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Pace, lavoro e libertà

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(16 Ottobre 2010) Enzo Apicella
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(Contratto Metalmeccanici)

Giornalisti, mai sentito nominare i metalmeccanici?

Che dobbiamo fare per farci sentire: diventare cattivi?

(14 Novembre 2005)

Il segretario della Fiom non aveva ancora finito di chiedere la diretta Rai per la manifestazione dei metalmeccanici a Roma, che subito è arrivata la risposta. Stampa e Tv hanno semplicemente cancellato il fatto. Oltre 5mila delegati metalmeccanici si sono trovati in assemblea a Milano, ma per essi, tranne che su "Liberazione", "il manifesto" e "l'Unità", solo trafiletti e silenzio.

Qui c'è il regime. Questa è la grande coalizione bipartisan della stampa italiana, di Rai e Mediaset, che assieme convengono di non parlare del principale contratto dell'industria. Un contratto che tocca oltre un milione e mezzo di lavoratori con le loro famiglie, ma le cui ripercussioni riguardano tutto il mondo del lavoro.

Qui c'è il conflitto di interessi di un sistema dell'informazione che, unico al mondo, vede i grandi giornali e le Tv in mano ai padroni dei principali gruppi industriali e finanziari.

Qui sta la schizofrenia di una categoria, quella dei giornalisti, che sciopera per sette giorni contro la precarizzazione del proprio lavoro, e poi non è in grado, non ha voglia, ha paura di raccontare la vertenza dei metalmeccanici, i cui risultati sulla flessibilità e sulla precarietà, faranno scuola per tutti. Qui monta quell'indignazione, che incontriamo nelle assemblee quando discutiamo con le vittime della più brutale e sistematica censura che colpisce il nostro Paese. Molti di loro cominciano a chiedersi se non sono stati finora troppo buoni. Se per esprimere la loro sacrosanta rabbia sociale, non debbano manifestare rabbia concreta.

State attenti, signori dell'informazione. Se i metalmeccanici, e con essi tanti altri lavoratori che ignorate, diventeranno un po' più cattivi e si faranno sentire un po' più rumorosamente per costringerli a vederli, questo avverrà solo per colpa vostra, per colpa dei vostri strumenti di censura di massa.

Giorgio Cremaschi

Liberazione 13 novembre 2005

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