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YEMEN: CRIMINI IMPERIALISTI E SOLIDARIETA' DI CLASSE

(28 Marzo 2022)

sanaa distrutta

Immagine risalente al giugno 2015 e ripresa da popoffquotidiano.it. Riguarda la città vecchia di Sanaa.

Lo Yemen occupa una posizione strategica, controllando una parte dello Stretto di Bab el Mandeb, che collega il Mar Rosso con il Golfo di Aden, da cui transitano le petroliere. Lo Yemen è un Paese davanti al quale scorrono milioni di barili di petrolio al giorno, milioni di tonnellate di merci, e gli interessi economici e geopolitici di tutte le potenze mediorientali e internazionali.
La fascia costiera dello Yemen, in particolare quella dello Stretto di Bab el Mandeb, ha un'importanza strategica enorme. Tutti i Paesi rivieraschi, dall'Arabia Saudita a Israele, hanno bisogno anche delle importazioni che passano per quello stretto. Il petrolio, che scorre attraverso questa rotta, è una delle chiavi di lettura per capire il motivo di una sanguinosa guerra, che continua inesorabilmente.
L'antefatto del lungo conflitto, dalla durata ormai settennale, risale al lontano 2011. Le proteste della ”Primavera araba”, segnarono il passaggio di potere dal leader Saleh al suo vice, Abdrabbuh Mansour Hadi, vincitore delle successive elezioni, di cui fu unico attore protagonista. Nello Yemen le proteste della “Primavera araba” partirono sia da ambienti universitari delle principali città, che dai quartieri più popolari. Le manifestazioni toccavano diversi punti: dalla richiesta di prezzi più bassi per i viveri, al miglioramento delle condizioni di vita delle classi più disagiate.
Il presidente avrebbe dovuto restare in carica solo per due anni, con l'obiettivo di creare un governo inclusivo di tutte le numerose fazioni estromesse dalla precedente legislazione. Le continue tensioni e crisi che coinvolgevano il Paese, impedirono di tenere fede alle promesse; per cui il mandato del premier venne prorogato di un ulteriore ciclo politico.
La riconferma di Hadi non fu gradita dal movimento sciita Houthi. Il quale, già da anni in lotta contro il governo centrale per la marginalizzazione e l'isolamento subiti, occupò varie località del Paese. Iniziò così, una stagione di scontri, con l'invasione della capitale Sana'a da parte degli Houthi e l'esilio di Hadi, che culminerà con lo scoppio di una sanguinosa guerra civile. La situazione precipitò definitivamente il 5 Marzo 2015, quando ebbe inizio l'operazione saudita contro gli Houthi. Raid e bombardamenti interessarono le città di Sana'a, Taziz ed Aden.
Nel Marzo del 2015 si iniziò a parlare di “NATO araba”, guidata dall'Arabia saudita. I Paesi che dettero subito appoggio alla coalizione anti-Houthi nello Yemen sono: Emirati Arabi Uniti, Sudan, Bahrain, Kuwait, Qatar, Egitto, Marocco, Giordania e Senegal.
Nel 2017 dai Paesi originariamente facenti parte della coalizione saudita nello Yemen uscirono l'Egitto ed il Qatar. Dal canto loro, gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia, sostennero da subito l'Arabia Saudita e la sua coalizione, fornendo supporto logistico e strumentale. In particolare, l'Arabia Saudita avviò una campagna aerea sui territori controllati dagli Houthi, in aggiunta al conflitto via terra, per la repressione degli insorti. Si consumò, così, una tragedia epocale, in una partita a scacchi, che ha portato alla più grave emergenza umanitaria dalla Seconda Guerra Mondiale ad oggi.
Lo Yemen, situato nella parte sud-occidentale della penisola arabica, è ricchissimo di risorse, ma di contrappasso è sempre più povero. La percentuale di indigenza assoluta è attorno al 75%, senza margini di miglioramento. Le Nazioni Unite hanno denunciato la morte di più di 370mila persone sul territorio yemenita. Il 60% dei quali, per i corollari che la guerra porta con sé: fame e malattie.
Sono migliaia gli yemeniti costretti ad abbandonare le proprie case, o, meglio, ciò che ne resta, a causa dei frequenti bombardamenti. Sorgono accampamenti di sfollati sul territorio, tendopoli di sabbia e di disperazione. Oasi di miseria, lontane chilometri dai più vicini centri abitati, dove scarseggiano sia il cibo, che le bevande. Il nutrimento non è sempre garantito e ci si disseta, all'occorrenza, con la poca acqua non potabile a disposizione.
Il sistema sanitario nazionale è al collasso. Metà delle strutture sanitarie del Paese non funzionano più, mancano le medicine e il personale non riceve i salari.
Il capo dell'organizzazione “Entesaf” per i diritti delle donne e i bambini, Sumaya Al-Taifi, ha sottolineato che il proseguimento dell'assedio saudita alle petroliere ha ripercussioni catastrofiche su tutti i settori vitali, in particolare su quello sanitario. Ha indicato che l'assedio ha provocato un aumento dei tassi di mortalità tra i bambini neonati prematuri e le madri nei reparti di terapia intensiva e di emergenza, a causa dell'impossibilità di fornire carburante per far funzionare i dispositivi e conservare i medicinali. La situazione assume contorni ancora più drammatici se si considera, oltre all'emergenza da COVID-19, anche il dilagare del colera e di altre gravi epidemie.
Negli ultimi cinque anni 2500 (duemilacinquecento) scuole sono state danneggiate, e il 60% dei bambini non è tornato a studiare, informa “Save the children”. La mortalità è elevatissima, soprattutto quella infantile. L'UNICEF ha denunciato la morte accertata in media di quattro bambini al giorno.
“Ad un anno esatto dall'escalation degli scontri per la conquista del ricco governatorato yemenita di Marib, la situazione umanitaria nell'area è disastrosa. Si contano almeno un milione di sfollati, mentre gli scontri non accennano a fermarsi”. Lo ha affermato in una nota Oxfam, precisando che ”l'acuirsi del conflitto dal Febbraio 2021 ha già costretto 100mila persone ad abbandonare le proprie case”.
Il movimento yemenita di resistenza Ansarollah ha denunciato come crimine di guerra un attacco aereo, effettuato dalla coalizione saudita ad Hajjah, che ha provocato 11 morti, tutti appartenenti alla stessa famiglia. L'organizzazione “Entesaf” ha annunciato nei giorni scorsi che la guerra ha provocato la morte di 13.313 (tredicimilatrecentotredici) bambini e donne nello Yemen dal Marzo 2015.
Il capo umanitario dell'ONU, Martin Griffiths, ha ricordato alle potenze del Consiglio di Sicurezza che fanno la guerra ai confini dell'Europa, che la guerra nello Yemen 'continua a minacciare milioni di vite in tutto il Paese'. Una commissione appositamente nominata in seno alle Nazioni Unite ha accertato numerosi crimini di guerra, commessi durante gli anni trascorsi del conflitto.
Le braccia militari autrici delle stragi vengono armate e sostenute dai Paesi imperialisti, tra cui l'Italia, che ha finto di ritirare il proprio supporto a metà del 2019. Nei primi 6 mesi del 2020 il governo italiano ha inviato all'Arabia Saudita armi e munizioni, per la maggior parte pistole e fucili semiautomatici, per un valore di 5,3 milioni di euro. E anche il governo degli Emirati Arabi Uniti (EAU), altra potenza regionale partecipante al conflitto, ha ricevuto dall'Italia una spedizione di armi di tipo militare, per un totale di 11 milioni di euro.
Tutto ciò, nonostante i proclami ufficiali: nel Luglio 2019 la Camera dei deputati aveva approvato una mozione che impegnava il governo italiano a sospendere per 18 (diciotto) mesi l'esportazione di bombe e missili verso questi due Stati, a causa del loro coinvolgimento nel conflitto che sta infiammando lo Yemen. Una complicità che pesa sul dramma in atto di un popolo al limite di ogni umana sopportazione.
Il quotidiano panarabo “al-Araby al-Jadeed” riporta che la recente operazione militare della Russia in Ucraina ha ricevuto ampia attenzione nello Yemen. La guerra in Ucraina svela la forte dipendenza dalle importazioni alimentari di tutti i Paesi arabi, come rilevato dalla FAO. Lo Yemen dipende per il 22% del consumo totale di grano dall'Ucraina. Per lo Yemen, nel 2021, secondo la Banca mondiale, il pane era già un lusso, mentre ora la maggior parte delle persone non può permettersi un'alimentazione di base.
Alcuni analisti yemeniti sostengono che l'intervento russo in Ucraina abbia ulteriormente accentuato le divisioni a livello delle grandi potenze capitalistiche dell'Ovest e dell'Est. Il che potrebbe avere, come conseguenza, la rottura del “consenso internazionale” sul dossier yemenita e del sostegno precedentemente mostrato dai cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell'ONU agli sforzi profusi dalle Nazioni Unite per porre fine alla guerra.
Secondo questi analisti, la crisi ucraina potrebbe ulteriormente aggravare la situazione umanitaria in Yemen, in un momento in cui oltre il 40% della popolazione dipende dagli aiuti alimentari forniti dal WORLD FOOD PROGRAMME.
Le persone che necessitano di assistenza umanitaria sono 20,7 milioni, più della metà di loro sono minori. Le cause della drammatica crisi non sono soltanto le violenze e l'insicurezza, ma riguardano un più ampio collasso del sistema socio-economico del Paese. Nel 2021 il costo della vita è raddoppiato a causa di una profonda svalutazione della moneta, rendendo impossibile per molti yemeniti permettersi beni di prima necessità.
La popolazione yemenita è allo stremo. A sette anni dallo scoppio della guerra l'assistenza umanitaria rimane l'unico argine al definitivo collasso del Paese. Questo argine dipende tuttavia dalla disponibilità di sufficienti fondi per continuare a fornire assistenza immediata alla popolazione. Ma i fondi, messi a disposizione dai donatori internazionali, si stanno progressivamente riducendo, ed ora si rischia seriamente, che otto milioni di persone rimangano senza cibo, perchè non è stato ancora deciso il rifinanziamento degli aiuti internazionali.
Il capitalismo mondiale distrugge risorse e non trova i soldi per nutrire i bambini yemeniti. Essi sono fuori mercato!!
In Medio Oriente si sta recitando un tragico copione di pressioni ed interferenze con lo scopo, da parte degli imperialisti occidentali di mantenere le posizioni acquisite, mentre Russia e Cina cercano di allargare le influenze commerciali e strategiche. Gli imperialisti intervengono bellicosamente, senza per il momento scontrarsi direttamente, ma amministrando delle guerre per procura. Ogni imperialismo opera sul terreno dello sfruttamento delle risorse e della forza-lavoro dei proletari.
La guerra nella società capitalistica attuale è soltanto guerra di rapina, di dominio dei mercati e delle fonti di materie prime. Mentre la guerra minaccia di estendersi e mostra sempre più chiaramente di rappresentare solo un episodio della follia distruttiva del regime del capitale, non basta invocare la pace per spezzare la minaccia che incombe sul proletariato internazionale. Non sono NATO, Russia o Cina, a soffiare sul fuoco della guerra, è il regime del capitale, ad Ovest come ad Est.
E' necessario che il movimento dei lavoratori organizzi la sua opposizione alla guerra, contro tutti gli imperialismi, senza ambiguità. Nello Yemen, come in Ucraina, il nemico non è l'esercito aggressore, ma la classe borghese e il sistema capitalistico. Queste guerre danno una grande occasione per denunciare il carattere del capitalismo, dei suoi governi di ogni colore, di tutte le sue guerre e le sue 'paci'
, fondate comunque sullo sfruttamento del lavoro, sulla fame di milioni di uomini, donne e bambini.
Non basta deprecare la guerra; occorre denunciarne la radice: il sistema capitalistico mondiale. L'obiettivo fondamentale deve essere la fine del capitalismo.

Alternativa di Classe

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