capitali, può sempre sfociare in dinamiche incontrollabili.
I singoli accordi avvengono in un determinato momento, sulla base dei rapporti di forze in campo, militari e non, e, dato che lo scontro armato è un'opzione che consente agli imperialisti di modificarne i contenuti a proprio favore, occorre che le “soluzioni politiche” individuate rappresentino condizioni sufficientemente soddisfacenti per le opposte fazioni sul piano dei rapporti costi/benefici. La guerra, infatti, può anche essere essa stessa “un buon affare”, oltre che per il settore armiero, per i mercati che apre, compresi i profitti delle successive ricostruzioni.
Poco importa davvero agli imperialisti sia delle popolazioni coinvolte nelle devastazioni e costrette alla fuga, com'è oggi per molti ucraini, sia degli uomini mandati al fronte, come sono oggi i soldati russi. I contendenti di fatto, oggi la Russia e la NATO, stanno giocando in Ucraina una sorta di partita a poker, nella quale sono anche disposti a perdere una singola mano... Ma, in realtà, oggi la guerra è un azzardo per l'umanità tutta, dato che vi sono armamenti, come ad esempio quelli nucleari, il cui controllo degli effetti non è scontato, ed il sistema capitalistico di per sé non è certo razionale!...
La sirena che suona, per affascinare i proletari e convincerli a “difendere” il proprio Paese fino a rischiare la morte, continua ad essere il nazionalismo, coniugato nelle diverse declinazioni che le ideologie borghesi forniscono. Ad esso oggi si affianca, ad esempio, perfino “l'antifascismo”, con la versione ucraina riadattata di “Bella ciao”, che, pur in un contesto diverso da quello originario, esorta comunque “gli eroi” a morire “per la patria” contro “gli invasori”...
La retorica annessa alla “difesa” della patria dal nemico esterno vale per Putin, quando chiama i russi a combattere, puntando anche a farli sentire “liberatori” all'estero dal nazifascismo, peraltro effettivamente presente in Ucraina. Ma vale anche per Zelenskij, quando ha chiesto ai connazionali di difendere la patria, e l'Europa tutta, dall'aggressore e, contemporaneamente, aveva chiesto l'ingresso immediato dell'Ucraina nella UE il 28 Febbraio scorso “con procedura speciale”, ed alla NATO di istituire una “No fly zone” sui cieli ucraini.
Il Governo Draghi, come accennato, già il 25 Febbraio aveva approvato un decreto-legge per potenziare la partecipazione militare italiana nella NATO, con presenza in Lettonia, e per inviare mezzi militari in Ucraina. Tre giorni dopo un altro decreto-legge autorizzava il Ministero della Difesa a fornire gratuitamente al governo ucraino “mezzi, materiali ed equipaggiamenti militari”, preparava l'accoglienza per profughi dall'Ucraina, ed approvava preventive misure di emergenza sull'approvvigionamento di gas naturale, finora proveniente per il 40% dalla Russia.
Oltre al piano direttamente militare, per il quale dall'Italia sarebbe in atto un ponte aereo per Romania e Polonia, da dove le forniture raggiungerebbero il confine con l'Ucraina via terra, vi è quello, non meno importante delle sanzioni contro la Russia. Martedì 1 Marzo, U. Von der Leyen definiva quelle della UE come “...il più grande pacchetto di sanzioni della sua storia”, senza nascondere i costi “per la nostra economia”.
Le sanzioni della UE hanno riguardato fino dal primo momento “il settore finanziario, i settori dell'energia e dei trasporti, i beni a duplice uso, nonché il controllo e il finanziamento delle esportazioni, la politica in materia di visti, ulteriori inserimenti in elenco di persone di cittadinanza russa”. Si tratta, sostanzialmente, di restrizioni finanziarie per banche, governo e cittadini russi da e verso quel Paese, e del divieto di fornire alcune tecnologie alla Russia. Già vi erano sanzioni fino dal 2014, che ora sono state inasprite, soprattutto con la rimozione dal “sistema SWIFT” di alcune banche russe, il boicottaggio della Banca Centrale Russa ed il divieto di sorvolo dei cieli UE.
Sul piano militare, con il nome di “Strumento Europeo per la Pace (EPF)” la UE ha fornito all'Ucraina 450 milioni di euro in armamenti, ed altri 50 di forniture per le Forze armate ucraine. Ha fornito inoltre supporto alle frontiere per accettare i profughi. Successivamente, dopo l'1 Marzo, la UE ha chiesto ai Paesi membri di ampliare la portata delle sanzioni verso Russia e Bielorussia (ora già alla quarta tranche), con il divieto di investimenti da e verso tali Paesi, la limitazione delle importazioni di petrolio e gas, il blocco di tutte le banche russe, compreso il “sistema SWIFT”, nonché il potenziamento della presenza NATO nei Paesi UE confinanti con Ucraina e Russia.
Rispetto all'approvvigionamento energetico, la UE ha deciso di abbandonare definitivamente il gasdotto “Nord Stream 2”, nonché le importazioni di gas, petrolio e carbone russi, “ampliando i terminali e le rotte... del gas naturale liquefatto”. Anche Regno Unito e USA, per quanto li riguarda, hanno proceduto così. L'inasprimento delle sanzioni ha già incominciato a farsi sentire in Russia; è prevista la chiusura della Borsa fino al 18 Marzo, il PIL è crollato finora del 2% ed il valore del rublo è crollato del 37%. Le conseguenze stanno cominciando a farsi sentire a livello di potere d'acquisto dei salari, mentre è stato stilato un elenco di Paesi verso cui attuare “controsanzioni”.
Senza contare l'impatto che potrebbe avere in Occidente l'embargo russo sulle materie prime da essa prodotte (oltre a petrolio, gas e carbone, vi sono nickel, alluminio, potassio, fosfati e cereali...), vi sono già pesanti ripercussioni economiche. Vediamo con i nostri occhi, infatti, i prezzi e le tariffe, già aumentati per la pandemia e l'inflazione, salire ulteriormente: il pane, la pasta, i carburanti, ma anche, da un momento all'altro, l'olio di semi, le farine, le verdure, il pesce. Tutte le merci che hanno a che fare con Russia ed Ucraina.
Il Presidente del Consiglio, M. Draghi, parlando il 9 Marzo alla Camera, ha informato che questa guerra durerà molto, e, pertanto, le sanzioni “dureranno” e “dovranno essere sostenibili al nostro interno”. Ha detto poi che, nonostante il fatto che “la crescita verrà indebolita” e che “l'inflazione sta crescendo”, visti gli aumenti dei prezzi delle materie prime, l'Italia, come il resto della UE, che punta alla “sovranità energetica europea”, intende aumentare le proprie produzioni energetiche, e “...nuovi volumi di gas saranno offerti alle industrie...”.
Il Governo, che aveva già aumentato quest'anno in bilancio le spese militari del 5,4% (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno X n. 110 a pag. 1), sull'esempio della Germania di Scholz, ha stanziato, su invito della NATO, che vuole in tutti i Paesi aderenti almeno il 2% del PIL su tale voce, altri 10 miliardi per le spese militari. Sanità, scuola, pensioni e servizi sociali, ovviamente, possono aspettare ancora, visto che riguardano i lavoratori, e i proletari in genere!...
Anzi, al Consiglio Europeo di Versailles del 10 e 11 Marzo, dove la Francia ha proposto “un nuovo Recovery Plan di guerra da 100 miliardi”, è stato proprio il premier italiano M. Draghi a fare un altro passo. Oltre a ribadire diversificazione e riorientamento, come UE, delle “nostre fonti di approvvigionamento” energetico, e perciò, oltre alle rinnovabili, un parziale ritorno al carbone, ha parlato apertamente non di “economia di guerra” tout court, ma di una “preparazione” ad essa. Ciò comporterebbe una pianificazione centralizzata a livello nazionale, o addirittura europeo, oltre che sul piano energetico, sulle materie prime da acquistare e sulla organizzazione del lavoro.
Le intenzioni di chi ci governa si vanno chiarendo sempre più. Mentre parlavano di indagini sulle motivazioni dei pesanti aumenti subiti da benzina e carburanti, hanno vietato lo sciopero degli autotrasportatori, il carovita sta aumentando a dismisura, l'intervento migliorativo sulle pensioni pare rinviato sine die, il militarismo acquista sempre più centralità (da Figliuolo in poi), con anche una recente circolare di pre-allerta dell'Esercito italiano, firmata dal Gen. B. Pisciotta, e mezzi e uomini stanno partendo verso l'Est e l'Ucraina.
Numerose e diverse sono le manifestazioni di questi ultimi giorni “contro la guerra” e/o “per la pace”, ma la confusione è tanta, e spesso, grazie alla incessante propaganda bellicista di istituzioni e media mainstream, che a volte sconfina in isteria anti-russa, le dimostrazioni diventano, di fatto, manifestazioni di sostegno ad uno dei due schieramenti in guerra, e più frequentemente, con tanto di bandiere ucraine e, magari, collegamento video con il Presidente Zelenskij, a quello occidentale.
Vogliamo affermare con chiarezza che quella in corso è una guerra imperialista, che non dipende dalla indole di questo o quel leader politico, né dalle rispettive architetture istituzionali, e nemmeno dalle ideologie dominanti nell'uno o nell'altro Stato. E' la logica di questo sistema di imperialismi in perenne competizione, che porta, prima o poi, allo scontro bellico. E l'unica forza che può opporsi nei fatti alla catastrofe, cui rischiamo di andare incontro, è il proletariato, gli sfruttati e gli oppressi, dal cui lavoro gli Stati borghesi traggono le risorse.
In Russia, oltre a varie manifestazioni di giovani, represse dall'imperialismo in guerra, già vi sono state importanti prese di posizione da parte di forze operaie contro la guerra ucraina. Bisogna che ciò avvenga in tutti i Paesi, a partire da quelli più coinvolti. Un'embrionale azione di lotta contro l'imperialismo di casa nostra potrebbe essere rappresentata da quanto avvenuto Lunedì 14 all'Aeroporto di Pisa, dove alcuni lavoratori si sono rifiutati di caricare armi per l'Ucraina, fatte passare ufficialmente per “aiuti umanitari”! Ma non basta.
Va fatta sempre più chiarezza sul fatto che le conseguenze del nuovo clima internazionale le pagano i proletari, ad est, come a ovest, sia in termini di peggioramento delle condizioni di vita, con la stagnazione, che rischia di aggiungersi alla inflazione, in un devastante “mix”, con misure di disciplinamento forzoso, fino ad esporli direttamente alla morte di massa nella guerra guerreggiata, sia negli eserciti “aggressori”, che in quelli “aggrediti”! Lo stesso sbandierato “impegno” per il clima, già abbondantemente mediato con il “profitto ecologico”, verrebbe completamente messo da parte per le “necessità” emergenti dalla guerra imperialista.
Che questo clima di guerra, effettiva o latente, non sarà esaurito con eventuali tregue ed accordi sull'Ucraina, lo dimostra la pervicacia con cui gli USA stanno puntando a coinvolgere la Cina, da un lato mostrando di auspicare suoi buoni uffici su Mosca, e dall'altro accusandoli di rifornire la Russia di armi e consiglieri militari, cosa ad oggi smentita da Pechino. Del resto, sia all'imperialismo americano, sia a quello cinese, interessa molto di più la controversia sul Pacifico, ed i colloqui sino-americani di Roma di Lunedì 14 dimostrano che oggi, comunque, la guerra ucraina non può che riguardare tutti gli imperialismi.
E' in atto uno scontro generale per la supremazia a livello internazionale, in cui gli USA vedono con preoccupazione la crescita dell'imperialismo cinese. A vantaggio dei proletari non va né il prevalere dell'uno, né dell'altro; anzi, per non rischiare la catastrofe, urge l'affermarsi della indipendenza di classe a livello internazionale. Il proletariato è la classe internazionale, ed è l'unica forza in grado di opporsi ai processi di distruzione che il capitalismo sta innescando, a partire dalla difesa delle proprie condizioni di vita.
In questo senso, già abbiamo proposto di fare pressioni a tutti i livelli perchè i sindacati indìcano in tutti i Paesi una iniziativa CONTRO LA GUERRA imperialista: un grande SCIOPERO GENERALE POLITICO INTERNAZIONALE. Non ci illudiamo che questa, pur difficile, iniziativa, sia di per sè risolutiva, ma certamente va nel senso in cui ci si deve muovere oggi. Solo l'organizzazione dei proletari può rappresentare, infatti, l'alternativa di classe alla guerra imperialista, rifiutando di arruolarsi con i diversi imperialismi, ed opponendosi nei fatti, oltre il livello di opinione, ad ogni logica nazionalista.

Alternativa di Classe

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