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Salvate la Sanità

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(28 Novembre 2012) Enzo Apicella
Secondo Monti il sistema sanitario nazionale è a rischio se non si trovano nuove risorse

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    REGIONE LAZIO E SERVIZI SANITARI: APPROVATA DALLA GIUNTA REGIONALE IL DOCUMENTO DI PROGRAMMAZIONE PER IL MODELLO DI ASSISTENZA TERRITORIALE

    (28 Luglio 2022)

    Luci ed ombre di applicazione delle sperimentazioni fatte sulla popolazione, di pseudo contrasto al covid 19 e in applicazione degli obiettivi posti dal PNRR…MA COSA C’ENTRA, QUESTO PROGRAMMA REGIONALE, CON LA LEGGE 833 DEL 1978 E CON UNA SANITA’ PUBBLICA AL SERVIZIO DELLA CITTADINANZA?

    regione lazio

    La Giunta regionale del Lazio, ha approvato nella seduta del 26 luglio 2022, il documento di programmazione per il ‘modello nel Lazio dell’assistenza territoriale. L’obiettivo è quello di realizzare, in una gestione pubblica, una nuova rete territoriale con un’azione omogenea per ridurre le diseguaglianze e agevolare la presa in carico dei pazienti cronici”. Lo dichiara l’Assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. “In particolare - secondo la dichiarazione dell’Assessore - il documento di programmazione riguarda le attività previste nelle 135 Case di comunità, nei 36 Ospedali di comunità e nelle 59 Centrali operative territoriali (COT) finanziati dalla Missione 6 del PNRR. Un ruolo importante e strategico è quello relativo alla transizione digitale e tutti i sistemi di tele-medicina e tele-monitoraggio e di assistenza domiciliare. Un compito fondamentale è quello dei Distretti sociosanitari per l’integrazione e la presa in carico proattiva che sarà basata sulla popolazione cronica, sul consumo dei farmaci, sull’indice di deprivazione socio-economico, sulla composizione della famiglia e sulle esposizioni ambientali. Il modello Lazio di riordino della rete territoriale è basato sulla multidisciplinarità di tutti i professionisti coinvolti. E’ la prima volta che nel Lazio si vara un documento di programmazione dell’attività territoriale recependo il Decreto ministeriale 77. L’intenzione è quella di riproporre i risultati positivi del modello Lazio nel contrasto alla pandemia anche nel potenziamento della rete dei servizi socio-sanitari”. Fin qui, le dichiarazioni ufficiali e istituzionali.

    La realtà che si vive nel territorio regionale, dove la città-stato di Roma Capitale assorbe una parte rilevante per popolazione (2 milioni e ottocentomila residenti, quasi 4 milioni di persone che stabilmente ci vanno per studio o lavoro provenienti da altri comuni, sui circa 4 milioni e mezzo dell’intera popolazione regionale) e dimensioni territoriali con volume notevole di richieste di prestazioni sanitarie, è ben diversa. Abbiamo assistito e nei fatti subito, l’accorpamento nelle province del Lazio, di poli ospedalieri che erano presenti sui territori, per esigenze di “razionalizzazione” e di aziendalizzazione, togliendo punti di riferimento stabili per cittadini e cittadine, che per avere prestazioni sanitarie e interventi, prenotazioni di visite specialistiche dovevano rivolgersi ai punti centralizzati, che in molti casi specie per le prenotazioni, sono con “codici” fuori dal sistema del CUP e del Recup, creando ulteriore disagio sia in termini di dilatazione per mesi di visite specialistiche e procedure diagnostiche, che di difficoltà di raggiungimento delle sedi disponibili…A MENO CHE NON TI RIVOLGI AL MERCATO PRIVATO DELLA SANITA’…dove se paghi i tempi si riducono e non hai la garanzia del livello qualitativo delle prestazioni richieste. Così come al progressivo smantellamento della riforma del sistema sanitario prevista dalla legge 833 del 1978, riducendo per motivi di bilancio e di tagli di budget, di carenze di personale sanitario dipendente pubblico (che ha avuto recentemente un rinnovo contrattuale molto al di sotto delle pur minime aspettative, non solo salariali ma anche di inquadramento del personale e di percorsi di formazione e valorizzazione delle effettive competenze, a tutto vantaggio del consolidamento di meccanismi di carriera corporativi e clientelari), proprio quel sistema di assistenza territoriale in presenza, attivo e solidale in contatto con le comunità locali, idoneo come la fase di prevenzione che viene ridotta a mera enunciazione, per la tutela della salute e dei processi di cura nei casi dove essa sia richiesta e necessaria e riducendo ai minimi termini i principi fondamentali su PIENA ED EFFICACE TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA.

    Ciò a fronte di un aumento a dismisura, di prestazioni farmaceutiche (ndr uno dei criteri utilizzati per il sistema integrato è “…il CONSUMO DI FARMACI…”) e un uso non sempre corretto, di medicine anche costose, per la cura di patologie e disturbi accusati dalla cittadinanza e dai “pazienti”, senza quel costante intervento in termini di verifica di cause scatenanti determinate patologie sui territori della Regione, di prevenzione con campagne mirate alle fasce più esposte della popolazione e con un rapporto diretto tra operatrici e operatori della sanità pubblica con i cittadini e le cittadine.

    Questo provvedimento della Giunta Regionale nel Lazio, che proclama una ennesima riorganizzazione – ristrutturazione tecnica, si basa su un presunto sviluppo di attività coordinate, a tutto vantaggio di sistemi spersonalizzanti e tecnologici A DISTANZA, come la TELEMEDICINA, il tele-soccorso, dove il consulto è fatto on line e viene eliminata, con la scusa dell’eliminazione delle “file e code per le visite”, quella modalità che era alla base di un concetto base della medicina e dei processi di cura, il rapporto diretto medici e operatori-trici sanitari con la cittadinanza utente. Senza contare che una parte delle prestazioni, a partire dalle prenotazioni con il sistema di Cup (Centro unico prenotazioni) da anni è affidato dalla Regione a cooperative ed enti esterni, con condizioni non certo ottimali per la forza lavoro utilizzata e sottopagata ai quali come per la stessa fase di ASSISTENZA DOMICILIARE, sono richieste restazioni di lvato contenuto specialistico, senza poter contare né di adeguata formazione, né di retribuzione idonea, né di modalità oganizzative tali da rendere al meglio i compiti loro affidati, secondo un sistema di ESTERNALIZZAZIONE E PRIVATIZZAZIONE DI PUNTI RILEVANTI DEI SERVIZI SANITARI E SOCIO SANITARI…”INTEGRATI”. A nulla sono valse finora, le proteste di settori di questo personale esternalizzato, che passa anche con condizioni peggiorative da un appalto all’altro, per la loro RI-PUBBLICIZZAZIONE del servizio e l’assorbimento, al di là delle classiche promesse e di accordi sindacali siglati in periodi di campagna elettorale, che rimangono solo sulla carta o applicati in modo parziale. Al danno si aggiunge la beffa, visto che la Giunta Regionale e l’Assessore, rivendica di aver messo a sistema le “sperimentazioni” e le pratiche utilizzate per il contrasto al covid 19 e varianti varie, come se quel metodo, quelle misure e provvedimenti presi sempre IN EMERGENZA, fossero tali da determinare UN MIGLIORAMENTO DELLE CONDIZIONI DI TUTELA DELLA SALUTE E DELLA SICUREZZA, di chi fruisce delle prestazioni sanitarie e socio sanitarie collegate (un esempio fra tutti, la dismissione del servizio di assistenza sanitaria e domicliare, per gli anziani utenti delle CASE DI RIPOSO COMUNALI – di Roma Capitale, scaricando tale incombenza e costi, alle famiglie degli anziani o alla non prevista attività del personale addetto alla fase di assistenza, a titolo di favore personale, essendo tali mansioni escluse dal capitolato speciale di appalto per l’assistenza nelle case di riposo comunali) o con l’ennesima e non risolta VERGOGNA, per le fasce di popolazione anziana non autosufficiente, del meccanismo denunciato da associazioni, da comitati di familiari e utenti, sulle condizioni di INVIVIBILITA’ NELLE RSA (Residenze Sanitarie Assistite) che proprio in periodo di COVID 19 E DI LOCK DOWN, hanno mostrato il vero volto dell’inefficienza e della carenza di condizioni igienico sanitarie, di luoghi idonei per la tutela e lavita delle persone anziane…E QUESTO MECCANISMO, si vorrebbe risolvere con la mera innovazione tecnologica e la rioganizzazione aziendalistica, la cui fattibilità è tutt’altro che dimostrata specie per le famiglie con pazienti affetti da patologie croniche, che dovrebbero dotarsi di strumenti e apparecchiature avanzate per poter solo accedere alla tele-medicina e alle altre prestazioni indicate ed enunciate come un progresso, dal documento di programmazione regionale. Insomma, si consolida la “commerializzazione tecnologica” di una sanità nel Lazio, già abbondantemente privatizzata ed esternalizzata, sul modello della stessa sanità lombarda, con una prosecuzione del motto “PIU’ STAI MALE E PIU’ PAGHI”, adesso anche con i costi della tecnologia e della digitalizzazione. CON LA SANITA’ PUBBLICA E CON LA TUTELA EFFICACE, POCO A CHE VEDERE, fanno bene i coordinamenti e i comitati sorti anche nella regione a battersi, perché l’articolo 32 della Costituzione e il messaggio, ormai messo in cantina, della legge 833 del 1978, non restino un retaggio storico senza applicazione concreta ed attuale…LA “SOCIETA’ DELLA CURA” che vogliamo, ha ben altri valori, criteri e modalità pratiche rispetto al futuro e al “progresso digitale”, più che una rivoluzione assomiglia ad una restaurazione mascherata. Anche su questo, vanno proseguite le iniziative di sensibilizzazione, informazione, prevenzione popolare e tendenzialmente di massa, una RESISTENZA ATTIVA, collegata alle lotte che si riescono a mettere in campo, tra operatori e operatrici della Sanità pubblica e di coloro, migliaia nella Regione Lazio, che sono utilizzati nelle troppe esternalizzazioni e servizi in appalto nei servizi socio-sanitari e sociali, tra cooperative, imprese e società private con lucrose convenzioni e affidamenti.

    A cura di Usi fondata nel 1912 - coordinamento lav. Sanità e servizi sociali

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