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La guerra è una malattia

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(6 Marzo 2011) Enzo Apicella

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CONTRO LE SCELTE BELLICISTE E ANTIOPERAIE
DELL'IMPERIALISMO DI CASA NOSTRA

(19 Giugno 2022)

Editoriale del n. 114 di "Alternativa di Classe"

alterclasse

Mentre ci stiamo avvicinando alla fine del quarto mese di guerra nel continente europeo, Venerdì 3 Giugno il Consiglio UE ha adottato una sesta tranche di sanzioni alla Russia. Riguarda, fondamentalmente, l'embargo sui combustibili petroliferi liquidi via mare, con “deroga temporanea” per Bulgaria e Croazia; lo stop completo vi sarà fra 6-8 mesi, mentre il trasporto tramite oleodotto non è compreso nel pacchetto. Saranno escluse altre tre banche russe dal “sistema Swift”, mentre ad altri tre media russi non sarà permesso di trasmettere fuori dai confini nazionali: ad ogni popolazione la disinformazione dal proprio schieramento bellico!
Il principale effetto immediato delle sanzioni, che continuano a non toccare l'importazione del gas russo, fondamentale soprattutto per la Germania, è quello di incrementare i rapporti UE con altri Paesi produttori di combustibili, tra cui gli USA, pronti ad aumentare i prezzi, dando, così, il la agli importatori per una ulteriore speculazione, che si va a scaricare sui prezzi al consumo. E' questo il meccanismo, che sta continuando ad alimentare il carovita e la stessa inflazione, che, anche per questo, non accennano a diminuire.
Inoltre, la concorrenza per incrementare i rapporti economici con i Paesi del Terzo Mondo, soprattutto africani, vede anche l'utilizzo ricattatorio del grano ucraino fermo nei porti, dove l'Occidente, con gli USA in testa, parlano di furto russo all'Ucraina, mentre la Turchia, visto il proprio ruolo nel Mar Nero, ha accettato di sminare tali porti, aldilà della querelle fra Russia e Ucraina sulle responsabilità: le navi utilizzeranno un apposito “corridoio” marittimo. Non va dimenticato che molti Paesi, mediorientali in primo luogo, non avevano votato all'ONU per la condanna della invasione russa, proposta dall'Occidente...
Sempre riguardo alle sanzioni UE, va detto che per quanto riguarda il gas, è, invece, proprio la Russia che, ad oggi, ha deciso di interrompere le forniture a Finlandia, Polonia, Bulgaria, Paesi Bassi e Danimarca, che, a differenza di altri nella UE, non hanno adottato alcun escamotage per pagarglielo in rubli, come V. Putin aveva richiesto. Dal punto di vista economico, la Russia sta poi rispondendo con il rinsaldare i rapporti con il resto della Unione Economica Eurasiatica, con cui si è recentemente svolto il Primo Forum (vedi a pag. 4) a Bishkek, in Kirghizistan, con la presenza di osservatori da Asia e America Latina.
In Russia ci sono settori che stanno risentendo del conflitto, ma c'è una complessiva tenuta del sistema e del Governo Federale. I contraccolpi, in termini di aumenti inflattivi, e di diminuzioni di occupazione e salari reali, stanno facendo pagare le scelte dell'establishment ai proletari, come, del resto, avviene anche in Occidente, e l'opposizione alla guerra, duramente repressa, data la condizione di fatto, sul piano politico è portata avanti in modo conseguente solo dalla sinistra di classe, non rappresentata in parlamento.
Non meno interessante è quanto sta avvenendo in Ucraina, dove, dopo avere messo fuorilegge movimenti e partiti politici sospettati di “attività antinazionali”, il Parlamento sta approvando una legge che, sfruttando lo stato di guerra, abolisce il contratto nazionale di lavoro, per ora nelle piccole e medie aziende (fino a 250 dipendenti), in cui è impiegato il 70% della forza-lavoro, annullandovi, in pratica, l'intero diritto del lavoro, con il ritorno al totale arbitrio da parte padronale dei tempi precedenti la Rivoluzione di Ottobre.
Sul campo di battaglia il focolaio bellico è mantenuto nel tempo, per il fatto che la Russia non vuole rischiare perdite “eccessive”, senza però indietreggiare, mentre l'Ucraina continua a sollecitare maggiori aiuti dai Paesi NATO, subordinando una ripresa della trattativa al fatto, peraltro irrealistico, che prima “la Russia ritiri le truppe”, e parla ancora di “vincere la guerra”. Visti i rischi di interessare sempre più anche territori russi con forniture di missili a lunga gittata, e relative pesanti implicazioni, gli USA hanno ridimensionato a 80 km quella dei prossimi armamenti pesanti. Del resto, la NATO lo ha sempre dichiarato che questa guerra sarà duratura...
Al Consiglio del 31 Maggio, la UE ha rassicurato gli Stati che non riceveranno combustibili dalla Russia, riaffermando il ricorso al “RePowerEu”, il piano “per accelerare la transizione verde”, attraverso il risparmio energetico, l'uso di energie rinnovabili e la compravendita di energia elettrica da nuovi fornitori di combustibili. Il progetto, che oggi prevede “225 miliardi di € sotto forma di prestiti nell'ambito del dispositivo per la ripresa e la resilienza (RRF)”, avrà senza dubbio difficoltà, dato che la BCE ha deciso di non sostenere più il debito europeo, e tra gli Stati più forti rischiano di nascere rivalità per i problemi che ne deriveranno.
Anche se ad oggi, se pure faticosamente, la UE si sta mantenendo su di un piano unitario, le differenze al suo interno sono evidenti e rischiano, con il protrarsi della guerra ucraina, perseguito dagli USA (dove, peraltro, l'inflazione sta già raggiungendo livelli molto elevati), di evidenziarsi di più in futuro. Già l'atteggiamento smaccatamente filo-USA di diversi Stati situati più ad est è ben diverso da quello di Francia e Germania, che, invece, non mancano di sottolineare la necessità del raggiungimento di una soluzione negoziata del conflitto, senza alzare i toni in funzione anti-russa.
Sempre in occasione del Consiglio Europeo del 31 Maggio a Bruxelles, il premier italiano, M. Draghi ha ribadito l'importanza di “...come la Russia non debba poter vincere la guerra”. Ed ha poi rivelato come l'Italia sia l'unico “grande” Stato tra quelli UE a volere da subito la candidatura dell'Ucraina a Paese membro dell'Unione, mentre sarebbe in prima fila per attuare sia un coordinamento europeo sugli armamenti da adottare, sia il cartello europeo per un tetto al prezzo del gas. Una sorta di posizione di mediazione interna alla UE, espressamente molto apprezzata dai vertici USA.
Certamente in questo Paese i media si stanno mostrando zelantemente guerrafondai, in coerenza con il premier e l'industria bellica nazionale, e, perfino rispetto al fantomatico “piano di pace” italiano, di cui si è persa ogni traccia, le autorità ucraine avrebbero “ringraziato per il sostegno” ricevuto. Sarà forse anche per questo che proprio in Italia, primo Paese in Europa, il 20 Maggio si è svolto uno sciopero generale, anche se dalla riuscita simbolica, contro la guerra e l'economia di guerra, indetto, se pure “a spizzico”, da tutto il sindacalismo di base.
Alle stime di Confagricoltura (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno X n. 113 a pag. 3) e Codacons, che prevede, agli attuali livelli di inflazione del 6,9 %, una spesa media annua in più a famiglia di ben 2753 euro, si aggiunge quella della CGIA (associazione di artigiani e piccole imprese), che stima in quasi mille euro in più a famiglia la spesa media annua indotta specificamente dalla guerra ucraina. Per “evitare il crollo dei consumi” e le relative conseguenze per i propri associati, chiede al governo di intervenire sui salari, e contrastare la stagflazione incombente.
Occorre notare come, finanche secondo lo stesso ISTAT, un carovita di circa il 6% si traduce differentemente fra famiglie benestanti e famiglie povere: mentre per le prime tale media significa un incremento effettivo di spesa del 4,9 %, per le seconde diventa del 8,3 %, quasi il doppio, per il peso che hanno gli alimenti e gli altri generi di prima necessità, aumentati più degli altri, nel paniere di spesa.
Il picco d'inflazione del mese di Maggio ha riportato all'attualità il dato del potere d'acquisto dei salari medi italiani, che, a differenza di tutti gli altri Paesi europei, negli ultimi trenta anni, secondo le stime ufficiali, è diminuito del 2,9 %. Negli interventi di economisti e politicanti, però, le soluzioni proposte sono state, soprattutto, l'ennesimo taglio del cuneo fiscale (che, come noto, comprende imposte, dirette e indirette, e contributi previdenziali) e, magari, l'introduzione del salario minimo.
Sul taglio del cuneo fiscale da sempre si trova in prima linea la Confindustria di C. Bonomi, per la quale gli unici eventuali possibili aumenti salariali devono essere legati alla produttività aziendale, a fronte della richiesta al Governo di un “taglio serio e forte”, che metta “più soldi nelle tasche degli italiani”: la proposta è che lo Stato restituisca due terzi dei contributi a chi lavora, ma soprattutto un terzo alle imprese! Con buona pace dei servizi sociali pubblici: più salari nominali, ancor meno salario reale complessivo...
E' di Lunedì 13 la risposta del Governo Draghi, che annuncia di includere nel decreto del prossimo Luglio, per le buste-paga inferiori a 35mila euro (o 20mila euro), oltre ad uno sconto di 30 centesimi/litro su benzina e diesel, un nuovo taglio del cuneo fiscale dello 0,8 %, in modo da portarlo al 1,6 % complessivo, pari a circa 200 euro, da Settembre a Dicembre. Mentre è ancora in discussione la copertura finanziaria di tale provvedimento, l'intenzione è di rendere strutturali i tagli nella prossima legge di bilancio.
Il Governo sa di poter contare comunque sulla CISL, che al proprio Congresso Nazionale il 29 Maggio aveva esaltato il “dialogo sociale” di Draghi, riproponendogli ancora una volta il “Patto per l'Italia” con i sindacati confederali per “la salvezza del Paese”. La UIL di P. Bombardieri non esclude tale Patto, ma chiede che sia rivisto l'indice IPCA, che non tiene conto dell'inflazione, e che siano rinnovati i contratti collettivi (CCNL) in scadenza.
La priorità dichiarata della CGIL è quella di “aumentare il netto in busta paga”, attraverso una detassazione salariale. In questo senso viene visto il taglio del cuneo fiscale per quanto riguarda i lavoratori. Alle soglie del XIX° Congresso, per il quale le assemblee di base sono previste a fine Luglio, il sindacato di M. Landini chiede un “intervento strutturale”, da finanziare con imposte sugli extra-profitti e sulle rendite, di detassazione, mantenendo la critica alla controriforma fiscale (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno IX n. 108 a pag. 2) del Governo, oltre che rinnovare i contratti tenendo conto dell'inflazione.
Pur dimostrando di rendersi conto dei pericoli di guerra totale, citati dallo stesso M. Landini al Congresso di “Articolo 1” di Aprile, e della “emergenza sociale” che i lavoratori e i pensionati stanno vivendo, la CGIL, incollata alla fedeltà alla “unità sindacale” con CISL e UIL, continua a tenere un atteggiamento collaborativo nei confronti del Governo Draghi, che invece sta facendo le proprie scelte belliciste e antioperaie senza ritegno. Ogni differenza, anche fondamentale, come ad esempio quella sulla fornitura di armi all'Ucraina, si trasforma, al massimo, in un innocuo bofonchiare...
Eppure quanto il capitale italiano sia intollerante ad ogni minima concessione alla forza-lavoro lo dimostra anche la reazione del Governatore della Banca d'Italia, I. Visco, ad una timida avance del Ministro A. Orlando sulla necessità di “evitare la recessione” adeguando i salari alla inflazione, quando il 31 Maggio, in una intervista al quotidiano “La Stampa”, ha troncato ogni velleità, parlando di “vane rincorse fra prezzi e salari”. Secondo lui, perciò, nessun recupero salariale per i lavoratori, che hanno perso il 3 % di potere d'acquisto negli ultimi trenta anni!...
Per quanto riguarda il “salario minimo”, l'accordo raggiunto in sede UE su di una vera e propria direttiva, che peraltro non obbligherebbe quei Paesi in cui la contrattazione collettiva copre almeno l'80 % della forza-lavoro, come l'Italia, ha riportato in auge il dibattito politico sul DdL n. 658 (alias Legge Catalfo), che proponeva l'istituzione di un minimo intercategoriale di 9 euro orari lordi, dal quale qualsiasi contratto non potrebbe prescindere, e che verrebbe adeguato annualmente in base all'indice IPCA.
Mentre Confindustria sostiene che oggi sia “inutile”, dato che nessun contratto da essa firmato sarebbe inferiore ai 9 euro, il Governatore Visco lo vede accettabile se non ne sono previsti adeguamenti automatici, Forza Italia lo accetterebbe solo se “legato alla produttività”, e quindi non “per legge”, e per “Fratelli d'Italia” può “danneggiare l'occupazione”, aumentando, in pratica, il costo del lavoro.
La CGIA si dice favorevole al “salario minimo”, se viene considerato come riferimento il Trattamento Economico Complessivo (TEC), che comprende anche le “mensilità aggiuntive” (13.ma, 14.ma), il TFR, la Riduzione dell'Orario di Lavoro (ROL), le ferie, e così via... Non dovrebbe, inoltre, secondo la CGIA, riguardare gli apprendisti. A livello sindacale, la CISL lo vede inserito nella contrattazione e perciò, di fatto, è contraria, per la UIL deve coincidere con i “minimi contrattuali”, e la CGIL, invece, lo vede come una garanzia per chi non ha il posto fisso.
La realtà è che, come ha calcolato ISTAT, se adottato senza condizioni, per tre milioni di persone significherebbe circa 1000 euro all'anno in più. Significa, invece, solo schierarsi dalla parte di profitti e rendite il porre condizioni al provvedimento, che di per sè non risolve di certo il problema dei “lavoratori poveri” e del potere d'acquisto dei salari, destinato a peggiorare molto e rapidamente con i livelli di inflazione attuale, ma può, almeno, contrastare il lavoro nero e i contratti precari...
Quella che sta venendo avanti, con l'inflazione in ascesa, in una spirale di prezzi in aumento, a partire dall'energia e dagli alimenti, ha fatto prevedere all'ISTAT già solo per quest'anno un'altra perdita di almeno il 5 % del potere d'acquisto dei salari, e la riduzione dei servizi, sanità e scuola, a vantaggio delle spese militari, fa arretrare il salario sociale complessivo dei lavoratori e dei proletari in genere. L'adeguamento periodico non è necessario solo per il “salario minimo”, ma per ogni salario, e con un nuovo meccanismo automatico, ben oltre l'indice IPCA!...
Senza drastici aumenti salariali i redditi più bassi andranno sempre più verso situazioni di povertà e possibili razionamenti, specialmente in caso di allargamento della guerra ucraina o la non impossibile creazione di altri nuovi focolai. Oltre tutto, a questo si aggiunge la campagna per la cancellazione del Reddito di Cittadinanza, che sta ufficialmente partendo in questi giorni a cura di Renzi, Salvini e della Meloni.
Non basta essere genericamente contrari alla guerra senza alti livelli di mobilitazione di classe: le forze borghesi stanno alimentando in ogni modo la guerra fra poveri, oltre alla guerra guerreggiata in Ucraina ed in altri 58 Paesi del mondo. Bisogna capire che il vero scontro nel mondo non è fra Stati NATO e Russia, o fra USA e Cina, ma è di tutti costoro contro i proletari, destinati a pagare le spese di quanto sta avvenendo nei diversi Paesi, fino anche a rimetterci la pelle con gli effetti del cambiamento climatico e/o in guerra. Anche le armi sono merci, e, come tali, ci sono per essere consumate: l'eventualità di una guerra generalizzata è tutt'altro che da scartare!...

Alternativa di Classe

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