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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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S-PARI OPPORTUNITÀ

(14 Maggio 2022)

Questo mondo rivoluziona continuamente i suoi rapporti sociali, e, con essi, forme e modi di vita, usi, costumi e consuetudini.
La ristrutturazione endemica della produzione e riproduzione della vita reale esprime, nel tempo e nello spazio capitalistico, modelli variabili di convivenza tra esseri umani, e tra esseri sessuali.
Di alcuni di questi modelli, come l’autosufficienza curtense della campagna, o la famiglia patriarcale, o la religione monoteista, il sistema dominante, contraddittoriamente, tende a liberarsi per propria convenienza materiale ed ideologica, al fine di perpetuarsi con altri moduli più confacenti e più adeguati alle esigenze di sviluppo allargato.
Altri modelli, come la proprietà privata, essendo base ed essenza del modo di produzione e riproduzione del capitale, non possono essere abbandonati, né riformati.
Restano universalmente validi, impermeabili a qualsiasi riforma funzionalizzante, veri totem a baluardo del profitto e della sua arena mondiale: il mercato.
La società della proprietà privata legata al profitto trasforma gli stessi agenti della produzione in merce, come il loro prodotto, espandendo e vincolando l’intero spettro dei rapporti-sociali e personali all’idelogia della merce, e della compravendita di questa.
In sostanza, tutto diventa merce, nel capitalismo, le cose, coloro che le producono, chi le acquista, e chi le vende.
A questa legge non poteva sfuggire il corpo umano, e quello femminile in particolare, male incastrato ormai nelle macerie di una famiglia borghese non ancora morta, ma capace di far tanto male.
La legge di profitto e di mercato ha sostituito, da quando è nata (quant’è grande l’ipocrisia di chi ancora fa finta di apperlarvisi! ), la cosiddetta cultura del “diritto” e del “rispetto”, lanciando nel mercato internazionale la merce femmina, imponendo (con qualche accettazione passiva di troppo) alle donne di comportarsi “naturalmente” come tale.

Il tutto condito con molto fumo ideologico, nel tentativo (spesso riuscito) di togliere motivazioni umane e vere di esistenza per sostituirle con
l’”inebriante” sensazione di trovarsi sempre e comunque al centro del desiderio maschile, smuovendo in realtà il turbine di denaro dell’avidità mercantile.
La mercificazione del corpo femminile (ma anche maschile) è, in ultima analisi, alla base dell’attuale conta delle quotidiane assassinate, come frutto della servitù, della dipendenza, dell’umiliazione e del degrado insiti nella vendita, mentale e materiale, di se stessi.

Uno dei “diritti” cosi’ radicati e vecchi da sembrare “naturale” è il diritto di proprietà dell’uomo nella famiglia: l’impronta del cognome, del proprio sangue di “capofamiglia” da poco seccato, della propria idea di educazione, della gestione di spazi e tempi di tutti i componenti della famiglia, del legame “finché morte non ci separi” santificato da S.Madre Chiesa.
Le donne che provano a toccare, a mettere in discussione tale “sacro diritto”, ricevono in cambio risposte di una incomprensione piena di barbarie omicida.
Le donne stanno morendo assassinate per una famiglia in macerie, per un potere “virile” incapace di capire ciò che muta inesorabilmente, per un mondo che “cambia” senza cambiare davvero, cioè senza mettere in discussione le basi materiali proprietarie del potere violento ed assassino dei padroni casalinghi.
Ed a poco (o nulla! ) servono i sermoni degli epigoni prezzolati a difesa di questa società che alternano le loro ricette risolutive tra “manette ed educazione”, tra “rispetto e libertà”.
Peccato per loro che queste “soluzioni” come la loro rimodulatura ideologica, siano anch’esse la base formativa degli orchi metropolitani.

Pino ferroviere

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