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(24 Giugno 2010) Enzo Apicella
Mentre la Lega rilancia la secessione della Padania, gli operai di Pomigliano fanno fallire il plebiscito richiesto dalla Fiat.

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Taglio del cuneo fiscale: solo fumo negli occhi!

(10 Maggio 2023)

nuovo si cobas

Con la legge di Bilancio, approvata dal governo Meloni, cresce nel 2023 il taglio del cuneo fiscale.
Il governo taglia di ulteriori 4 punti (in aggiunta ai 2 di Draghi) i contributi previdenziali a carico dei lavoratori. Fino a 25 mila euro lordi lo sgravio è del 7%, tra i 25 e i 35 mila è del 6%. Vero? Falso! Perché il taglio dei contributi comporta un aumento dell’imponibile IRPEF che si applica al netto degli oneri contributivi.
È quindi un esonero parziale, anche perché a fronte di 4 miliardi di minori entrate per le casse dello stato, solo 2,9 miliardi hanno la copertura (grazie ai tagli al Reddito di Cittadinanza), mentre i restanti 1,1 miliardi dovranno essere trovati spremendo chi le tasse le paga per davvero con le trattenute in busta paga e non il ceto medio che come dice Salvini è “vessato dal fisco”.
Certamente il taglio comporta un incremento delle retribuzioni nette.
Certamente è un vantaggio avere qualche euro in più in busta ma è anche un aggravio per i conti statali.
Certamente per noi viene prima il bilancio familiare e poi quello statale ma sappiamo bene che quando i conti non tornano il debito pubblico viene messo in conto solo ai lavoratori, ai disoccupati e a tutte le categorie deboli con tagli ai salari e ai servizi.
La privatizzazione dei profitti (cresciuti nonostante crisi, guerre e pandemia) e la socializzazione delle perdite è il tratto distintivo di tutti i governi, presenti e passati e di tutti i partiti e sindacati di regime.
L’ingiustizia fiscale è accentuata dallo scivolare progressivo verso la cosiddetta “tassa piatta”, dove poveri e ricchi sono tassati in modo tutt’altro che progressivo. Questo è solo un meccanismo per abbassare la massa dei salari a favore di rendite e profitti.
Perché questi anziché attuare una odiosa tassa sulla miseria non tassano del 10% i patrimoni del 10% dei super ricchi?
Si inventano le più fantasiose alchimie contabili e vivono di proclami e promesse ma l’unica coerenza (trasversale) è lo strisciare ai piedi dei padroni grandi e piccoli.
Viene da dire “bello il taglio del cuneo fiscale ma a pagarlo siamo sempre noi”.
La Meloni e governo hanno sbandierato tagli e strombazzato incrementi delle buste paga fino a 100€.
Intanto le finte opposizioni rivendicano, in alternativa, ancora più risolutezza nell’attuare i tagli e tutti si dichiarano a favore della stabilizzazione della misura che per adesso riguarderà solo 6 mesi, da giugno a dicembre 2023. In realtà i soldi che vedremo in busta paga saranno molto più modesti, 50 euro circa.
Dopo aver annunciano cannonate, si spara a salve. Se consideriamo che l’inflazione intorno al 10-13% riduce il potere d’acquisto dei salari reali è facile rendersi conto che ci stanno vendendo del fumo.

A ben vedere il taglio del cuneo fiscale è un polverone che non migliora affatto le nostre buste paga perché più che uno spostamento della ricchezza a favore dei lavoratori e solo un giro contabile che produce un effimero vantaggio immediato a fronte di un peggioramento del salario differito: pensioni, previdenza sanità, servizi in genere.
La riduzione del momentaneo gettito contributivo saranno fiscalizzati e sappiamo bene che a pagare le tasse saranno sempre e solo i lavoratori e i pensionati.
La vera lotta deve essere per contratti che pongano al centro forti aumenti salariali.
Gli aumenti salariali saranno tali ad una sola condizione che questi vadano a decremento dei profitti.
Con questa convinzione andiamo a preparare lo sciopero generale!

si cobas

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