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Nel "giardino di casa" degli USA

Nel giardino di casa degli USA

(5 Ottobre 2010) Enzo Apicella
Elezioni presidenziali 2010. Il Brasile si sposta a sinistra.

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Il SI Cobas co-promuove l’assemblea pubblica dell’11 giugno a Milano

(30 Maggio 2023)

no war but the class war

È ormai trascorso un anno e mezzo dall’inizio delle ostilità in Ucraina: una guerra senza esclusione di colpi, apparentemente confinata in un solo stato ma che in realtà rappresenta solo il principale teatro di uno scontro a tutto campo tra l’imperialismo del “blocco-Nato” (USA e UE) da un lato e Russia-Cina dall’altro.

In questi mesi abbiamo più volte denunciato come la guerra tenda a diventare ogni giorno di più un elemento distintivo e costitutivo dell’attuale epoca capitalista, attraversata da una crisi simultanea e “multifattoriale”: una crisi non solo economica ma anche sociale, ambientale, sanitaria, energetica e alimentare.

I fatti di queste ultime settimane confermano che la crisi ucraina, per quanto a piccoli passi, tende sempre più verso un’escalation bellica e uno scontro aperto tra le grandi e medie potenze: uno scenario dalle conseguenze tanto imprevedibili quanto potenzialmente incalcolabili.

Il nostro sindacato, che ha tra i suoi principi costitutivi l’anticapitalismo e l’internazionalismo proletario, ha fin dal primo momento denunciato questa guerra come pienamente imperialista, condannando senza mezzi termini come criminale e antioperaia l’invasione di Putin, ma senza con ciò chiudere gli occhi di fronte alle gravi responsabilità della Nato, alla sequela interminabile di provocazioni e mattanze operate dai governi borghesi ucraini a danno delle popolazioni russofone del Donbass e al chiaro disegno espansionista dell’imperialismo occidentale nell’est Europa, finalizzato al saccheggio delle risorse e della manodopera ucraina a uso e consumo del capitale europeo e americano.

In quest’ottica, l’Italia ha fin dal primo momento svolto un ruolo attivo nel fronte interventista anti-russo, prima con Draghi e ora col governo Meloni: un attivismo tutt’altro che “servile agli USA e all’UE”, bensì frutto del ruolo e delle ambizioni imperialiste nazionali del “Belpaese”, il quale è tuttora l’ottava potenza capitalistica mondiale, attiva in ben 42 missioni militari all’estero con più di 10 mila soldati dislocati in giro per il mondo.

La scelta manifestata in queste settimane dal governo Meloni di rifornire Zelensky con un invio massiccio di caccia F-16 e con militari sul campo col ruolo di “addestratori” dell’aviazione ucraina, segna un ulteriore salto di qualità nel coinvolgimento diretto dell’Italia e della gran parte dei governi occidentali sul campo di battaglia.

Questa escalation bellica ha una duplice, nefasta conseguenza per i lavoratori e i proletari di ogni paese, ucraini così come russi o italiani: da un lato alimenta morti e distruzione senza fine, dall’altro spinge sempre più verso un’economia di guerra, fatta di tagli al salario e alla spesa sociale in nome della corsa agli armamenti e, quindi, ai profitti delle lobbies delle armi.

Il risultato è tangibile sotto ai nostri occhi: mentre i prezzi dei beni di prima necessità continuano ad impennarsi, i salari sono fermi al palo da anni, e si tagliano i servizi sociali (su tutti il reddito di cittadinanza) per mandare le armi a Kiev.

In questi mesi le mobilitazioni contro la guerra sono state del tutto insufficienti per far fronte alla gravità della situazione sopra descritta: lo stesso movimento “pacifista” appare sempre più in ostaggio da un lato del sostegno “democratico” all’invio di armi a una presunta “resistenza Ucraina”, dall’altro del campismo filorusso travestito da “antimperialismo”.

Per questo, è sempre più necessario affermare con forza l’opposizione di classe a questa guerra, fuori e contro ogni complicità con ambedue le bande di predoni che si stanno contendendo il sangue e le spoglie della popolazione e dei proletari ucraini.

Lo abbiamo fatto negli scioperi e nelle manifestazioni di questi mesi, su tutti il corteo nazionale dello scorso 3 dicembre a Roma, che hanno visto in piazza migliaia di lavoratori uniti nello slogan “pace tra gli oppressi, guerra agli oppressori”, nel sostegno a tutte quelle iniziative contro la guerra in una prospettiva internazionalista, non ultimo il convegno promosso a Roma lo scorso 16 ottobre da diversi gruppi e realtà politiche, gran parte delle quali da sempre solidali con le nostre lotte sindacali.

Ed è con questo spirito e con questo impegno che la nostra organizzazione intende co-promuovere un’assemblea pubblica per il prossimo 11 giugno a Milano, assieme a queste stesse realtà politiche e sociali e a chiunque sia disponibile a porsi coerentemente sul terreno dell’opposizione operaia e proletaria alla guerra dei padroni, all’economia di guerra e ai governi della guerra, e per il rilancio immediato di un’iniziativa antimilitarista e internazionalista che parta dal protagonismo e dalla mobilitazione di chi paga quotidianamente sulla propria pelle le conseguenze della guerra: lavoratori, disoccupati e proletari immigrati.

Siamo convinti che il NO alla guerra debba tradursi in tempi brevi in un calendario di lotta che abbia al centro un vero sciopero generale contro le politiche reazionarie, antioperaie e guerrafondaie del governo Meloni, che auspichiamo di mettere in campo assieme alle forze più avanzate del sindacalismo di base entro la prima metà del mese di luglio.

DOMENICA 11 GIUGNO, ore 10,00

ASSEMBLEA NAZIONALE A MILANO

Auditorium Teresa Sarti Strada, via Ca’ Granda, 19

SI Cobas nazionale

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