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IL PANE E LE ROSE - classe capitale e partito
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Un contributo su lavoro agile, digitalizzazione e nuovi diritti

(24 Giugno 2022)

Un documento e contributo scritto, per informazione e formazione autogestita, da Usi fondata nel 1912 su digitalizzazione e lavoro, salute e sicurezza, questione di genere collegata ai processi nelle Pubbliche Amm.ni e nelle società private, tra lavoro agile, smart working e nuove frontiere del diritto, diritto alla disconnessione e tutele. Telelavoratori e telelavoratrici d'Italia, unitevi e lottate...grazie

comunicatousi

Riflessioni e scheda tecnica, a cura di Usi fondata nel 1912, per autoformazione autogestita



Digitalizzazione e lavoro
In epoca Covid si è tanto sentito parlare di "smart working" o lavoro agile, una modalità di esecuzione della prestazione lavorativa caratterizzata da flessibilità organizzativa, perché priva di vincoli orari o spaziali, basata sull'utilizzo di strumenti che consentono di "lavorare da remoto" (smartphone, pc, tablet etc). La digitalizzazione e l'uso di strumenti digitali ha apportato dei benefici come appunto una maggiore flessibilità e autonomia nell'organizzazione dell'attività lavorativa. C'è però un rovescio della medaglia, lo svolgimento della prestazione lavorativa "da casa", comporta inevitabilmente che siano meno netti i confini tra attività lavorativa e vita privata con conseguente intensificazione dell'orario di lavoro. L'uso prolungato di strumenti tecnologici e digitali ha ripercussioni negative sulla salute dei lavoratori e delle lavoratrici, tra questi una postura statica per lunghi periodi di tempo può determinare tensioni muscolari e disturbi muscolo scheletrici; senza contare l'aggravamento di fenomeni quali l'isolamento, la dipendenza dalle tecnologie, la privazione del sonno, ansia, stress e burnout.
Se si aggiunge una caratteristica “di genere”, relativa al maggior carico di impegni di cura, assistenza di anziani e familiari, responsabilità genitoriali per figli minori, la gestione delle normali attività casalinghe, attività che sono elementi fondamentali per le donne che lavorano, il quadro diventa maggiormente penalizzante, si aggiungono le fatiche e lo stress di questa forma di lavoro di solito da casa, con quelle “non frontali” degli impegni familiari e sociali, con un disequilibrio che aumenta il fattore di rischio e pericolo per l’integrità psico fisica delle dipendenti, pubbliche o private, in termini di carenza di tutela specifica su salute e sicurezza sul-del lavoro (come del resto garantito in generale a tutti-e con l’articolo 2087 del codice civile italiano, disposizione applicabile anche per queste tipologie differenti dalle attività nelle sedi di lavoro propriamente dette, disciplinate in Italia dal D. Lgs. 81/2008 applicativo di disposizioni e direttive UE), un elemento di ulteriore servitù che non contribuisce certo ai processi di emancipazione delle classi lavoratrici e delle donne che lavorano.
Diritto alla disconnessione: cos'è?
Partendo dal presupposto che grazie alle nuove tecnologie siamo sempre "tutti connessi-e", "tutti-e online", tutti-e facilmente rintracciabili, il diritto alla disconnessione non dovrebbe essere una prerogativa dei soli "lavoratori/lavoratrici in smart working". L'essere perennemente e costantemente connessi e collegati-e, ingenera nel datore di lavoro l'aspettativa che i lavoratori e i dipendenti, pubblici o privati, siano raggiungibili in qualsiasi momento e ovunque, anche durante gli orari non lavorativi. Il diritto alla disconnessione si sostanzia nel “diritto di non essere costantemente reperibile, ovvero nella libertà di non rispondere alle comunicazioni di lavoro (come telefonate, e-mail, messaggi) durante il periodo di riposo, senza che questo possa compromettere la situazione lavorativa del dipendente”.
L'Unione Europea e il diritto alla disconnessione
Sul punto, si ricorda la Risoluzione del Parlamento europeo del 21 gennaio 2021, recante raccomandazioni alla Commissione UE sulla proposta di Direttiva sul diritto alla disconnessione. Preso atto che, attualmente, manca una normativa europea specifica sul diritto dei lavoratori alla disconnessione dagli strumenti digitali a scopi lavorativi, si sottolinea l'importanza di colmare tale lacuna. L'essere sempre connessi e reperibili può influire negativamente sui diritti fondamentali dei lavoratori, sull'equilibrio tra la loro vita professionale e quella privata, nonché (come si è visto) sulla loro salute fisica e mentale e sul loro benessere. Se da un lato, il diritto alla disconnessione comporta la possibilità del lavoratore di non rispondere alle richieste del datore di lavoro al di fuori dell'orario di lavoro, senza essere per questo penalizzato; dall'altro lato, i datori di lavoro non dovrebbero incentivare la cultura dello “stare sempre connessi”, ad esempio con favoritismi nei confronti dei lavoratori e lavoratrici, che rinunciano a tale diritto.
Diritto alla disconnessione: arriva la legge Europea
Nella Risoluzione in questione, è enunciato un principio fondamentale, da non tralasciare, ovvero: "Il diritto alla disconnessione dovrebbe applicarsi a tutti i lavoratori e a tutti i settori, sia pubblici che privati, e dovrebbe essere attuato efficacemente".
Proprio perché mira a garantire la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori e di condizioni di lavoro eque, compreso l'equilibrio tra vita professionale e vita privata, il diritto alla disconnessione deve essere un diritto generalmente riconosciuto (erga omnes).
La normativa - parziale - italiana: la legge 81/2017
Si è pronunciato in merito, anche il legislatore italiano con una normativa, purtroppo parziale, in quanto limitata al solo lavoro agile. Il riferimento è alla legge 81/2017- il Capo II è dedicato appunto al lavoro agile - la quale però non ha apprestato un'adeguata tutela. Innanzitutto, non ha riconosciuto la disconnessione come un diritto. Inoltre, l'articolo 19 della suddetta legge dispone che l'accordo relativo alla modalità di lavoro agile è stipulato per iscritto e disciplina l'esecuzione della prestazione lavorativa svolta all'esterno dei locali aziendali. Tale accordo individua i tempi di riposo del lavoratore nonché "le misure tecniche e organizzative necessarie per assicurare la disconnessione del lavoratore dalle strumentazioni tecnologiche di lavoro".
In sostanza, la disconnessione è rimessa alla negoziazione delle parti. Indefettibile quindi un intervento del legislatore che riconosca la disconnessione come un diritto fondamentale dei lavoratori e che tale diritto venga applicato in ogni ambito e settore lavorativo.
Diritto alla disconnessione e smart working
In realtà, il “diritto alla disconnessione” è un istituto dai confini ancora fumosi nel nostro ordinamento, anche se ha già trovato riconoscimento ufficiale all'estero e sia già diffusamente rispettato nella pratica aziendale nel nostro Paese.
A dire il vero, tale diritto viene preso in considerazione anche a livello normativo, nella legge che disciplina lo smart working in Italia. Quest'ultimo, anche conosciuto come “lavoro agile”, rappresenta una modalità di svolgimento dell'attività lavorativa ampiamente adottata nella realtà lavorativa italiana e postula la possibilità per il dipendente di prestare la propria opera anche al di fuori dell'azienda, senza vincoli di orario.
L'orario, appunto: questo il punto in comune tra smart working e diritto alla disconnessione. La legge sul lavoro agile (L. 81/2017) chiarisce che il lavoratore/lavoratrice è tendenzialmente libero di stabilire in autonomia i tempi di lavoro. L'unico vincolo, anzi, è dato proprio dalla durata massima dell'orario di lavoro. Raggiunto questo limite, anche il lavoratore "flessibile" ha il diritto di "staccare la spina" e rendersi irreperibile.
L'irreperibilità nella contrattazione collettiva
Al di là del dato normativo appena esaminato, è possibile citare anche quanto avviene nell'ambito della contrattazione collettiva, dove il diritto alla disconnessione è ormai considerato quale criterio generale da tenere in considerazione, relativamente all'utilizzo di cellulari e altri dispositivi di comunicazione.
In tale ambito, nell'ottica di una migliore conciliazione tra vita lavorativa e vita privata familiare, la possibilità di effettuare chiamate ai dipendenti e inviare mail per motivi di lavoro viene dichiaratamente circoscritta al solo orario di lavoro e non è concessa nelle restanti ore della giornata.
Analoghe disposizioni, come detto, si ritrovano già in alcuni ordinamenti stranieri, come ad esempio la legge sul lavoro francese.
Diritto alla disconnessione: una regola comportamentale
In realtà, al di là di qualunque appiglio normativo, sembra corretto affermare che la questione del c.d. diritto alla disconnessione riguardi, più che la sfera giuridica, quella della correttezza nei rapporti sul piano sociale.
Prolungare il livello di attenzione e di disponibilità del dipendente oltre il normale orario di lavoro per cui viene retribuito, infatti, potrebbe a buon ragiona essere considerato una fonte di ingiusto stress nei confronti dello stesso.
Del resto, pretendere che il dipendente abbia uno specifico dovere di rispondere a mail e messaggi del tutto eventuali anche fuori dell'orario di lavoro, vorrebbe dire riconoscere che lo stesso, in certa misura, sia ancora a disposizione del datore e configurerebbe, in ultima analisi, il suo diritto a un'indennità economica che compensi tale reperibilità.
È dunque ragionevole affermare che, anche in assenza di specifici accordi o normative, già sul piano comportamentale è da ritenersi sussistente il diritto alla irreperibilità, al di fuori dell'orario di lavoro, in capo a ciascun lavoratore dipendente.

Estratto da intervento e osservazioni di Usi fed. intercategoriale di Roma (per dipendenti di Roma Capitale e aziende pubbliche e private) del marzo 2021

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