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Esopo in Medio Oriente

Esopo in Medio Oriente

(3 Settembre 2010) Enzo Apicella
Al via gli ennesimi colloqui di pace, ma Israele non rinuncia a nuovi insediamenti

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(14 Agosto 2022)

bambini palestinesi uccisi

Un distratto commento compassionevole è riservato alle foto dei bambini uccisi nell’ennesimo attacco assassino contro il popolo palestinese. Più che una notizia, un trafiletto infilato tra le beghe elettorali e le notizie sull’Ucraina, in una fase di stanca. Come se questo ennesimo orrore non meritasse che qualche lacrimuccia per essere al più presto archiviato come un episodio di una guerra che continua da oltre 70 anni, teso ad affermare il primato indiscusso di Israele nello schiacciamento di tutte le masse oppresse dell’area. A Gaza, in particolare, la popolazione tutta deve essere mantenuta in uno stato di sotto umanità. Nei territori occupati, è necessario imporre l’erosione costante dello spazio di vita e delle risorse, sotto la minaccia delle armi.

Qualcuno cercherà di obiettare: la guerra è guerra, e la Jihad Islamica è un gruppo armato, ma… i bambini dovrebbero essere risparmiati. E perché mai? In base a quale codice d’onore si vincono le guerre? Perché siamo chiamati a commuoverci (con moderazione, si capisce) per la morte dei bambini, da quelle stesse forze che non battono ciglio per la povertà estrema, la disoccupazione senza via d’uscita, la lotta quotidiana per la sopravvivenza, gli abusi, i soprusi, la vita due volte infame che conducono le donne che quei figli li hanno fatti e che continueranno a farli per non farsi cancellare dalla faccia della terra? Che subiranno a loro volta abusi e oppressione, costrette al silenzio per non incrinare il fronte di resistenza popolare che finora li ha mantenuti in vita?

Quante volte l’opinione pubblica è chiamata ad indignarsi per la demolizione dei palazzi, e delle case, per il furto delle terre, dell’acqua, per gli assalti dei coloni, per i muri eretti ad impedire la libera circolazione, per la distruzione delle risorse, per le migliaia di incarcerati, per la brutalità dell’esercito, che è pane quotidiano in quelle terre?

Vanificata da tempo la speranza di autonomia e indipendenza anche a causa delle loro dirigenze imbelli e pronte al compromesso, le vite e le possibilità di sopravvivenza del popolo palestinese vengono distrutte con cinica imparzialità, senza distinzioni di sesso o di età. Essa ha una sua ragione d’essere.

Quei bambini sono tutt’altro che “innocenti”, la loro esistenza stessa nuoce al loro nemico giurato, mentre il loro martirio fa velo al martirio generale del loro popolo. Non basta indignarsi e chiedere, illusoriamente, che cessino le uccisioni dei civili, o dei bambini, quando la guerra è esattamente contro di loro, un popolo che è al tempo stesso fatto di “civili”, lavoratori a bassissimo costo, giovani disoccupati, madri in miseria, bambini e ragazzini senza futuro, che si trasformano quando è necessario in resistenti, in combattenti: è questo che Israele sa benissimo, e agisce di conseguenza, forte dell’appoggio più o meno esplicito dei governi, ben compreso il governo Italiano: è questo che dovrebbe scuotere le nostre coscienze!

E questo ancor più se pensiamo al futuro prossimo che ci attende, che sarà oscuro, un continuo peggioramento delle nostre condizioni di vita, non solo dal punto di vista economico, della salute e dell’ambiente in cui viviamo, ma anche della repressione e della possibilità di rivendicare con la lotta i nostri diritti nei luoghi di lavoro e nei territori. Nelle ultime settimane lo abbiamo toccato ancora una volta con mano: il diritto al lavoro, all’organizzazione sindacale, il diritto di sciopero, la rivendicazione del salario sono stati duramente repressi, sia quando sono in campo i lavoratori organizzati, che quando la rivendicazione avviene su base individuale.

Da un lato oscuri capi d’accusa e misure repressive per cercare di frenare le lotte, come nel caso degli arresti a Piacenza; dall’altro, come è successo a Soverato, l’aggressione individuale del padrone, che ha risposto con le botte alle richieste di Beauty, la lavapiatti nigeriana che chiedeva con determinazione il compenso pattuito per il suo lavoro.

Guardiamo ancora una volta ai casi singoli, senza limitarci ad essi ma per renderci conto che oggi più che mai essi rappresentano la punta di un iceberg che solo la mobilitazione generale potrà sconfiggere!

Comitato 23 settembre

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