">
il pane e le rose

Font:

Posizione: Home > Archivio notizie > Capitale e lavoro    (Visualizza la Mappa del sito )

Usciamo di casa

Usciamo di casa

(28 Settembre 2012) Enzo Apicella
Sciopero generale del Pubblico Impiego

Tutte le vignette di Enzo Apicella

PRIMA PAGINA

costruiamo un arete redazionale per il pane e le rose Libera TV

SITI WEB
(Lotte operaie nella crisi)

GRANDI PROTESTE DEI LAVORATORI IN ECUADOR

(28 Luglio 2022)

Dal n. 115 di "Alternativa di Classe"

Conaie

Verso la fine degli anni Novanta l'Ecuador ha attraversato una delle peggiori crisi economico-finanziarie della sua storia. A fronte di un'inflazione intorno al 60%, di una massiccia fuga di capitali e di un settore delle esportazioni in ginocchio, il governo della repubblica andina, allora guidato da Jamil Mahuad, scelse di salvare il sistema finanziario, garantendo i depositi bancari, tagliando la spesa pubblica, e sostituendo la moneta nazionale, il sucre, con il dollaro statunitense. All'epoca, il paradigma economico di riferimento era rappresentato dall'ideologia neoliberista, promossa dagli Stati Uniti e dalle istituzioni finanziarie borghesi internazionali.
Nel 2007 in Ecuador appena il 2% delle famiglie possedeva il 90% delle grandi aziende, più della metà della popolazione non era in grado di soddisfare i propri bisogni primari, e circa il 40% dei cittadini viveva in condizioni di estrema povertà.
Tra il 1996 e il 2006 si sono succeduti ben otto capi di Stato. La corruzione dilagava, la sfiducia dei cittadini nei confronti della politica e del sistema parlamentare borghese era in crescita, e ovunque nel Paese scoppiavano grandi proteste. Fu in questo contesto che nel 2006 venne eletto Rafael Correa a presidente. Iniziò la “revolucion ciudadana”, che illuse milioni di lavoratori e di emarginati ecuadoriani, avendo come priorità non l'uscita dal sistema capitalistico, ma quella di recuperare indipendenza e sovranità nazionale nei confronti dei mercati finanziari internazionali e degli Stati Uniti.
Nel 2020 il Fondo Monetario Internazionale (FMI) ha finanziato lo Stato ecuadoriano per 7,4 miliardi di dollari. In tema di debito pubblico, la ristrutturazione concordata con i creditori internazionali nel 2020 ha consentito all'Ecuador di ottenere interessi e condizioni più favorevoli. Il Governo ottenne facilitazioni, consistenti in tre anni di grazia nel pagare gli interessi e cinque anni di grazia per restituire il capitale.
L'attuale presidente dell'Ecuador, Guillermo Lasso, ha promesso di creare due milioni di posti di lavoro, ma in realtà ha adottato una serie di misure di riduzione della spesa pubblica. L'esecutivo ha eliminato i contributi pubblici sulla benzina, ridotto il salario degli impiegati statali e dimezzato i giorni di ferie.
A dettare il nuovo corso della politica economica ecuadoriana è il Fondo Monetario Internazionale che, a fronte di un credito di alcuni miliardi di dollari concesso per contrastare la recessione e la mancanza di liquidità, ha preteso una serie di aggiustamenti strutturali, volti a ridurre la spesa pubblica, flessibilizzare il mercato del lavoro, e privatizzare le aziende pubbliche che godono di buona salute. Un accordo, quello con il Fondo Monetario Internazionale, le cui negoziazioni sono avvenute nella massima riservatezza e senza un passaggio formale in Parlamento, come previsto dalla costituzione ecuadoriana.
Oggi si stima che circa nove milioni di ecuadoriani abbiano una occupazione, e circa un milione di abitanti siano disoccupati. Il 10% della popolazione più ricca ha il 42,5% del reddito, mentre il 10% dei poveri ha solo lo 0,6% del reddito. I tassi di povertà sono più alti per le popolazioni indigene, afrodiscendenti e rurali. Il 7,6% della spesa sanitaria va al 20% dei poveri, mentre il 20% della popolazione ricca riceve il 38,1% di questa spesa.
Dal mese di Giugno l'Ecuador è di nuovo teatro di proteste dei lavoratori che, come già nel 2019 (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno VIII n. 90 a pag. 4), sono scesi in piazza contro l'aumento generalizzato dei prezzi, in particolare quello dei carburanti. Secondo le informazioni raccolte dalla Commissione interamericana per i diritti umani (Cidh), nel corso delle proteste, iniziate il 13 Giugno, sei persone hanno perso la vita per colpi di armi da fuoco, e almeno 170 manifestanti sono rimasti feriti. Sono state fermate più di cento persone, tra cui leaders sociali, e sono stati segnalati 86 gravi atti di violenza contro la stampa locale.
La prima rivendicazione dei manifestanti riguarda il contenimento del prezzo della benzina, in pesante aumento in Ecuador e a livello internazionale. In poco più di un anno, in un Paese che esporta petrolio, ma che importa prodotti raffinati, il valore del diesel è aumentato del 90% e quello della benzina del 46%.
Le organizzazioni sociali ecuadoriane hanno reso omaggio a Guayaquil ai morti causati dalla repressione della polizia durante lo sciopero nazionale di dieci giorni, indetto dalla Confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador (CONAIE) e da altri gruppi.
La Procura generale dell'Ecuador ha avviato un'indagine preliminare d'ufficio per indagare sulla morte di Byron Guatatuca, cittadino di nazionalità kichwa, residente nel Comune di San Jacinto, colpito da un proiettile sparato a distanza ravvicinata dalla polizia a Puyo, nella provincia di Pastaza.
L'Alianza de organizaciones por los derechos humanos, formatasi nel contesto dello sciopero nazionale, ha denunciato i nuovi attacchi della polizia con bombe lacrimogene presso la sede dell'Universidad Central de Quito e nei quartieri Salesiana e Catòlica, segnalando la volontà di violare le zone di pace e di aiuto umanitario stabilite.
La CONAIE, in una lettera indirizzata al presidente Guillermo Lasso, aveva da subito ribadito che le organizzazioni indigene e sociali vogliono un rapporto diretto, senza mediatori, che porti ad affrontare i problemi esistenti. L'organizzazione aveva aggiunto che “se non ci sarà risposta alle richieste, fiumi di persone continueranno ad arrivare nella capitale”. Questa chiara linea di condotta è stata sconfitta, ed ha prevalso una linea più moderata.
Le forze indigene e autoctone dell'Ecuador e il regime del banchiere Guillermo Lasso il 30 Giugno hanno stretto un patto, con il quale hanno temporaneamente posto fine alle mobilitazioni sociali, che hanno scosso l'Ecuador dal basso con manifestazioni in tutto il Paese. L'accordo tra le parti è stato stipulato negli uffici della Conferenza Episcopale, che ha agito da mediatore nel conflitto.
A seguito delle proteste, Lasso ha annunciato una manciata di leggi per soddisfare le richieste sociali in materia di controllo dei prezzi, finanziamenti ai servizi sanitari e diminuzione del valore del carburante. L'aumento del prezzo della benzina rende tutte le merci più costose.
La Confederazione delle nazionalità indigene dell'Ecuador, CONAIE, ha affermato che offrirà al regime novanta giorni per dimostrare se le sue promesse sono state mantenute o meno. Tra le rivendicazioni della CONAIE e dei diversi settori sociali ecuadoriani ci sono la richiesta di forniture di medicinali per la popolazione, far fronte al grave problema della disoccupazione e dell'alto costo della vita.
A questi problemi si aggiunge un estrattivismo minerario, che non rispetta la popolazione indigena. Insomma, il classico schema neoliberista, che imperversa e colpisce i proletari, provocando giuste ondate di protesta e rabbia popolare. Il Presidente della Confederazione delle comunità indigene dell'Ecuador, Leonidas Iza, ha dichiarato di temere per la propria vita, avendo ricevuto ripetute minacce di morte.
Nei giorni scorsi, le unità antisommossa della polizia nazionale ecuadoriana hanno represso manifestanti e residenti di un quartiere popolare della capitale Quito. Nel sedicesimo giorno dello sciopero nazionale, i media locali hanno pubblicato sui social network video caricati dai residenti di San Miguel del Comun, a nord di Quito, dove si possono ascoltare testimonianze sulla repressione della polizia. Un video, caricato dalla comunità indigena”Wambra”, ha riferito che mentre l'Assemblea nazionale votava l'impeachment del Presidente banchiere Guillermo Lasso, a San Miguel del Comun,”la polizia reprimeva i manifestanti con l'uso dei gas lacrimogeni”.
Il Congresso ecuadoriano non è riuscito a raccogliere voti sufficienti per rimuovere il Presidente G.Lasso, denunciato per aver causato una pesante crisi economica. In ogni caso, siamo di fronte al più vasto movimento indigeno della storia dell'Ecuador.
Per anni in America Latina si sono presentate alternative capitaliste di “sinistra”, che hanno suscitato nel mondo intero delle illusioni, niente affatto trascurabili. Governi, che hanno preteso di difendere i poveri, i lavoratori, gli emarginati, e che si sono presentati come portatori di un capitalismo “sociale”, più “umano”. Come ad esempio, il governo Chavez in Venezuela, Evo Morales in Bolivia, e Rafael Correa in Ecuador.
Di fronte a queste mistificazioni, purtroppo ancora presenti in America Latina, deve sorgere un polo unitario, fraterno e collettivo, di forze INTERNAZIONALISTE, che apra una discussione con l'obiettivo di formulare posizioni di lotta di classe intransigente e di solidarietà internazionale.

Alternativa di Classe

Fonte

Condividi questo articolo su Facebook

Condividi

 

Ultime notizie del dossier «Lotte operaie nella crisi»

Ultime notizie dell'autore «Circolo Alternativa di classe (SP)»

3637