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CONTRO I VENTI DI GUERRA MOBILITAZIONE PROLETARIA!

(23 Febbraio 2023)

Editoria del n. 122 di "Alternativa di Classe"

alterclasse

Siamo ad un anno esatto dall'intervento della Russia in Ucraina, con la distruzione ed i morti a decine di migliaia su quel fronte, in Europa, che non accennano a cessare. Ed anzi il livello dello scontro bellico sul terreno internazionale appare più preoccupante che mai. Quella che i vertici russi avevano definito come “operazione speciale”, sottintendendone una durata relativamente breve, è sempre più, invece, una vera e propria guerra.
Contando sulla sproporzione a proprio vantaggio degli armamenti, l'imperialismo russo immaginava, probabilmente, qualcosa di più simile a un blitz... Se così fosse, aveva sopravvalutato l'autonomia della UE. Infatti, nonostante i condizionamenti dei fitti rapporti economici e commerciali con la Russia, tenuti fino ad allora, i principali Paesi imperialisti della UE, con l'Italia in prima fila, li hanno gradualmente raffreddati e sostituiti, soprattutto in campo energetico, con altri partner più “docili”, e hanno ben presto ceduto alle richieste della NATO di aumentare al più presto al 2% la percentuale di PIL spesa in armamenti in chiave antirussa.
Come era avvenuto con la guerra jugoslava, il teatro dello scontro bellico ha tornato ad essere l'Europa, ben lontano dagli USA, con la differenza che, almeno in questa fase, sul piano economico stavolta appare difficile perfino discernere adeguati vantaggi per le potenze UE. Tanto per cominciare, ad esempio, l'approvvigionamento di gas, portato dalle navi “gasiere” americane, risulta molto più gravoso di quello di provenienza russa, sia dal punto di vista del trasporto e del magazzinaggio, sia per il prezzo della materia prima in sé.
In ogni caso, l'intervento russo, dipinto in Occidente come “l'origine di ogni male”, non è certo “l'anno zero” del conflitto, ma avviene a valle di una forte penetrazione politico-economica dell'Occidente verso i suoi confini, in atto praticamente almeno dal crollo dell'URSS in poi. E' importante questa notazione non certo per giustificare l'imperialismo russo, che anzi, secondo la visione ideologica di V. Putin, nega addirittura una legittimità storica autonoma allo Stato ucraino, ma per far capire quanto la guerra ucraina derivi dallo scontro internazionale fra gli imperialismi, essendone la “continuazione con altri mezzi”.
Il fatto che questa guerra stia continuando, senza nemmeno una tregua apprezzabile, deriva, a sua volta, dal fatto che il sostegno militare di USA e UE allo Stato ucraino, su cui si regge oggi la consistenza del suo potenziale bellico, corrisponde perfettamente all'insieme dei loro interessi imperialistici. Non ultimi, in questo senso, i “mercanti di morte” del complesso militare industriale, sempre più forte in USA, ma anche in Francia, secondo esportatore nel mondo, in Germania e in Italia.
Che questa guerra, però, sia un affare soprattutto per gli USA lo dimostra quanto sta salendo alla ribalta in questi ultimi tempi. Le premesse ci sono state dall'Agosto scorso, quando J. Biden aveva firmato l'I.R.A., la “Legge per la Riduzione dell'Inflazione”, che prevedeva uno stanziamento di più di 369 miliardi di dollari per “premiare” la “transizione verde”. Si tratta di un grosso finanziamento alle imprese, ricavato dalle aumentate esportazioni energetiche a seguito della guerra ucraina e dall'aumento del debito pubblico, ancora una volta registrato in dollari, sfruttando quindi il primato negli scambi internazionali di tale valuta, per neutralizzare eventuali svalutazioni.
Naturalmente, tale finanziamento è stato riservato a chi usa prodotti “made in USA”, come autoveicoli elettrici, pannelli solari, e via di questo passo. Tale legge, rispetto al mercato USA, non solo sta distogliendo multinazionali americane dal produrre in Europa, ma sta inducendo anche nei colossi europei la “voglia” di investire direttamente negli Stati Uniti, con la prossima conseguenza di approfondire la crisi e ridurre l'occupazione nei Paesi UE. E' per trattare su questo che Martedì 7 i Ministri dell'Economia francese e tedesco si sono recati a Washington, ottenendo, però, solo una promessa di “trasparenza” sull'attuazione delle misure economiche.
Giovedì 9 e Venerdì 10 si è poi svolto a Bruxelles un Consiglio Europeo per cercare, fra le altre cose, una posizione comune della UE rispetto a quanto sta avvenendo sul piano economico e commerciale, che, in realtà, sarebbe al limite, o anche oltre, i regolamenti internazionali della stessa Organizzazione Mondiale per il Commercio (O.M.C.). Su questo piano, la proposta di un fondo sovrano europeo, in grado di contrastare efficacemente gli incentivi americani, a sostegno delle imprese coerenti con le “strategie UE”, è rimasta tale, mentre si procederà a livello di singoli Stati con “aiuti mirati” sulla “transizione verde”.
Per quanto riguarda gli altri temi, ha influito la presenza di Zelenskij, che preme per ottenere sempre più armi, e, non pago dei carri armati pesanti ottenuti, richiede ora anche aerei caccia, jet da combattimento, come gli F16, già chiesti agli USA. La UE ha ribadito il proprio totale appoggio militare, finanziario e civile, “fino a quando ce ne sarà bisogno”, mentre aumentano le dichiarazioni di singoli esponenti sull'appoggio militare “fino alla vittoria”.
Intanto Francia e Italia stanno lavorando su di una joint venture sui missili Samp-T, che verranno forniti a Kiev. E nella UE si sta allargando, intorno all'Italia della Meloni, il fronte dei Paesi contrari ai migranti, che vogliono “combattere il traffico di esseri umani e frenare gli ingressi illegali" attraverso l'interdizione alle partenze. Il che significa ridurre i salvataggi in mare da parte delle ong, come ha fatto il governo italico per decreto, ed “aiutare” governanti aguzzini, stile Libia, ad incarcerare e detenere i migranti, con quanto di inumano avviene su quei lidi.
Con la scusa del fatto che il problema dei “migranti” è un problema continentale, si vuole potenziare la “fortezza Europa”, già dotata dei militari di Frontex, con la “regolazione dei flussi”, che, in prospettiva, dovrebbe fronteggiare militarmente gli sbarchi, resi tutti “illegali”. Senza contare che il cambiamento climatico, provocato dalle emissioni in atmosfera delle industrie controllate dagli imperialismi, causerà un clima invivibile a partire proprio dall'area sub-sahariana e dai Paesi mediorientali, con le conseguenti migrazioni, che non potranno che intensificarsi.
Che la disumanità nel mondo sia in crescita, oltre a quanto detto, lo dimostra il fatto che, di fronte al terribile terremoto, che pochi giorni fa ha colpito Siria del nord e Turchia del sud, subito Unione Europea, Regno Unito e Stati Uniti si sono rifiutati, come Stati, di inviare in Siria perfino gli aiuti umanitari, “dato che è” alleata della Russia, ed anzi mantengono le sanzioni. Il territorio siriano, in guerra ormai da lustri, è ancora più degradato con il recente terremoto, ma nemmeno questo tocca i “paladini della democrazia”! Aiuti “umanitari” a senso unico; un clima internazionale sempre più deteriorato.
Anzi, il 20 Gennaio si è tenuta nella base USA di Ramstein, in territorio tedesco, l'ottava riunione del Gruppo di Contatto per la Difesa dell'Ucraina, di cui fanno parte, oltre a USA, Regno Unito e tutti, o quasi, i Paesi UE, anche Australia, Nuova Zelanda, Giappone, Corea del Sud, Israele, Qatar e Marocco. In quella sede è stato deciso, dopo il pacchetto USA da 3 miliardi di dollari, l'invio di carri armati pesanti (la Germania lo farà entro il 2024) e di missili, nicchiando, per ora, solo sui jet. L'obiettivo è quello di continuare la guerra “per procura”, soffiando sull'Ucraina per la “riconquista” della Crimea e sottovalutando la portata delle reazioni russe.
Ed è anche ciò che il Presidente ucraino, va affermando con sempre maggiore insistenza in tutte le sedi, ufficiali o meno: l'ultima versione è stato il messaggio per il Festival della Canzone italiana di Sanremo, con il quale ha detto con chiarezza che la propria vittoria (militare) sarà la vittoria “insieme al mondo libero”, e che, perciò, solo allora la guerra potrà finire. Sta rivendicando tutti i territori annessi dalla Russia, Crimea compresa, ed ha già promulgato, in patria, un decreto contro chi intavolasse qualsiasi trattativa con tale Stato...
Che la scelta degli USA sia sempre più il piano militare lo indicano anche le sollecitazioni al Giappone da parte del Segretario della NATO, J. Stoltenberg, che, nel ribadire, durante una visita ad una base aerea, la vicinanza della Alleanza al premier nipponico, F. Kishida, ha preconizzato una prossima prosecuzione della guerra ucraina anche nell'Indopacifico, per la “difesa” di Formosa, che diventerebbe “necessaria”, data la “bullizzazione” che sarebbe in atto da parte della Cina, vista come alleata della Russia.
Seppure in crisi a livello planetario, il primato internazionale degli Stati Uniti in Occidente è ancora saldo, e, anche per le divergenti spinte nazionali presenti al suo interno, la UE non riesce a trovare una propria politica complessivamente autonoma, continuando a “danzare” al ritmo scandito da Washington. Ora che il Regno Unito ne è uscito, l'Italia, insieme alla Polonia e ad altre capitali minori, si sta candidando a rappresentarne la longa manus all'interno, con le stesse posizioni di “difesa” dei confini europei, sia verso la Russia, che... verso i migranti. E l'interesse “europeo” è la mediazione possibile fra quelli degli imperialismi che compongono la UE.
Mercoledì 15 si è svolto a Bruxelles un incontro fra i ministri della Difesa della NATO, durante il quale J. Stoltenberg ha esortato ad un impegno di spesa militare, che superi il 2%, oggi considerato solo un minimo. Ha fatto presente che “L’Ucraina consuma più munizioni di quanto i Paesi della Nato riescano a produrre “, e che perciò, soprattutto per il prossimo futuro, bisogna adeguare l'offerta alla domanda. Anche se le conclusioni non sono ancora state tirate, è significativo che proprio la Polonia abbia già annunciato che da quest'anno la sua spesa supererà il 4%...
Non si tratta di “cattiveria” o “irresponsabilità”, i governanti esprimono gli interessi del capitale della nazione che rappresentano. E in questo momento storico i venti di guerra sono prevalenti. L'imperialismo cinese, in ascesa, oggi ha meno interesse all'opzione bellica di quello americano, e, non a caso, infatti ha annunciato la presentazione a breve di un piano di pace, ma la competizione per la supremazia è senza esclusione di colpi e, all'occorrenza, non si tirerebbe certo indietro per motivi “umanitari”... Anche la “guerra nucleare”, a detta degli stessi media mainstream, non è più una eventualità da escludere!
Sono i proletari che, pur non possedendo, hanno tutto da perdere dallo scontro bellico. Non è certo interesse oggi dei giovani russi quello di andare a morire in Ucraina, come non è interesse dei proletari ucraini rischiare la vita quotidianamente per rimanere oppressi dagli oligarchi di casa propria, piuttosto che da quelli russi. In Russia già da diversi mesi si stanno esprimendo focolai di opposizione alla guerra, e finalmente anche in Ucraina cominciano ad esservi proletari che stanno aprendo gli occhi...
Nei Paesi occidentali, sempre più coinvolti nel conflitto, ora anche con l'addestramento dei militari ucraini all'uso delle armi fornite loro, che per l'Italia si andranno ad aggiungere ai circa 1500 militari già presenti nell'est europeo in ambito NATO in funzione anti-russa, i proletari stanno risentendo del conflitto con un aumento del costo della vita sempre più insopportabile, dato il basso potere d'acquisto legato ad inflazione e disoccupazione, oltre ad uno spostamento notevole delle risorse dai servizi sociali verso gli armamenti.
Nello specifico, qui in Italia il Governo Meloni sta procedendo allo smantellamento del reddito di cittadinanza, invece di colpire, semmai, il lavoro nero, all'attacco ai migranti, con il Decreto n. 1/'23, che arriva a criminalizzare le azioni umanitarie delle ong, all'introduzione, per chi lavora, delle “gabbie salariali” con la autonomia differenziata, alla repressione ed alla criminalizzazione delle lotte in atto, all'introduzione della flat tax, che avvantaggia i redditi più alti, e, insieme a Confindustria, all'aumento delle malattie invalidanti, dei ritmi e degli infortuni sul lavoro, troppo spesso con conseguenze letali.
L'impoverimento ulteriore dei proletari e dei ceti meno abbienti, con l'allargamento delle aree di “lavoro povero” (vedi ALTERNATIVA DI CLASSE Anno XI n. 121 a pag. 2), è una sorta di “antipasto” a ciò che succederà con l'approfondirsi della crisi economico-socio-ambientale e le conseguenze di questa nuova escalation bellica. E' per questo che l'opposizione alla guerra imperialista non può limitarsi alle richieste ai governi di passare alla trattativa: lo faranno se, quando, e nella misura in cui questa servirà a definire nuovi equilibri tra le potenze!... E' nella natura del capitalismo di privilegiare il profitto. E ad ogni costo.
Solo la lotta di classe potrà davvero fermare la guerra. In ogni Paese il nemico è colui che ti vuole usare per la sua guerra, che, in ultima analisi, serve a mantenere i suoi privilegi. Ancora una volta, per costoro i proletari sono, o saranno, solo “carne da cannone”! Le manifestazioni “per la pace” servono nella misura in cui, senza sostenere alcun imperialismo, vanno anzi a contrastare gli obiettivi bellici del Paese in cui si svolgono e le conseguenze delle scelte guerrafondaie, a partire oggi dal carovita. Ma non basta.
L'unità di tutti i partiti della borghesia a sostegno dell'imperialismo dominante in casa propria è il principale nemico dei proletari, ai quali il capitale ed i suoi governi intendono far pagare, a tutti i livelli, il prezzo della guerra. Gli obiettivi dei proletari sono gli stessi in tutto il mondo, ed è per questo che va perseguita e rinsaldata l'unità internazionale dei lavoratori e dei proletari in genere. Oltre tutto, questa volta le loro guerre per la supremazia internazionale rischiano di portare all'estinzione la stessa specia umana, che ancora tarda ad uscire dalla sua “preistoria”.

Alternativa di Classe

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