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No war but the class war: presentazione di un Comitato

(5 Novembre 2022)

Mesi fa, abbiamo saputo della formazione, a Roma, di un Comitato contro la guerra imperialista denominato No War But the Class War. Ci è parsa subito apprezzabile la sua impostazione, lontana dalle tifoserie che, in quel che residua della sinistra di classe si riproducono in occasione di ogni tensione internazionale. Di più, al netto rifiuto di parteggiare per questo o quell'imperialismo, il Comitato oppone una progettualità che lega l'opposizione alla guerra al conflitto di classe. Per questo, ci siamo sentiti in dovere di raggiungere concretamente chi anima questa esperienza, sì da farci spiegare ulteriori aspetti che ci erano sfuggiti (ad esempio, la rete di contatti a livello internazionale). Non solo: a conflusione della conversazione, qui riprodotta, abbiamo anche chiesto al Comitato di ribadire la propria lettura di quanto sta avvenendo in Ucraina. Siamo convinti che ciò possa servire da contrappeso alla confusion generata dai media ufficiali e, talvolta, anche da quelli alternativi.

not war but

Com'è nato il Comitato romano contro la guerra imperialista ? Chi lo compone?
Diciamo per chiarezza che il nostro Comitato affonda le sue radici in una proposta di carattere internazionale, che ha prodotto il costituirsi di vari comitati NWBCW in diverse parti del mondo. La spinta è venuta dalla Tendenza Comunista Internazionalista, recuperando l’esperienza della CWO (Communist Workers' Organisation) inglese durante la Guerra del Golfo, che a sua volta partiva dall’azione pregressa di compagni anarchici inglesi. Per noi è importante sottolineare la dimensione internazionale in cui il comitato è collocato perché è parte del suo DNA e rispecchia la sua logica internazionalista. Nel nostro specifico contesto, la costituzione del Comitato nasce dal confronto e dall’interlocuzione fra i compagni di Battaglia Comunista e di Società Incivile, più altre individualità rivoluzionarie, attorno a una precisa una piattaforma politica. Essa si articola in 5 punti che abbiamo reso pubblici e che contraddistinguono la nostra azione.

Quali finalità perseguite?

Il compito del Comitato è quello di agitare, fare propaganda e cercare di dare una dimensione concreta all’idea forza dell’Internazionalismo Proletario. Che vuol dire questo? Lo schierarsi contro la guerra imperialista porta con sé, su questo terreno, l’opposizione ad ogni forma di compromissione con il nemico di classe. Ciò però è solo il primo momento per una corretta disposizione internazionalista. Respingere le impostazioni pacifiste, social-imperialiste e campiste, quali espressioni di interessi di classe non certo coincidenti con quelli proletari è un altro aspetto. Ma nel concreto ci siamo posti anche un'altra questione, strettamente inerente al campo rivoluzionario. Quella porre sul piatto, dentro l’iniziativa concreta e non in maniera ideologica, la necessità di superare la semplice spinta al “posizionamento” teorico che spesso contraddistingue molti compagni. Che hanno assunto, sì, una posizione corretta contro la guerra ma non vanno più in là di questa dimensione. Forti sono le insufficienze di tanti “internazionalismi”, che non riescono ad uscire dalla loro dimensione particolare ed economicista, né sanno porsi in termini politico-pratici il rapporto fra lotta alla guerra/lotta all’economia di guerra e opposizione al sistema che le produce entrambe. Su queste basi, noi cerchiamo d'intervenire per dare una dimensione concreta e sempre più allargata all’iniziativa internazionalista fuori da logiche di provenienza. Oggi c’è la necessità di fare un salto politico non perché lo diciamo noi, ma perché sono la dimensione della guerra e la condizione della lotta di classe che lo impongono. Noi non siamo una grande entità, ma per quanto ci è possibile cerchiamo di sviluppare questo lavoro fra i compagni e nelle manifestazioni di classe

Ci potete riferire le iniziative sin qui svolte e quelle in preparazione?
Il Comitato esiste da 6 mesi e, tra i suoi obiettivi, ha quello di divenire un punto di riferimento cittadino per un’opposizione di carattere classista alla guerra. Oltre all’assemblea con cui l'abbiamo presentato e a una iniziativa autonoma sul territorio di Roma est, abbiamo presenziato e, lì dove ritenuto idoneo, partecipato attivamente con nostri interventi alle varie assemblee e dibattiti che, in questo periodo, si sono dati intorno al tema della guerra.
Questo è anche il periodo che fa strettamente riferimento all’anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Anche in relazione a ciò il Comitato, nella settimana che va dal 7 al 13 novembre, farà 2 presidi con volantinaggio in 2 punti di Roma, per poi realizzare un'iniziativa centrale, un incontro-dibattito, domenica 13 dalle 11,00, al “parco liberato” di Largo Preneste. Il riferimento alla Rivoluzione d’Ottobre, nel nostro caso, non ha nulla di scadenzista o passatista, né rimanda a nostalgie fuori tempo massimo. La Rivoluzione d’Ottobre, nella storia delle classi subalterne, è proprio l’evento che evidenzia qual è l’unica possibilità concreta di uscita dalla guerra, da ogni guerra. Oggi come allora, essa si lega al ribaltamento e rivoluzionamento del sistema che queste stesse guerre produce, che è quello del capitale. Questo è uno degli insegnamenti che ci ha lasciato la Rivoluzione d’Ottobre.

Qual è la vostra interpretazione della guerra in corso in Ucraina?

Il conflitto russo-ucraino è una guerra imperialista. In questo senso, su di esso convergono tutte le contraddizioni che animano il campo imperialista nei suoi diversi blocchi, in primis la crisi strutturale di valorizzazione capitalistica, che ha rovesciato la sua forza esplosiva sul piano delle relazioni politiche e militari. La natura, genesi, dimensione e importanza di questo conflitto vanno ben al di là del semplice campo di battaglia. Come si vede, è infatti tutto l’assetto delle relazioni mondiali imperialiste ad essere entrato in fibrillazione. Il conflitto odierno matura sempre più la possibilità di generalizzarsi, nelle forme date dall'odierno sviluppo tecnologico e dal modificarsi delle relazioni internazionale. La guerra in corso, a nostro avviso, è un passaggio che prelude a una dinamica bellica più ampia e ciò indipendentemente da quei possibili “accordi” che, allo stato attuale, non sono non ancora messi in conto. Anche se dovesse intervenire l'iniziativa diplomatica, essa non rappresenterebbe altro che una tappa verso un ulteriore salto in avanti. Tutto ciò è fuori e contro gli interessi del proletariato internazionale. Dal nostro punto di vista, stiamo andando dritti dritti verso la prospettiva di una nuova guerra mondiale; rispetto ad essa l’alternativa di classe e rivoluzionaria ci sembra l’unica via d'uscita possibile.
Fuori e contro ogni schieramento imperialista, noi ci collochiamo al fianco dei proletari di tutti i paesi, contro tutte le borghesie a partire dalla nostra. Dunque ci riferiamo allo slogan “ il nemico è in casa nostra” (che non coincide con un atteggiamento più “morbido” verso l’altro fronte imperialista).
Pur coscienti dei rapporti di forza e dello stato generale, oggi fondamentalmente sfavorevole, della lotta di classe, il nostro compito rimane quello di lavorare per sedimentare la prospettiva dell’internazionalismo proletario, dando corpo e organizzazione alle forze disponibili a misurarsi su questo terreno. Questo è il nostro compito oggi.

Stefano Macera

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