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AFFITTI: LA CEDOLARE SECCA SUL LIBERO MERCATO VA ABOLITA. E’ UN REGALO ALLA SPECULAZIONE

METTERLA IN RELAZIONE CON GLI AFFITTI E’ UN IMBROGLIO

(8 Aprile 2022)

Unione Inquilini

“Si sta tentando in queste ore una operazione truffaldina. Mettere in relazione la cedolare secca sul libero mercato con gli affitti non c’entra nulla. C’entra invece molto con la fiscalità di vantaggio per una porzione minima dei proprietari più ricchi e messa a carico della fiscalità generale.
A chi non sa o fa finta di non sapere, cerchiamo di spiegare il meccanismo perverso.
Esistono due canali contrattuali in cui il proprietario che affitta può rivolgersi: il canone concordato negli accordi locali tra associazioni della proprietà e degli inquilini e il canale del libero mercato, in cui il livello del canone è dato esclusivamente dalla logica della domanda e dell’offerta.
Nel primo caso, c’è un vantaggio fiscale di una cedolare secca al 10%, più altri vantaggi fiscali in merito all’IMU. Chi, invece, si rivolge al libero mercato e pertanto non intende avere nessun vincolo alla fissazione del livello del canone, paga una cedolare secca del 21%. Si determina così una doppia discriminazione: la prima riguarda il fatto che in tal modo i proprietari che affittano a libero mercato hanno una tassazione più bassa della prima aliquota IRPEF per la generalità della popolazione; la seconda è all’interno del fronte proprietario: i proprietari più grandi e ricchi che hanno una aliquota marginale più alta hanno un guadagno molto superiore ai piccoli proprietari, con redditi più bassi. Infatti, secondo i dati forniti dal Ministero dell'economia e agenzia dell'entrate fin dal rapporto immobiliare 2017, rispetto a un costo complessivo della cedolare secca intorno ai 2 miliardi di euro, il 90% di questo importo va nelle tasche della fascia del 10% dei proprietari con redditi più alti.
Questione ancora più pesante questa in quanto il sistema della cedolare secca è stata esteso anche agli affitti brevi, favorendo ancora di più il processo di svuotamento dalla residenza dei centri cittadini.
Non sorprende, quindi, che sia propria l’organizzazione della grande proprietà immobiliare quella che strepita in maniera più scomposta contro qualunque tipo di intervento sulla cedolare secca sul libero mercato.
Intervenire sulla cedolare secca sul libero mercato, secondo noi abolendola del tutto, quindi, non avrebbe alcuna conseguenza sul livello degli affitti, essendo già essi senza alcun vincolo che ne limiti il livello. E’ esattamente il contrario: aiuterebbe, con un maggior differenziale di convenienza, ad orientare il mercato degli affitti verso il canale concordato e infine, determinerebbe in prospettiva anche una minore pressione della bomba sociale degli sfratti, determinata per oltre il 90% dei casi, dalla morosità, dovuta all’insostenibilità degli affitti rispetto ai redditi delle famiglie, falcidiati dalla crisi, dalle conseguenze sociali ed economiche della pandemia e dall’aumento delle bollette e del costo della vita.
Siamo vicini a un milione di famiglie in affitto in condizione di povertà assoluta. Il problema, quindi, non è continuare a regalare miliardi alla rendita immobiliare del libero mercato ma come orientare il mercato verso affitti più bassi e come sostenere le centinaia di migliaia di famiglie che oggi vivono la precarietà abitativa come un dramma senza via di uscita, incrementando significativamente l’offerta di alloggi a canone sociale”.

Walter De Cesaris - Segretario Nazionale dell'Unione Inquilini

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