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LA THAILANDIA A 30 ANNI DALLA STRAGE DELLA KADER

(28 Maggio 2023)

Dal n. 125 di "Alternativa di Classe"

protesta di piazza in Thailandia

Una protesta di piazza in Thailandia, nell'anno 2020 (immagine ripresa da ispionline.it

Il 10 Maggio 1993 ci fu un incendio nella fabbrica di giocattoli Kader in Thailandia, dove persero la vita 188 lavoratori e ne rimasero feriti 469, e la maggior parte delle vittime erano giovani operaie provenienti dalla campagna, e che erano pagate 3 dollari al giorno. Questo incendio era stato considerato il più grave dopo quello della fabbrica Triangle Shirtwaist, avvenuto nel 1911 a New York City, e tutte e due avevano disatteso le norme di sicurezza, non avendo neppure fornito ai propri lavoratori un'adeguata informazione in materia di sicurezza antincendio.
La Kader era un'azienda produttrice di giocattoli, fondata ad Hong Kong nel 1948, e produceva modelli ferroviari e giochi educativi con il marchio Tinco. Lo stabilimento di Kader era situato nella provincia thailandese di Nakhon Pathom, e produceva peluche e bambole di plastica, destinate principalmente all'esportazione negli Stati Uniti ed in altri Paesi sviluppati.
La Kader Industrial (Thailand) Co. Litd era stata registrata per la prima volta il 27 Gennaio 1989, ma la licenza era stata sospesa il 21 Novembre 1989, dopo che un incendio il 16 Agosto dello stesso anno aveva distrutto il nuovo impianto. Dopo che l'impianto fu ricostruito, il Ministero dell'Industria thailandese ne autorizzò la riapertura il 4 Luglio 1990.
Nel periodo trascorso tra la riapertura e il maggio 1993, altri incendi minori erano divampati nello stabilimento, ed il più grande era avvenuto solo nel febbraio 1993: un ispettore del lavoro aveva sottolineato la necessità dell'impianto di addetti alla sicurezza, attrezzature di sicurezza, e un piano di emergenza.
La fabbrica era stata progettata e costruita con bassi standard di sicurezza. Le uscite di sicurezza, presenti nel progetto, non erano mai state realizzate, e le porte esterne erano chiuse a chiave. La fabbrica era formata da quattro edifici a forma di E, e nessuno disponeva di irrigatori, nelle trombe delle scale si trovavano invece estintori portatili e stazioni di irrigazione. Nessuna delle strutture in acciaio dell'edificio era ignifuga.
Nel pomeriggio del 10 Maggio 1993 verso le 16, esattamente 30 anni fa, mentre stava terminando il turno diurno, al primo piano dell'edificio fu avvertito un piccolo incendio. Proprio in questa ala dell'edificio, che era adibita all'impacchettamento e all'immaganizzamento dei prodotti finiti, il pericolo di un incendio era sempre presente perchè vi era molto materiale infiammabile, come stoffa, plastica e materiale per imbottire, oltre che altri prodotti simili. Materiali, che in genere potevano essere facilmente incendiati, e contribuire così alla rapida crescita e diffusione del fuoco, e che avevano un'elevata velocità di rilascio del calore.
Le guardie giurate e gli operai cercarono di spegnere l'incendio, l'edificio si cominciava a riempire di fumo, ma le guardie di sicurezza dissero ai lavoratori di rimanere al proprio posto, perchè si trattava di un piccolo incendio che presto sarebbe stato domato. Invece il fuoco cominciò a svilupparsi anche negli altri edifici; i lavoratori, che cercarono una via di scampo, trovarono le uscite chiuse a chiave.
Le rampe di scale, a causa dell'incendio, crollarono sui lavoratori, e molti operai, per cercare di salvarsi, si buttarono dal secondo, terzo e quarto piano dell'edificio, morendo o causandosi gravi lesioni. Fortunamente gli allarmi antincendio negli edifici nn. 2 e 3 funzionarono correttamente, e così permisero ai lavoratori di fuggire e salvarsi.
L'arrivo dei pompieri ed il loro sforzo per fermare il fuoco non potè evitare il crollo delle strutture, che crollarono relativamente presto perchè i loro supporti strutturali, appunto in acciaio, mancavano dell'impermeabilizzazione, che avrebbe consentito di mantenere la loro resistenza, quando esposti a temperature elevate. Inoltre, i lavoratori riferirono che le esercitazioni e l'addestramento alla sicurezza antincendio erano al minimo, a differenza delle guardie di sicurezza, che avevano avuto un valido addestramento.
Le cause dell'incendio non furono mai precisate: da un problema all'impianto elettrico, all'incendio doloso, ad una sigaretta gettata con noncuranza. Ma rimase il fatto drammatico, che un'attenta gestione della sicurezza nei vari reparti (cosa non compatibile con un sistema capitalista, la cui priorità è quello di abbassare i costi alla ricerca del massimo profitto, e non certamente il salvataggio della vita di un lavoratore) avrebbe salvato molte vite.
Se gli edifici fossero stati dotati di irrigatori e allarmi funzionanti, se le uscite fossero state progettate meglio per una via di fuga, se gli elementi strutturali in acciaio fossero stati resi ignifughi, la tragedia avrebbe avuto un esito diverso. Invece vi furono oltre 600 tra morti e feriti, e furono impiegati diversi giorni per recuperare i corpi dalle macerie, nonostante l'uso di escavatori.
I fatti della Kader non ebbero grande risonanza a livello internazionale, sia perchè la vita di un proletario ha un peso sociale diverso, e poi le multinazionali avevano e hanno nessun interesse a far sapere in quali condizioni fanno lavorare, direttamente e/o indirettamente, i lavoratori, per ricercare sempre la forza-lavoro al minor costo e meno combattiva, per essere concorrenziali sul mercato capitalistico.
Se è vero che dopo la strage in Thailandia vi fu un rinnovato interesse alla sicurezza, particolarmente sulle norme della costruzione di edifici, e che sia il Primo ministro, che il Ministro dell'industria, promisero severi controlli, è altrettanto vero che non molto è cambiato negli anni successivi.
La strage (per alcune fonti erano state arse vive più di 200 persone...) avveniva in un particolare contesto storico che riguada la Thailandia, uno Stato di 513139 Km quadrati e una popolazione di circa 72 milioni di persone, uno Stato del sud-est asiatico che non era stato colonizzato dagli europei, e che dal 1932 si era trasformato in una monarchia costituzionale, basata fondamentalmente sul modello britannico.
La fine della monarchia assoluta aveva visto un solo parziale abbandono del feudalesimo, e una limitata apertura alla democrazia borghese. Così, nel tempo, si susseguirono spazi relativamente democratici a lunghi periodi dittatoriali con marce militari, proteste, repressioni poliziesche e massacri, oltre a un ferreo controllo dei media.
Nel processo, nel gennaio 2019, della scrittura della nuova Costituzione c'era tutta l'arroganza del vecchio sistema di potere (difeso con armi alla mano), dove il ruolo dei militari era lontano dall'essere archiviato, infatti fu riaffermata la centralità dell'esercito, in modo da limitare il potere dei futuri governi; inoltre i senatori, indispensabili alla formazione di una vera maggioranza parlamentare, “non verranno eletti”, ma nominati dalla giunta militare.
I principali partiti sono legati alla monarchia e ai militari, e quelli più progressisti, come il partito di centro-sinistra ANDARE AVANTI, che raccoglie voti tra i giovani, tra gli abitanti della città e tra la popolazione di cultura medio-alta, sono inseriti nel sistema capitalistico che governa il Paese.
Questa situazione era malsopportata specialmente dai giovani, che nel 2020 scesero ancora una volta in piazza, per chiedere maggior democrazia e limitazioni dei poteri della Corona sulla Costituzione, sull'esercito e sulle sue proprietà. L'opposizione alla Corona in Thailandia è da sempre cosiderata un reato, dal momento che la Costituzione thailandese decreta che alla monarchia spetti una posizione di venerazione, ma adesso la situazione sembra aver raggiunto un punto di non ritorno, dal momento che, a partire dal 1932, si sono avuti 18 cambi di Costituzioni e si è assistito a 13 colpi di Stato.
Le manifestazioni e le proteste sono state sostenute da vari gruppi di attivisti per un lungo periodo, e ora sono guidate principalmente dall'Unione Studentesca Thailandese e dalla Gioventù Libera; anche se frenate, a causa delle misure di contenimento della pandemia da COVID-19 prese dal governo, hanno ripreso vigore.
Importante è anche nel movimento la presenza politica massiccia delle donne thailandesi, che si battono soprattutto per il lavoro, per avere il diritto all'aborto, per togliere le tasse sui prodotti mestruali e le regole scolastiche, che obbligano le ragazze ad una visione desolata della femminilità. Denunciano il persistente divario salariale con gli uomini, sono contro i concorsi di bellezza e il turismo del sesso, molto sviluppato nel Paese, che trattano le donne come oggetti da sfruttare.
L'atteggiamento dei militari è di semplice repressione, continuando ad arrestare gli attivisti antigovernativi e cercare di contenere il diritto di organizzarsi da parte dei lavoratori e nel 2020 il governo thailandese ha annunciato di vietare gli scioperi e di gestire a livello governativo tutte le controversie sul lavoro. La disoccupazione è molto alta, come la povertà, e la pandemia ha peggiorato ancora di più la situazione, e le politiche sociali sono insufficienti.
Il sistema economico ultra-liberista non consente ai lavoratori di avere ammortizzatori sociali e misure a beneficio di essi e dei cittadini, Il governo è connesso con le grandi aziende e gli investitori stranieri, in particolare quelli cinesi, per gestire grandi progetti. Il governo cerca di dividere le persone, di mettere i lavoratori migranti contro gli autoctoni, come è normale prassi in tutto il mondo capitalistico allontanare l'unità di tutti i lavoratori e l'unità dei lavoratori con gli studenti, perchè ciò potrebbe mettere in pericolo il suo sfruttamento ed il suo potere.
Questo multiforme movimento ha come priorità anche quella di stabilire un sistema di welfare dalla nascita alla morte per tutti e tutte. Per queste ragioni molte realtà del lavoro si stanno unendo al movimento giovanile, dato che possono avere molti interessi in comune.
Va aggiunto che in Thailandia ancora nel 2016 c'erano 1 milione di minorenni, di cui 85mila svolgevano lavori pericolosi. Si tratta di bambini non solo di nazionalità thailandese, ma anche di immigrati provenienti da altri paesi del Sud-est asiatico. Inoltre, cè una forza-lavoro di fatto schiavizzata, come i lavoratori dell'industria ittica, che lavorano su pescherecci, e generalmente sono proletari birmani e cambogiani, costretti a lasciare le loro terre a causa della povertà, e attratti dalla promessa di uno stipendio e delle rimesse.
Ma, per arrivare in Thailandia e trovare un lavoro, devono appoggiarsi ad intermediari che chiedono una cifra molto alta, che implica molto tempo per essere pagata, tenendo conto che molte volte gli stipendi ritardano da sei mesi ad un anno, I capitani delle barche possono trattenere il loro passaporto, e solo dopo aver pagato il debito con il relativo interesse, può essere loro consegnato. Inoltre a loro è proibita la formazione e l'iscrizione ad un sindacato, rendendo ancora più difficoltosa la loro emancipazione.
Il capitalismo, con i suoi tentacoli, ha di fatto abbracciato oggi tutti gli Stati, imponendo il suo sistema economico di sfruttamento e di povertà. Anche nei Paesi a capitalismo dipendente l'unica soluzione resta l'unità di tutti i lavoratori, al di là della propria etnia di provenienza, e la costruzione di una organizzazione di classe indipendente dalla borghesia e che sia saldamente collegata al proletariato delle metropoli imperialiste, per una comune lotta internazionalista.

Alternativa di Classe

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