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Proteste in Perù

(4 Aprile 2023)

Dal n. 123 di Alternativa di Classe

CGTP Perù

Logo della Confederacion General de Trabajadores del Perù

Il 7 Dicembre scorso, in seguito a un fallito colpo di Stato, il Presidente del Perù, Pedro Castillo, venne destituito e arrestato. L'incarico di capo del Governo venne assunto dalla Vicepresidente, Dina Boluarte, che l'8 Dicembre pronunciò il suo giuramento di fronte al Parlamento peruviano.
Il cambio di poteri portò a un'ondata di proteste, scoppiate nel sud del Paese, che hanno raggiunto una dimensione nazionale. Le aree da dove le rivolte sono iniziate, sono principalmente le zone della Sierra Sud: Arequipa, Apurìmac, Ayacucho, Cuzco e Puno. Tale regione è in maggioranza abitata dalla popolazione quechua, dedita all'agricoltura, e che aveva accolto positivamente la vittoria alle presidenziali di Castillo, primo Presidente di umili origini nella storia del Paese.
La Sierra peruviana, inoltre, è storicamente l'area che più di tutte si è opposta al centralismo di Lima. Costituisce la regione in cui lo Stato centrale investe meno in settori quali l'istruzione, l'assistenza sanitaria e le opere pubbliche.
Nelle aree rurali le manifestazioni hanno assunto un carattere violento. Nella sola Puno, durante le prime settimane di Gennaio, sono morte 17 persone in seguito a scontri con la polizia. A fine Gennaio a Lima circa 400 poliziotti hanno fatto irruzione nell'Universidad Nacional Mayor de San Marcos, e hanno arrestato 200 giovani, che avevano occupato l'edificio.
La narrazione che il Governo ha adottato nei confronti delle proteste, dipinge i manifestanti come pedine dei narcotrafficanti e gruppi terroristici intenzionati a seminare il caos. In risposta alle proteste, l'esecutivo ha dichiarato lo stato di emergenza. Lo stato di emergenza prevede l'affidamento dell'ordine interno alla polizia e alle Forze Armate, la sospensione di diritti costituzionali, quali la libertà di transito per il territorio nazionale e la libertà di riunirsi, e l'imposizione del coprifuoco.
Difficilmente in Perù avverrà una pacificazione sociale finchè resteranno al potere Dina Boluarte e il generale di ultradestra, Josè Williams, da lei stessa nominato alla guida del Congresso e responsabile dei massacri dei campesinos negli anni Ottanta, oltre che dell'uccisione, avvenuta il 22 Aprile 1997 a sangue freddo, dei tupamaros che avevano occupato l'ambasciata giapponese di Lima.
La sola anticipazione delle elezioni al 2024, inizialmente previste nel 2026, non è bastata a placare la rabbia popolare; ”Carcere per gli assassini“ e “Dina assassina, il popolo ti ripudia” sono i principali slogan di una protesta che disprezza, ricambiata, le elites.
Secondo Ojo Pùblico (media peruviano indipendente, gestito da un'organizzazione giornalistica senza scopi di lucro), da Dicembre scorso, quando la Boluarte si è impossessata del potere, decine di persone sono state uccise nel corso delle proteste, compresi dei minori. Gran parte dei decessi sono stati provocati da proiettili sparati da armi da fuoco in dotazione alla polizia e all'esercito.
Il 16 Febbraio è stato pubblicato un rapporto di Amnesty International, in cui tale organizzazione accusa il Governo peruviano di aver agito con ”un marcato pregiudizio razzista” nella repressione delle proteste nei confronti di “popolazioni storicamente discriminate”.
Le mobilitazioni di questi giorni danno continuità alle grandi proteste iniziate a Dicembre, e proseguite a Gennaio, per chiedere le dimissioni della Presidente Dina Boluarte. Vari leader sociali e manifestanti dei distretti della regione di Puno hanno organizzato una massiccia mobilitazione il 1° Marzo. Una marcia verso la capitale peruviana, una marcia che gli organizzatori hanno definito la ”Seconda conquista di Lima”.
Gli organizzatori hanno invitato le delegazioni delle diverse località ad aderire allo sciopero nazionale a tempo indeterminato, fino a quando non saranno rispettati i diritti di tutti i peruviani in lotta. Il dipartimento peruviano di Puno continua con lo sciopero a tempo indeterminato, per chiedere le dimissioni della Presidente Dina Boluarte e la convocazione di elezioni anticipate.
Il Comitato Nazionale Unificato per la Lotta del Perù (CoNULP) afferma che il coordinamento si è svolto anche nelle 13 province di Puno, da dove sono partiti folti gruppi di manifestanti da ogni città, per portare avanti la protesta a Lima. Il movimento di protesta sembra pronto ad un'insurrezione indirizzata verso la richiesta di più democrazia, cioè di più democrazia borghese, con un riordino interno alla classe borghese dominante dei partiti politici che controllano le istituzioni dello Stato peruviano.
La Confederacion General de Trabajadores del Perù (CGTP) è la più grande STRUTTURA SINDACALE del Paese, con oltre 800mila iscritti. La maggior parte appartiene al settore pubblico. Ma la gran parte dei lavoratori, generalmente precari, non è sindacalizzata.
La capitale Lima produce da sola il 49% del PIL nazionale e quasi 20mila persone vivono senza luce e servizi igienici adeguati. Nella sterminata periferia catapecchie variopinte, inerpicate sulle pendici delle colline che contornano il centro, luoghi di residenza dei due milioni di disoccupati e dei lavoratori precari della città, più di un milione di poveri e indigenti. Gli emarginati lasciati fuori dalla distribuzione di una ricchezza che finisce nelle mani dei più ricchi.
L'80% della popolazione peruviana si divide meno della metà del reddito dell'intero Paese. Il 38% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, in un Perù potenzialmente molto ricco perchè fornito di risorse energetiche e minerarie.
Il Perù è un Paese che produce principalmente materie prime e ha accordi di libero scambio con diversi Paesi. Tra questi Canada, Cile, Cina, Corea del sud, Stati Uniti, Giappone, nonchè l'Unione Europea.
L'organizzazione degli indigeni amazzonici del Perù ha spiegato che al Congresso peruviano è in discussione il Progetto di legge n. 3518/22, che, se approvato, consentirà ai governi regionali di 'abolire le riserve indigene già create e revocare il riconoscimento ufficiale dell'esistenza dei popoli di recente contatto. Equivarrebbe a un genocidio'. Tutto ciò, per consentire all'industria del petrolio, del gas, del legno e di altre risorse naturali, di sfruttare un territorio vitale per le comunità indigene. Poi si aggiungerebbero danni collaterali all'ambiente, difeso e protetto proprio dagli indigeni.
Il Perù è sommerso da una profonda crisi economica e sociale, con il più alto tasso di lavoro precario. La Presidente Boluarte ha formato un governo di “unità nazionale” con tutti i partiti borghesi corrotti, tutta l'estrema destra conservatrice e reazionaria. La Boluarte e i suoi alleati governano al servizio dei capitalisti, dimostrando ancora una volta che i governi di conciliazione di classe sono essenzialmente contro i lavoratori.
I lavoratori delle campagne e delle città devono recuperare una mobilitazione autonoma, affinchè non siano più gli operai a pagare la crisi, ma i capitalisti, che l'hanno provocata.
Come in molti altri Paesi Latinoamericani, in Perù la democrazia borghese è incapace di mantenere un regime che si possa definire stabile. Lo Stato viene utilizzato per riempire le tasche della borghesia, a costo di saccheggiare le risorse e coprire i loschi affari con le imprese private, assegnando loro progetti, modificando le leggi per consentire loro investimenti illegali.
Il Perù è il Paese con il più alto tasso di mortalità per numero di abitanti a causa della pandemia da COVID-19. I piani del governo per l'economia prevedono tagli ai salari, licenziamenti, violazioni dei diritti dei lavoratori, aumento dell'orario di lavoro, ecc. In breve: far pagare la crisi ai lavoratori.
I programmi politici dei partiti borghesi prevedono che in tutti i settori si attuino modifiche di legge volte a spazzare via i pochi diritti rimasti, il tutto a vantaggio delle imprese private. Lo Stato borghese è inutilizzabile per i fini della classe lavoratrice.
Il proletariato si deve preparare allo scontro con la classe borghese. Per farlo, occorre la fratellanza e l'aiuto reciproco tra i lavoratori, e organizzarsi in un vero sindacato di classe, che unifichi le lotte per renderle davvero efficaci. Occorre costruire in Perù una sinistra di classe, che si metta decisamente dalla parte dei proletari che ”non hanno patria”. Una sinistra internazionalista, per lottare decisamente contro patrie e bandiere borghesi.

Alternativa di Classe

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