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Obama o Romney?

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(6 Settembre 2012) Enzo Apicella

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(15 Giugno 2022)

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Un anno fa, nel Giugno 2021, la NATO ci informava che la guerra era cambiata e che questa non si combatteva più solo con le armi convenzionali, ma anche attraverso strumenti cosiddetti ibridi, ideati cioè per scopi altri rispetto alla guerra ma comunque funzionali ad obiettivi strategici. Ad esempio, l’informazione viene identificata come uno di questi strumenti ibridi, ed è pertanto - ci dicono - da considerare come una vera e propria minaccia alla sicurezza qualsiasi campagna di disinformazione attraverso le cd fakenews, se e quando questa sia in grado di incidere sulle dinamiche democratiche di un Paese alleato mettendone a rischio la stabilità.

Pertanto, le analisi sulle minacce alla sicurezza avrebbero dovuto – da allora in poi - comprendere non solo scenari militari convenzionali, ma anche questi scenari ibridi. Poiché le analisi sulle minacce comprendono anche la predisposizione delle risposte a queste minacce, è diventato altresì necessario allargare le competenze strategiche della NATO per permetterle di adattarsi a tali mutamenti di prospettiva.

E è per questi motivi che i capi di Stato e di Governo hanno deciso di aggiornare lo Strategic Concept della NATO, il documento politico che guida e concerta l’azione dell’Alleanza Atlantica e che sarà formalizzato nel prossimo summit di Madrid, il 28,29 e 30 Giugno.

Non solo l’informazione – ci raccontano gli esperti della NATO - ma anche l’ambiente web, l’economia, lo Spazio e persino il cambiamento climatico dovranno entrare a far parte degli scenari di sicurezza da analizzare in chiave bellica per assicurarsi i propri obiettivi strategici. Se, ad esempio, un Governo non vorrà o non sarà in grado di compiere le azioni considerate necessarie a fronteggiare l’aumento di CO2, anche questo sarà un problema di sicurezza e trattato come tale, e cioè con risposta ex art. 5 dello Statuto.

Questa che verrà sarà l’Ottava modifica dello Strategic Concept ed ognuna delle precedenti ha segnato un punto critico di svolta nelle relazioni e negli equilibri internazionali. Purtroppo la maggior parte di esse sono ancora secretate, ma abbiamo cognizione di quelle che sono venute dal 1989 in poi.

Conosciamo la modifica del 1999, assunta in corrispondenza della guerra del Kosovo con la quale si determinò come legittimo agire al di fuori del territorio degli Stati membri, purché in ottica regionale (Out of Area Operation-regional). Conosciamo la modifica del 2011 – in corrispondenza dell’invasione della Siria - con il quale si allargava l’ambito di operatività territoriale dell’Alleanza (Out of Area Operation – extra-regional) e si introduceva il concetto di smart defence. Con esso si aprì formalmente a contesti di guerra ibrida in ottica preventiva con il precetto lead from behind: ovvero indirizzare e guidare dalle retrovie i processi socio-politici critici prima che si trasformino in scenari di sicurezza convenzionale. Conosciamo anche le conseguenze che questi cambi di postura della NATO hanno provocato a livello globale.

Eppure, quello che è stato fino ad ora non è nemmeno paragonabile alla rivoluzione politica che l’Alleanza Atlantica si appresta a concretizzare con questo nuovo Strategic Concept.

La macchina si è messa in moto subito dopo l’elezione di Biden: il 7 Novembre 2020 il nuovo Presidente viene eletto ed il 20 Novembre successivo viene pubblicato il report finale del NATO 2030 REFLECTION GROUP, successivamente adottato a Giugno del 2021 come AGENDA NATO 2030 nel prossimo summit e che costituirà la base concettuale di questo nuovo Strategic Concept in via di formalizzazione definitiva.

Una precisazione è d’obbligo: tali sommovimenti politici - perché di questo si tratta - hanno bisogno di tempo e con ogni probabilità si sarebbero manifestati anche senza Biden, ma è certo che la sua elezione ha impresso al processo un’accelerazione imponente. Sono combinate in una raro allineamento perfetto le fissazioni personali del Presidente USA, le necessità di rilanciare l’egemonia del capitale statunitense, l’asservimento completo agli interessi USA da parte dell’UE sia come soggetto politico unitario che come singoli Stati nei rapporti bilaterali. Persino la Germania, dopo l’uscita di scena della Merkel, si è completamente schiacciata sulla posizione degli USA, ponendo fine all’eccezionalismo tedesco.

Biden ha una fissazione di lunga data, quella di estendere il dominio USA su tutti i paesi ex-Urss del territorio europeo. E’ stato un grande sostenitore della guerra in Kosovo quando era senatore, ha guidato la campagna di advocacy interna ed internazionale per l’allargamento ad est della NATO e, da vice-Presidente di Obama, ha scelto come prima tappa del suo primo viaggio ufficiale in Europa proprio la Romania che faceva quell’anno ingresso nell’Alleanza.

Sempre da vice-Presidente, fu il delegato speciale di Obama per l’Ucraina, svolgendo un ruolo di primo piano nel sostegno al golpe di Euro-maiden ed esercitando tutta la propria pressione per convincere Obama e gli alleati occidentali ad intervenire in maniera dura contro l’annessione della Crimea da parte della Russia. Il rifiuto in tal senso in Obama fu uno dei più forti motivi di attrito tra i due, ed oggi Biden non fa mistero di considerare quel mancato intervento come uno dei maggiori errori strategici compiuti dal suo predecessore. Errori iniziali resi poi fatali dall’atteggiamento di Trump, il quale osò dichiarare che se il popolo della Crimea voleva andare con i russi, per lui non era un problema.

Tale impronta concettuale è chiaramente ripresa nel documento finale del summit NATO del 2021, dove leggiamo come - tra le altre cose - a parere dei capi di Stato e di Governo membri, la capacità di deterrenza della NATO sia stata compromessa dall’aver speso troppo poco in armi, dall’aver lasciato correre cose che non dovevano essere lasciate correre (come l’annessione della Crimea) e dalla eccessiva diversità delle posizioni politiche rappresentate dai singoli Stati membri che, spesso, contrastano con gli obiettivi strategici dell’Alleanza stessa.

Il caso della Germania e del gasdotto con la Russia (peraltro mai entrato in funzione) è indicativo. Questo e altri vennero infatti espressamente richiamati come esempio di ciò che un Paese alleato non deve fare. Biden, in sostanza, tirò le redini agli alleati, richiamando tutti all’ordine. La NATO pretende che ogni Paese membro si assuma la responsabilità del conseguimento degli obiettivi strategici, assumendo comportamenti congruenti e coerenti, anche se questo dovesse significare affrontare qualche conseguenza negativa. Individua due nemici: la Russia come obiettivo contingente, la Cina come vero obiettivo strategico, verso le quali già a Giugno 2021 invitava ad un atteggiamento più assertivo verso le posizioni USA.

L’atteggiamento si è certamente fatto più assertivo ed alla fine il conflitto è esploso. Italiani ed europei si ostinano sulle sanzioni alla Russia anche contro il nostro interesse. Il gasdotto NS2 è stato bloccato prima del completamento dei controlli abilitativi ed immediatamente dopo l’uscita di scena della Merkel. Abbiamo adeguato le spese militari come richiesto e non manca giorno in cui le nostre istituzioni politiche non si affannino a professare fede atlantista. Ce lo chiede la NATO.

Biden crede che Trump abbia vinto le elezioni presidenziali solo grazie ad una campagna di disinformazione orchestrata dai suoi nemici russi. Tali campagne sarebbero state portate avanti da Mosca proprio con lo specifico scopo di ottenere vantaggi geopolitici a svantaggio degli USA, i quali - a causa di ciò - hanno perso egemonia economica e politica. Tutto questo - ritiene Biden - solo a causa di quella campagna di disinformazione andata a buon fine. Ed è per questo che anche l’informazione diventa uno specifico scenario di sicurezza.

L’opinione del Presidente USA è che la debolezza degli Stati Uniti e la perdita di capacità di deterrenza della NATO hanno permesso ad altri attori di affacciarsi sulla scena delle relazioni internazionali in maniera quasi paritaria agli USA, pretendendo perciò di essere trattati da pari. Nella sua visione però non esistono pari, solo subalterni o nemici; la competizione piace loro solo se vincono.

Ed eccoci a noi: in Italia i servizi segreti schedano tutti quelli che esprimono una linea divergente con quella espressa dal Governo in carica, accusandoli di dissenso. A ben leggere il documento che sarebbe stato consegnato al Copasir, in realtà, leggiamo che tra i comportamenti attenzionati ci sono “le critiche all’operato del Presidente del Consiglio Mario DRAGHI” oppure “la stigmatizzazione dell’effetto delle sanzioni, propagando in un’ottica di ribaltamento, notizie sulle pesanti conseguenze che esse avrebbero sui membri dell’Unione Europea”, ovvero di comportamenti che rientrano espressamente nel novero delle libertà di opinione.

Se fino a ieri la possibilità di esprimere il proprio dissenso senza subire alcuna conseguenza pregiudizievole –che è il nucleo fondamentale del diritto alla libertà di espressione: non solo il fatto di poter esprimere un pensiero, ma il fatto di non doverne subire conseguenze pregiudizievoli da parte dello Stato - era considerato un caposaldo irrinunciabile di ogni democrazia che volesse definirsi tale, da oggi non è più così. Il dissenso diventa un pericolo per la sicurezza e perciò una colpa; se non proprio un reato, certamente motivo di sospetto. Sufficiente per i servizi di intelligence e per la stampa, non certo - o almeno non ancora - per i tribunali. Nessun reato, eppure sono stati tutti già condannati.

E’ stato solo l’esercizio di un legittimo diritto di critica e di espressione, eppure questo strano connubio tra stampa e intelligence può farti condannare dalla pubblica opinione senza bisogno di alcun Tribunale, al di fuori di ogni regola e principio di uno Stato di Diritto, e così provocare danni ben maggiori ed a volte irreparabili. Troppe poche le voci di sdegno che si sono alzate, troppo pochi quelli che non riescono a vedere il pericolo insito nell’idea che in nome della sicurezza dello Stato, o dell’Alleanza atlantica, si possano consentire tali compressioni irragionevoli del diritto di critica, di espressione e di opposizione politica.

Ed è proprio questo l’obiettivo finale, allargare a dismisura l’operatività del concetto di sicurezza, fino ad estenderlo come un vero e proprio pre-requisito dello Stato di Diritto: senza sicurezza nessun diritto, in pratica. Assolutamente anticostituzionale, decisamente antidemocratico, ma perfettamente in linea con gli obiettivi del nuovo Strategic Concept, e perciò tutto legittimo.

“Stanno crescendo le minacce ibride, cyber-attacchi ed altre azioni asimmetriche, incluse le campagne di disinformazione … ed affronteremo queste minacce e queste sfide se queste metteranno a rischio la sicurezza dell’area EuroAtlantica. (par 3 – documento finale summit Bruxelles 2021). “In caso di attacco ibrido il Consiglio potrebbe decidere di invocare l’art. 5 del Trattato di Washington come in un caso di attacco armato (…) Ci stiamo muovendo per espandere gli strumenti a nostra disposizione per contrastare le minacce ibride, comprese le campagne di disinformazione, attraverso lo sviluppo di strategie preventive e di risposta” (par 33- doc finale summit Bruxelles 2021).

Eccole in anteprima le strategie preventive e di risposta: identificare, monitorare, delegittimare, mettere alla gogna, additare come nemico dello Stato con una campagna stampa, chiunque non la pensi come la NATO voglia. E siamo solo all’inizio.

Michela Arricale - altrenotizie

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