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Assemblea Operaia Nazionale a Pomigliano d'Arco: relazione introduttiva di Mara Malavenda

(1 Maggio 2023)

foto assemblea pomigliano

78 anni fa, il 25 aprile del 1945, con la proclamazione dell’insurrezione generale da parte del Comitato di Liberazione Nazionale Alta Italia, la lotta partigiana liberò il nostro paese dalla guerra e dalla feroce dittatura nazifascista aprendo la strada ai lavoratori per le successive conquiste delle libertà e dei diritti sociali e politici.
La Liberazione rappresentò inoltre l’indispensabile e sostanziale premessa che consentì la successiva stesura della Costituzione Italiana varata poi il 22 dicembre del 1947 dall’Assemblea Costituente.
Oggi, ad oltre 75 anni dalla promulgazione della Costituzione, con la strutturale compressione eversiva in atto sia del diritto del lavoro che dei diritti sociali, come lavoratori e lavoratrici ci troviamo in piena emergenza democratica. Una emergenza emblematica delle inquietanti modalità generali della ristrutturazione industriale e sociale finalizzata all’instaurazione di un nuovo ordine mondiale fondato sul dominio del capitale sul lavoro e l’intera società. Praticamente un ritorno, in chiave moderna, a quei contenuti totalitari, corporativi e razzisti propri dei modelli sociali autoritari e/o fascisti. Modelli economici, politici e giuridici antitetici ai principi fondamentali previsti dalla Costituzione e già spazzati via nel 1945 dalla Resistenza. Modelli di fatto ormai dettati dall’evidente e forte influenza sui singoli Stati da parte dei grandi gruppi economici di diretta espressione dei capitali multinazionali ormai assurti, da vari decenni, ad avanguardie ed emblema di una moderna “lotta di classe alla rovescia” del padronato contro la classe operaia ed i lavoratori dipendenti in generale.
Questo, in Italia, con l’annientamento della democrazia e delle libertà sindacali nei luoghi di lavoro per mettere il sistema economico in posizione dominante ed i lavoratori, di ogni nazionalità, nell’inferiorità sociale e normativa. Ciò all’interno di una strategia trasversale incorporata in tutti i partiti e movimenti populisti - di ogni colore politico e nessuno escluso - presenti nelle istituzioni che, assumendo gli interessi dell’impresa privata come “valori generali” di rango superiore a quelli sociali, punta alla generalizzazione della precarietà lavorativa e salariale per la trasformazione forzata del Movimento Operaio in “moderno sottoproletariato”, e la messa in soffitta del conflitto sociale da sostituire con il più agevole rapporto tra “elemosinieri ed elemosinati”.
La progressiva riduzione delle tutele dei lavoratori avvenuta in questi decenni (Pacchetto Treu di ProdiBertinotti, Jobs Act di Renzi, legge Fornero, decreto Dignità di Conte-Di Maio, normative razziste ed anti immigrati) contrasta con l’insieme dei principi costituzionali e dei conseguenti diritti inderogabili di democrazia, libertà di opinione, libertà ideologica e di affiliazione sindacale nei luoghi di lavoro nonché
col relativo ordinamento comunitario.
Questo “inquietante andazzo” ha, tra altro, indotto in questi anni un gravissimo arretramento eversivo della prevalente giurisprudenza del lavoro italiana col dilagare di vere e proprie sentenze fuorilegge penalizzanti i diritti dei lavoratori e quelli sindacali emesse nei vari gradi di giudizio.
E questo non siamo più i soli a dirlo! Basta citare la Corte di Cassazione che, con la prima sentenza del 2020, è stata costretta ad ammetterlo nella causa di Slai cobas contro Fiat/Fca Pomigliano, formalizzando testualmente che: …“le prevalenti sentenze della magistratura italiana ignorano le direttive europee in materia di diritto antidiscriminatorio nei luoghi di lavoro”… praticamente la stessa Corte di Cassazione ammette che in Italia la maggior parte delle sentenze della magistratura di 1° e 2° grado ignorano le espresse normative antidiscriminatorie nazionali applicative delle direttive europee. Ma altrettanto inquietante risulta la constatazione che…”nella giurisprudenza di questa Corte non si rinvengono precedenti specifici”! Il che sta di fatto a significare che, a fronte di uno strapotere padronale illecito e a sua evidente e complice copertura mai alcun sindacato confederale o assimilato aveva impugnato giudizialmente le violazioni aziendali a danno dei lavoratori discriminati. O dobbiamo
credere che in Italia i sindacati confederali e, addirittura, i giudici di primo grado e di appello non conoscono le leggi a tutela dei lavoratori e dei diritti sindacali contro le discriminazioni padronali ?!
La progressiva riduzione delle tutele dei lavoratori avvenuta in questi decenni contrasta con l’insieme dei principi costituzionali e dei conseguenti diritti inderogabili di democrazia, libertà di opinione, libertà ideologica e di affiliazione sindacale nei luoghi di lavoro.
Oggi, aldilà delle prevalenti ed ininfluenti commemorazioni rituali e di forma del 25 aprile, tocca ancora una volta ai lavoratori far rivivere e rilanciare la lotta di Liberazione nei suoi “contenuti di sostanza” e a difesa della Costituzione riportando il diritto antidiscriminatorio nel suo ambito “giusto ed originario”. Cioè all’interno dei rapporti sociali di produzione, considerato che la società è basata sull’economia e le sue modalità di realizzazione.
Non a caso la Carta costituzionale dispone che la democrazia è fondata sulla parità di poteri costituzionalmente protetti e conferiti in eguale misura sia alla libertà dell’iniziativa privata (vincolata comunque alla funzione di utilità sociale) che alla libertà dell’iniziativa sindacale.
Venendo a mancare da oltre 45 anni la seconda in conseguenza della strategia dell’EUR varata nel 1977 dalla CGIL (con i diritti dei lavoratori considerati variabili dipendenti delle strategie del capitale), e considerato il successivo azzeramento dell’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori (divieto di licenziamento senza giusta causa) stabilito dalla legge Fornero e poi confermato dal Jobs Act di Renzi e dal decreto
Dignità di Di Maio, ci troviamo oggi in Italia di fronte ad un gravissimo vulnus democratico, un vero e proprio progetto eversivo di stampo neofascista, che come sindacati stiamo combattendo.
Sta di fatto che, in un momento storico di grande debolezza dei lavoratori, stiamo ricostruendo i necessari presupposti per ridimensionare lo strapotere padronale nei luoghi di lavoro e mandare a “gambe all’aria” la progressione degli insidiosi contenuti normativi che in questi decenni hanno consentito la copertura dei trasferimenti e/o licenziamenti discriminatori sotto il camuffamento di “esigenze economiche,
ristrutturazione e/o crisi aziendale”, ma di fatto tendenti a colpire le convinzioni personali e/o ideologiche, l’appartenenza sindacale, di genere, di “razza”, le condizioni di salute, handicap, età, tendenze sessuali ecc.
Come sindacati che hanno indetto quest’assemblea stiamo oggi adoperandoci per realizzare l’obiettivo strategico di “rompere le moderne catene del ricatto padronale per l’assoggettamento dei lavoratori”… è questa una rilevante questione di civiltà, sia politica che sociale.
Intanto la nuova “pietra miliare” della giurisprudenza italiana in materia di diritto del lavoro è data dalla sentenza dei giudici in appello del Tribunale di Napoli che, lo scorso 17 febbraio, ad obtorto collo e dopo il diktat della Cassazione sono stati costretti ad abiurare la precedente “sentenza fuorilegge” accogliendo il ricorso di Slai cobas contro FCA Pomigliano dichiarando antisindacali i trasferimenti discriminatori
avvenuti nel 2008 da Pomigliano al confino nel reparto Logistico WCL di Nola.
Indipendentemente dal congruo risarcimento del danno salariale subito dai lavoratori interessati, e per cui a breve faremo partire i ricorsi giudiziali, e dal prossimo avvio di iniziative sindacali a tutela di tutti gli altri lavoratori di Pomigliano discriminati e tenuti a sotto-salario dall’azienda con una cassa integrazione ormai infinita, con questa iniziativa abbiamo realizzato quel “necessario cambio di passo” cui dovrà uniformarsi l’intera giurisprudenza in Italia in materia di diritto del lavoro.
Uno specifico profilo di novità giuridica con valenza generale a tutela… “della affiliazione sindacale e delle convinzioni personali necessariamente includenti le opinioni politiche e quelle sindacali laddove si estrinsecano in attività conseguenti e sulle eventuali ripercussioni da parte datoriale sulle libertà del singolo e sulla restrizione e/o ostacolo al libero esercizio dell’attività sindacale”…”in quanto
l’affiliazione sindacale è connotata da specifici motivi di appartenenza ad un organismo socialmente e politicamente qualificato a rappresentare opinioni, idee e credenze suscettibili di tutele inerenti le libertà del singolo e quelle sindacali da possibili atti discriminatori e/o intimidatori vietati”…”nell’ambito della
categoria delle convinzioni personali può essere ricompresa, diversamente da quanto sostiene FCA, anche la discriminazione per motivi sindacali, con conseguente divieto di atti o comportamenti idonei a realizzare una diversità di trattamento o un pregiudizio in ragione dell’affiliazione o della partecipazione dei lavoratori all’attività sindacale”…” qualora si è resa plausibile la discriminazione, tocca al datore di
lavoro l’onere di dimostrare la prova contraria”.
Costruiti i necessari presupposti strategici e giuridici permane interamente aperta la questione politica della necessaria organizzazione della “nuova Resistenza Operaia” alle nuove forme di moderno fascismo imperanti nel terzo millennio e date dalla progressiva trasformazione autoritaria a livello locale e globale del capitale contro la classe operaia e l’insieme dei lavoratori. Un moderno fascismo che, dalle fabbriche
al territorio, sta estendendo la sua presa sull’intera società con l’economia delle guerre imperialistiche precedute dalla pandemia.
E la questione di future e realistiche iniziative comuni dei sindacati di base non potrà scantonare dalla irrimandabile necessità di contrastare (e non rendersene complici col sequestro della democrazia nei luoghi di lavoro) gli effetti dell’avvenuta trasformazione autoritaria delle relazioni sindacali in Italia.

Slai cobas e Slai Prol Cobas

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